Il IX Forum di ProArch si pone, rispetto ad alcuni drammatici temi degli anni recenti, come un vaglio per misurare il modo in cui i Settori Scientifici Disciplinari ICAR 14, 15 e 16 stanno reagendo alle esigenze urgenti della società contemporanea. Il riscaldamento globale, la diffusione del Covid 19 e l’invasione dell’Ucraina, in una sintesi estrema e superficiale, sembrano esito di una generale disattenzione. In modo più preciso, i primi due, derivano dai molti decenni di totale disinteresse nei confronti della natura e la guerra dall’avere dimenticato gli squilibri geopolitici generatisi dopo la caduta del muro di Berlino e il disfacimento dell’Unione Sovietica. Patologie per molti anni latenti sono emerse con violenza producendo trasformazioni radicali dei modi di abitare con concreti effetti sugli spazi interni delle abitazioni e sulle città e sul territorio in relazione ad una iniziale inversione di tendenza dell’inurbamento. Si presenta, in altri termini, un quadro complessivo in profondo cambiamento dal quale sono scaturite molte ricerche, le cui rotte difficilmente approderanno in porti sicuri. Tentando una analogia con la fisica, la condizione contemporanea sembra essere improvvisamente sublimata. Questo accade quando una sostanza passa dallo stato solido a quello gassoso, saltando lo stadio intermedio. In realtà, si era ben consapevoli che la presunta solidità della condizione in cui si viveva era piena di profonde fessure ma ci si accontentava di descriverla, con convinzione, come fluida. Tale rappresentazione ha, almeno in parte, nascosto i prodromi dell’esplosione che è avvenuta. Le transizioni del IX Forum ProArch, nelle articolazioni delle varie sezioni, sono il tentativo di mettere a fuoco delle possibili risposte, per quanto parziali, ad una condizione in buona parte inedita nella didattica e nella ricerca del macrosettore 08/D1. 8 Veduta del Capo delle Colonne (isola di S. Pietro). A. La Marmora, Voyage en Sardaigne. Parte integrante di tali risposte sono i progetti che ci si augura, nel corso degli anni, possano diventare la parte prevalente delle prossime edizioni dei Forum. Prima di concludere, vorrei richiamare due immagini. La prima è quella del Cretto di Burri disteso sulle tracce dell’originaria Gibellina, la seconda è La resurrezione della carne dipinta da Luca Signorelli nella Cappella di San Brizio ad Orvieto. Una iniziale relazione fra le due opere è costituita dalla diretta e profonda conoscenza di Alberto Burri dei dipinti di Signorelli. Quest’ultimo, allievo di Piero della Francesca, aveva realizzato a Città di Castello – città natale dello stesso Burri – opere molto significative come il Martirio di San Sebastiano esistente nella cappella Brozzi della chiesa di San Domenico. In realtà le due opere si accomunano perché sono delle straordinarie ermeneutiche del tema della transizione ed entrambe trovano nel suolo e nell’articolazione della linea di terra un ambito di comune riflessione. Burri compone le macerie dell’antico centro del Belice dando vita ad una stupefacente opera di Land Art e al contempo ad uno dei monumenti più significativi del XX secolo. Nell’affresco di Signorelli una sorta di grande lastra grigia costituisce il luogo miracoloso attraverso il quale gli scheletri, attraversandolo, riprendono vigore tornando ad essere corpi, per l’appunto, risorti. Le due opere distano fra loro circa cinquecento anni ma entrambe raggiungono nella loro interpretazione della transizione degli apici assoluti: la totale distruzione di Gibellina si trasforma, grazie al Cretto, nel ricordo indelebile della città siciliana; ad Orvieto il tema della resurrezione si palesa con una singolare efficacia dove il suolo è il limite tra finito ed infinito, tra ciò che è noto dalla elaborazione della ragione e ciò che si vede grazie alla fede. Negli anni avvenire, purtroppo, ci saranno molte macerie da ricomporre e complessivamente molte transizioni da affrontare; per tali motivi si ritiene che tenere a mente questi due esempi possa fornire una sorta di antidoto contro chi immagina un futuro solo irto di difficoltà e senza bellezza.

Piano strategico per lo sviluppo sostenibile del territorio di Sappada. Linee di indirizzo

Alessandro Tessari;Alessandro Massarente
2023

Abstract

Il IX Forum di ProArch si pone, rispetto ad alcuni drammatici temi degli anni recenti, come un vaglio per misurare il modo in cui i Settori Scientifici Disciplinari ICAR 14, 15 e 16 stanno reagendo alle esigenze urgenti della società contemporanea. Il riscaldamento globale, la diffusione del Covid 19 e l’invasione dell’Ucraina, in una sintesi estrema e superficiale, sembrano esito di una generale disattenzione. In modo più preciso, i primi due, derivano dai molti decenni di totale disinteresse nei confronti della natura e la guerra dall’avere dimenticato gli squilibri geopolitici generatisi dopo la caduta del muro di Berlino e il disfacimento dell’Unione Sovietica. Patologie per molti anni latenti sono emerse con violenza producendo trasformazioni radicali dei modi di abitare con concreti effetti sugli spazi interni delle abitazioni e sulle città e sul territorio in relazione ad una iniziale inversione di tendenza dell’inurbamento. Si presenta, in altri termini, un quadro complessivo in profondo cambiamento dal quale sono scaturite molte ricerche, le cui rotte difficilmente approderanno in porti sicuri. Tentando una analogia con la fisica, la condizione contemporanea sembra essere improvvisamente sublimata. Questo accade quando una sostanza passa dallo stato solido a quello gassoso, saltando lo stadio intermedio. In realtà, si era ben consapevoli che la presunta solidità della condizione in cui si viveva era piena di profonde fessure ma ci si accontentava di descriverla, con convinzione, come fluida. Tale rappresentazione ha, almeno in parte, nascosto i prodromi dell’esplosione che è avvenuta. Le transizioni del IX Forum ProArch, nelle articolazioni delle varie sezioni, sono il tentativo di mettere a fuoco delle possibili risposte, per quanto parziali, ad una condizione in buona parte inedita nella didattica e nella ricerca del macrosettore 08/D1. 8 Veduta del Capo delle Colonne (isola di S. Pietro). A. La Marmora, Voyage en Sardaigne. Parte integrante di tali risposte sono i progetti che ci si augura, nel corso degli anni, possano diventare la parte prevalente delle prossime edizioni dei Forum. Prima di concludere, vorrei richiamare due immagini. La prima è quella del Cretto di Burri disteso sulle tracce dell’originaria Gibellina, la seconda è La resurrezione della carne dipinta da Luca Signorelli nella Cappella di San Brizio ad Orvieto. Una iniziale relazione fra le due opere è costituita dalla diretta e profonda conoscenza di Alberto Burri dei dipinti di Signorelli. Quest’ultimo, allievo di Piero della Francesca, aveva realizzato a Città di Castello – città natale dello stesso Burri – opere molto significative come il Martirio di San Sebastiano esistente nella cappella Brozzi della chiesa di San Domenico. In realtà le due opere si accomunano perché sono delle straordinarie ermeneutiche del tema della transizione ed entrambe trovano nel suolo e nell’articolazione della linea di terra un ambito di comune riflessione. Burri compone le macerie dell’antico centro del Belice dando vita ad una stupefacente opera di Land Art e al contempo ad uno dei monumenti più significativi del XX secolo. Nell’affresco di Signorelli una sorta di grande lastra grigia costituisce il luogo miracoloso attraverso il quale gli scheletri, attraversandolo, riprendono vigore tornando ad essere corpi, per l’appunto, risorti. Le due opere distano fra loro circa cinquecento anni ma entrambe raggiungono nella loro interpretazione della transizione degli apici assoluti: la totale distruzione di Gibellina si trasforma, grazie al Cretto, nel ricordo indelebile della città siciliana; ad Orvieto il tema della resurrezione si palesa con una singolare efficacia dove il suolo è il limite tra finito ed infinito, tra ciò che è noto dalla elaborazione della ragione e ciò che si vede grazie alla fede. Negli anni avvenire, purtroppo, ci saranno molte macerie da ricomporre e complessivamente molte transizioni da affrontare; per tali motivi si ritiene che tenere a mente questi due esempi possa fornire una sorta di antidoto contro chi immagina un futuro solo irto di difficoltà e senza bellezza.
2023
9791280379023
pianificazione territoriale, sviluppo sistenibile, comunità di montagna
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11392/2502628
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