Quando un neologismo si afferma nell’uso quotidiano della lingua, è segno che qualcosa è cambiato nel senso comune e nel patrimonio semantico di una società. Nel 2018, dopo che la Treccani decise di includere nel Libro dell’anno la parola “Ferragnez”, i puristi della lingua si scagliarono con vemenza contro quello che consideravano un clamoroso episodio di degenerazione del vocabolario collettivo (“Il neologismo #Ferragnez mi crea un disagio disarmante – sbottava qualcuno –. La lingua italiana sta andando a rotoli”; “La parola FERRAGNEZ è entrata nel vocabolario Treccani – scriveva un altro –, dovrebbero chiamarlo Treccani e Porci”). A queste polemiche – veicolate non a caso attraverso i social network – la Treccani reagì – non a caso attraverso Twitter – ricordando che i neologismi rispondono “alla necessità di esprimere concetti nuovi, di denominare o qualificare nuove cose e istituzioni” ma che “sono uno specchio di come parlano e scrivono gli italiani, non di quello che crediamo debbano dire o scrivere”. E dunque che “rilevare un neologismo non implica giudizi morali” sui fenomeni che li hanno generati. Al di là delle querelle linguistica dunque la parola-macedonia derivante dalla fusione di Ferragni (cognome dell’ormai nota Chiara) e di Fedez (nome d’arte dell’altrettanto noto rapper Federico Lucia) è innegabilmente il nome di una nuova cosa e di una nuova istituzione. Ciò che ci interessa è la necessità che una sola parola – indubbiamente urtante, quantomeno sul piano fonetico – esprima con immediatezza lessicale non tanto la formalizzazione di una relazione sentimentale (l’hashtag #TheFerragnez viene coniato dai due in occasione del loro matrimonio, il 1° settembre 2018), quanto la consacrazione di una nuova istituzione mediale. Un’istituzione dotata di un nome proprio che consente ai membri di una comunità di riferirvisi senza necessità di esplicitare il nesso fra i termini che la compongono. Il sincretismo in fondo non è altro che il corrispettivo linguistico dell’esigenza di unire saldamente in matrimonio due campi semantici fino a quel momento distinti e che ora hanno generato un oggetto culturale autonomo e diverso dalla semplice somma delle sue parti. Un’istituzione, abbiamo detto, soprattutto mediale, perché ha la sua ragion d’essere nel vivere e alimentarsi in un ambiente che non esisterebbe senza le infrastrutture digitali e soprattutto senza le particolari dinamiche discorsive e relazionali che le sorreggono e animano, con concretissime ricadute sui processi economici. Ci interessa dunque perché a ben vedere la fusione sincretica tra il cognome di una blogger di moda e lifestyle divenuta un’influente figura nel panorama comunicativo contemporaneo (non solo italiano) e l’alias di un rapper che deve molto del proprio successo alla reciprocità tra industria musicale e industria televisiva, è un caso paradigmatico dell’intera gamma di mutamenti intervenuti sul terreno dei media negli ultimi vent’anni. Ferragnez è il nome di un fenomeno alimentato da contenuti multimediali e da flussi discorsivi che li connettono in una logica ipertestuale (tramite una fitta rete di rimandi reciproci), ma anche un fenomeno multicanale, nel suo svolgersi in contemporanea su una combinazione di piattaforme tecnologiche, digitali e tradizionali, e dunque crossmediale nel suo proporre contenuti e formati diversi a seconda dei canali su cui sono veicolati. Soprattutto, Ferragnez è il nome di un fenomeno transmediale, in cui ogni passaggio da un medium all’altro arricchisce di senso il contenuto generando una narrazione complessa e costitutivamente aperta alla partecipazione attiva del pubblico.
#Ferragnez: Anatomia di un sincretismo mediale
Marco Pedroni
;
2021
Abstract
Quando un neologismo si afferma nell’uso quotidiano della lingua, è segno che qualcosa è cambiato nel senso comune e nel patrimonio semantico di una società. Nel 2018, dopo che la Treccani decise di includere nel Libro dell’anno la parola “Ferragnez”, i puristi della lingua si scagliarono con vemenza contro quello che consideravano un clamoroso episodio di degenerazione del vocabolario collettivo (“Il neologismo #Ferragnez mi crea un disagio disarmante – sbottava qualcuno –. La lingua italiana sta andando a rotoli”; “La parola FERRAGNEZ è entrata nel vocabolario Treccani – scriveva un altro –, dovrebbero chiamarlo Treccani e Porci”). A queste polemiche – veicolate non a caso attraverso i social network – la Treccani reagì – non a caso attraverso Twitter – ricordando che i neologismi rispondono “alla necessità di esprimere concetti nuovi, di denominare o qualificare nuove cose e istituzioni” ma che “sono uno specchio di come parlano e scrivono gli italiani, non di quello che crediamo debbano dire o scrivere”. E dunque che “rilevare un neologismo non implica giudizi morali” sui fenomeni che li hanno generati. Al di là delle querelle linguistica dunque la parola-macedonia derivante dalla fusione di Ferragni (cognome dell’ormai nota Chiara) e di Fedez (nome d’arte dell’altrettanto noto rapper Federico Lucia) è innegabilmente il nome di una nuova cosa e di una nuova istituzione. Ciò che ci interessa è la necessità che una sola parola – indubbiamente urtante, quantomeno sul piano fonetico – esprima con immediatezza lessicale non tanto la formalizzazione di una relazione sentimentale (l’hashtag #TheFerragnez viene coniato dai due in occasione del loro matrimonio, il 1° settembre 2018), quanto la consacrazione di una nuova istituzione mediale. Un’istituzione dotata di un nome proprio che consente ai membri di una comunità di riferirvisi senza necessità di esplicitare il nesso fra i termini che la compongono. Il sincretismo in fondo non è altro che il corrispettivo linguistico dell’esigenza di unire saldamente in matrimonio due campi semantici fino a quel momento distinti e che ora hanno generato un oggetto culturale autonomo e diverso dalla semplice somma delle sue parti. Un’istituzione, abbiamo detto, soprattutto mediale, perché ha la sua ragion d’essere nel vivere e alimentarsi in un ambiente che non esisterebbe senza le infrastrutture digitali e soprattutto senza le particolari dinamiche discorsive e relazionali che le sorreggono e animano, con concretissime ricadute sui processi economici. Ci interessa dunque perché a ben vedere la fusione sincretica tra il cognome di una blogger di moda e lifestyle divenuta un’influente figura nel panorama comunicativo contemporaneo (non solo italiano) e l’alias di un rapper che deve molto del proprio successo alla reciprocità tra industria musicale e industria televisiva, è un caso paradigmatico dell’intera gamma di mutamenti intervenuti sul terreno dei media negli ultimi vent’anni. Ferragnez è il nome di un fenomeno alimentato da contenuti multimediali e da flussi discorsivi che li connettono in una logica ipertestuale (tramite una fitta rete di rimandi reciproci), ma anche un fenomeno multicanale, nel suo svolgersi in contemporanea su una combinazione di piattaforme tecnologiche, digitali e tradizionali, e dunque crossmediale nel suo proporre contenuti e formati diversi a seconda dei canali su cui sono veicolati. Soprattutto, Ferragnez è il nome di un fenomeno transmediale, in cui ogni passaggio da un medium all’altro arricchisce di senso il contenuto generando una narrazione complessa e costitutivamente aperta alla partecipazione attiva del pubblico.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.