Questo è un lavoro di storia della scuola, pensato, progettato e portato avanti come una ricerca in questo specifico settore. Ma anche portato avanti da una particolare prospettiva, cioè secondo quanto, ormai da anni, ho indicato come il campo d’indagine ed il metodo proprio della storiografia dell’educazione e della sua scienza. Qualche richiamo a questo particolare modo di intendere la storia dell’educazione è necessario, per evitare il rischio che ci si trovi perplessi dinanzi ad un’argomentazione, che si muove tra gli aspetti teoretici ed epistemologici propri della Scienza dell’educazione e la lettura dei documenti, che riguardano la scuola dell’ultimo quindicennio, da un angolo visuale più propriamente storiografico. Lo storico dell’educazione, infatti, necessariamente si muove tra la Scienza dell’educazione, in cui deve essere competente, e la dimensione storiografica, che si declina attraverso la lettura attenta dei documenti e delle congiunture (culturali, sociali e politiche) a cui dedica la sua attenzione. Insomma, deve avere una doppia competenza per leggere i fenomeni e gli eventi in relazione all’ambito educativo e all’universo concettuale dell’educazione e non deve concepire la sua ricerca solo come un’appendice della storia generale o della storia politica (che, pure, non può e non deve ignorare o trascurare). Perché questa doppia competenza? Perché la storia della Scienza dell’educazione va intesa e praticata come una sorta di laboratorio dell’epistemologia pedagogica: il laboratorio nel quale si vanno a validare i princìpi costitutivi del congegno concettuale dell’educazione per esaminare e comprendere come essi sono stati tradotti in pratica e come il congegno concettuale dell’educazione è stato concretamente interpretato e praticato nel corso del tempo o in particolari condizioni. Non a caso, questa particolare disciplina è una semiologia della Scienza dell’educazione, cioè una ricerca volta a studiare e mettere in luce i segni che il congegno concettuale dell’educazione ha lasciato (o, più spesso e sfortunatamente, non lasciato) nel dispiegarsi concreto delle attività o dei fenomeni educativi e formativi. Questo lavoro è costruito proprio per rispondere a questo particolare orientamento della mia ricerca. Non a caso il volume si apre e si chiude con un discorso di tipo epistemologico, sulla distinzione tra paradigma e modelli di scuola. L’analisi della recente politica scolastica viene, infatti, condotta a partire dal congegno concettuale dell’educazione, dai suoi princìpi costitutivi e dalle sue categorie per verificare se, come ed in qual misura essi sono stati rispettati o trascurati nella nostra recente politica scolastica. Proprio per questo si apre e si chiude con il richiamo ad aspetti teorici: in apertura, essi contribuiscono a chiarire lo sfondo integratore del discorso; in conclusione, servono a tirare le fila dell’intera argomentazione, attraverso il confronto tra scuola ideale e realtà scolastica concreta. Il lettore troverà questo complesso di questioni distinto, ma solo per chiarezza di esposizione, in tre parti: nella prima, mi soffermo, dopo una ricognizione sia dei temi conduttori della politica scolastica italiana dall’Unità nazionale in poi, sia dell’idea-regolativa di educazione offerta dalla Scienza dell’educazione, sulla generale voglia di riforma, che ha agitato tutti i ministri dell’istruzione da Berlinguer in poi; nella seconda, passo in rassegna ed analizzo le proposte dei nuovi programmi per la scuola italiana da Berlinguer a Fioroni per concludere con le linee di fondo, già peraltro manifeste, della politica scolastica di Gelmini e della destra berlusconiana; infine, nella terza ed ultima parte, da un lato, ritorno al paradigma scientifico di educazione e di scuola e, dall’altro, disegno lo scenario di una scuola secondaria futura, pensata e strutturata secondo i criteri della Scienza dell’educazione. Si tratta, nel complesso, di un discorso, il cui nodo centrale sta nella relazione tra una Scienza – quella dell’educazione – e l’ideologia politica e culturale, in questo caso dominante in Italia (ma dovrei dire piuttosto in tutto l’Occidente) a partire dagli anni Novanta del Novecento fino ad oggi. Solo questa dialettica tra momento teorico/teoretico e attenzione ai dati fattuali permetterà di leggere in maniera non solo più giustificata e legittima i recenti avvenimenti della nostra scuola, ma anche di dare corpo al nostro ideale di scuola per tutti. Il volume, dunque, si propone di informare su quanto è avvenuto e sta avvenendo nel nostro Paese a proposito del sistema scolastico, di interpretare le recenti normative o le recenti e recentissime esternazioni dei vari ministri o di aspiranti tali. Ma questo momento ricostruttivo-interpretativo non basta: si tratta anche di andare oltre le apparenze per disegnare una sorta di visione utopica e regolativa della scuola e dell’educazione, che possa offrire una sorta di orientamento per una scuola del futuro degna di questo nome. Sono ben consapevole che l’ideale proposto è destinato a non realizzarsi. In parte, ciò accadrà (anzi dovrà accadere) proprio perché siamo dinanzi ad un ideale che, in quanto tale, è intrinsecamente irraggiungibile. Se mai, per avventura o per caso, esso raggiungesse la sua pienezza, immediatamente si dovrebbe elaborare un nuovo ideale, una nuova idea regolativa, giacché la coincidenza tra “essere” e “dover essere” segna di necessità la morte del pensiero e della storia e nega, perciò, la stessa esistenza. Ma in parte ciò accadrà, perché il nostro tempo e la nostra cultura sono profondamente pragmatici e, perciò, impermeabili alla dimensione dell’idealità e del sogno. Non a caso si parla di questo tempo come del tempo del fare, senza perdersi in inutili chiacchiere, quasi che l’azione possa darsi separata dal pensiero o un progetto politico o civile o educativo possa sussistere a prescindere da un’idea-guida. Altrettanto non a caso, tra i pensatori a cui più volentieri l’odierna, imperante ideologia liberista e pragmatica, ama richiamarsi c’è quel Popper, che, nella pur apprezzabile difesa di una società aperta e democratica di contro ad ogni tentazione totalitaria, ha attaccato con continuità e pervicacia lo spirito dell’utopia. Credo, tuttavia, che, a dispetto di ogni richiamo ad un sano utilitarismo e ad un efficace pragmatismo, una vita senza sogni e senza ideali sia peggiore della vita di chi dorme e può, dormendo, disegnare scenari onirici; una vita senza sogni e senza ideali, insomma, ci condanna a morire intellettualmente prima ancora che il nostro cervello ed il nostro cuore finiscano di funzionare. In altri termini, una vita senza sogni e senza ideali non è degna di un essere umano, che si proclami vivo a tutti gli effetti. Di più: si può pretendere di educare e di disegnare un valido sistema scolastico là dove si pretende di formare soggetti tutti calati nel presente e non sollecitati a spingersi nella dimensione del futuro, dell’avventura e dell’Altrove? Dunque, è necessario questo richiamo alla dimensione dell’ideale e dell’utopia, se vogliamo concludere il discorso con qualche speranza e con la prefigurazione di un ideale di scuola per tutti, dopo aver per molte pagine passato in rassegna un progetto scolastico, che da Berlinguer a Gelmini, con poche differenze, mira a cancellare la scuola e il suo significato. Ovviamente, secondo un disegno politico, più consapevole nella Destra italiana e meno nella coalizione di Centro-sinistra, ma pur sempre, in entrambi i casi, volto alla costruzione di una società apparentemente omogenea (e talora perfino solidale), ma, al fondo, staticamente distinta in strati sociali tra loro senza possibilità di scambio e di vera comunicazione. In quest’ottica, l’ultimo quindicennio della nostra politica scolastica ci apparirà, nelle pagine che seguono, come un cammino a senso unico, aperto da Berlinguer e poi costruito, senza soluzione di continuità, dai ministri che gli sono via via succeduti. Il volume è stato pensato per chiunque sia un curioso dell’universo educativo e non soltanto per addetti ai lavori. In particolare, esso è rivolto agli studenti di tutti quei corsi di laurea, nei quali si è interessati all’educazione ed alla scuola nonché a tutti coloro che intendono prepararsi alla carriera docente. Vale a dire a chi, preparandosi al difficile, ma coinvolgente mestiere di maestro, non può fare a meno di interrogarsi sul significato e sul senso della scuola.
Scuola secondaria. struttura e saperi
BELLATALLA, Luciana
2010
Abstract
Questo è un lavoro di storia della scuola, pensato, progettato e portato avanti come una ricerca in questo specifico settore. Ma anche portato avanti da una particolare prospettiva, cioè secondo quanto, ormai da anni, ho indicato come il campo d’indagine ed il metodo proprio della storiografia dell’educazione e della sua scienza. Qualche richiamo a questo particolare modo di intendere la storia dell’educazione è necessario, per evitare il rischio che ci si trovi perplessi dinanzi ad un’argomentazione, che si muove tra gli aspetti teoretici ed epistemologici propri della Scienza dell’educazione e la lettura dei documenti, che riguardano la scuola dell’ultimo quindicennio, da un angolo visuale più propriamente storiografico. Lo storico dell’educazione, infatti, necessariamente si muove tra la Scienza dell’educazione, in cui deve essere competente, e la dimensione storiografica, che si declina attraverso la lettura attenta dei documenti e delle congiunture (culturali, sociali e politiche) a cui dedica la sua attenzione. Insomma, deve avere una doppia competenza per leggere i fenomeni e gli eventi in relazione all’ambito educativo e all’universo concettuale dell’educazione e non deve concepire la sua ricerca solo come un’appendice della storia generale o della storia politica (che, pure, non può e non deve ignorare o trascurare). Perché questa doppia competenza? Perché la storia della Scienza dell’educazione va intesa e praticata come una sorta di laboratorio dell’epistemologia pedagogica: il laboratorio nel quale si vanno a validare i princìpi costitutivi del congegno concettuale dell’educazione per esaminare e comprendere come essi sono stati tradotti in pratica e come il congegno concettuale dell’educazione è stato concretamente interpretato e praticato nel corso del tempo o in particolari condizioni. Non a caso, questa particolare disciplina è una semiologia della Scienza dell’educazione, cioè una ricerca volta a studiare e mettere in luce i segni che il congegno concettuale dell’educazione ha lasciato (o, più spesso e sfortunatamente, non lasciato) nel dispiegarsi concreto delle attività o dei fenomeni educativi e formativi. Questo lavoro è costruito proprio per rispondere a questo particolare orientamento della mia ricerca. Non a caso il volume si apre e si chiude con un discorso di tipo epistemologico, sulla distinzione tra paradigma e modelli di scuola. L’analisi della recente politica scolastica viene, infatti, condotta a partire dal congegno concettuale dell’educazione, dai suoi princìpi costitutivi e dalle sue categorie per verificare se, come ed in qual misura essi sono stati rispettati o trascurati nella nostra recente politica scolastica. Proprio per questo si apre e si chiude con il richiamo ad aspetti teorici: in apertura, essi contribuiscono a chiarire lo sfondo integratore del discorso; in conclusione, servono a tirare le fila dell’intera argomentazione, attraverso il confronto tra scuola ideale e realtà scolastica concreta. Il lettore troverà questo complesso di questioni distinto, ma solo per chiarezza di esposizione, in tre parti: nella prima, mi soffermo, dopo una ricognizione sia dei temi conduttori della politica scolastica italiana dall’Unità nazionale in poi, sia dell’idea-regolativa di educazione offerta dalla Scienza dell’educazione, sulla generale voglia di riforma, che ha agitato tutti i ministri dell’istruzione da Berlinguer in poi; nella seconda, passo in rassegna ed analizzo le proposte dei nuovi programmi per la scuola italiana da Berlinguer a Fioroni per concludere con le linee di fondo, già peraltro manifeste, della politica scolastica di Gelmini e della destra berlusconiana; infine, nella terza ed ultima parte, da un lato, ritorno al paradigma scientifico di educazione e di scuola e, dall’altro, disegno lo scenario di una scuola secondaria futura, pensata e strutturata secondo i criteri della Scienza dell’educazione. Si tratta, nel complesso, di un discorso, il cui nodo centrale sta nella relazione tra una Scienza – quella dell’educazione – e l’ideologia politica e culturale, in questo caso dominante in Italia (ma dovrei dire piuttosto in tutto l’Occidente) a partire dagli anni Novanta del Novecento fino ad oggi. Solo questa dialettica tra momento teorico/teoretico e attenzione ai dati fattuali permetterà di leggere in maniera non solo più giustificata e legittima i recenti avvenimenti della nostra scuola, ma anche di dare corpo al nostro ideale di scuola per tutti. Il volume, dunque, si propone di informare su quanto è avvenuto e sta avvenendo nel nostro Paese a proposito del sistema scolastico, di interpretare le recenti normative o le recenti e recentissime esternazioni dei vari ministri o di aspiranti tali. Ma questo momento ricostruttivo-interpretativo non basta: si tratta anche di andare oltre le apparenze per disegnare una sorta di visione utopica e regolativa della scuola e dell’educazione, che possa offrire una sorta di orientamento per una scuola del futuro degna di questo nome. Sono ben consapevole che l’ideale proposto è destinato a non realizzarsi. In parte, ciò accadrà (anzi dovrà accadere) proprio perché siamo dinanzi ad un ideale che, in quanto tale, è intrinsecamente irraggiungibile. Se mai, per avventura o per caso, esso raggiungesse la sua pienezza, immediatamente si dovrebbe elaborare un nuovo ideale, una nuova idea regolativa, giacché la coincidenza tra “essere” e “dover essere” segna di necessità la morte del pensiero e della storia e nega, perciò, la stessa esistenza. Ma in parte ciò accadrà, perché il nostro tempo e la nostra cultura sono profondamente pragmatici e, perciò, impermeabili alla dimensione dell’idealità e del sogno. Non a caso si parla di questo tempo come del tempo del fare, senza perdersi in inutili chiacchiere, quasi che l’azione possa darsi separata dal pensiero o un progetto politico o civile o educativo possa sussistere a prescindere da un’idea-guida. Altrettanto non a caso, tra i pensatori a cui più volentieri l’odierna, imperante ideologia liberista e pragmatica, ama richiamarsi c’è quel Popper, che, nella pur apprezzabile difesa di una società aperta e democratica di contro ad ogni tentazione totalitaria, ha attaccato con continuità e pervicacia lo spirito dell’utopia. Credo, tuttavia, che, a dispetto di ogni richiamo ad un sano utilitarismo e ad un efficace pragmatismo, una vita senza sogni e senza ideali sia peggiore della vita di chi dorme e può, dormendo, disegnare scenari onirici; una vita senza sogni e senza ideali, insomma, ci condanna a morire intellettualmente prima ancora che il nostro cervello ed il nostro cuore finiscano di funzionare. In altri termini, una vita senza sogni e senza ideali non è degna di un essere umano, che si proclami vivo a tutti gli effetti. Di più: si può pretendere di educare e di disegnare un valido sistema scolastico là dove si pretende di formare soggetti tutti calati nel presente e non sollecitati a spingersi nella dimensione del futuro, dell’avventura e dell’Altrove? Dunque, è necessario questo richiamo alla dimensione dell’ideale e dell’utopia, se vogliamo concludere il discorso con qualche speranza e con la prefigurazione di un ideale di scuola per tutti, dopo aver per molte pagine passato in rassegna un progetto scolastico, che da Berlinguer a Gelmini, con poche differenze, mira a cancellare la scuola e il suo significato. Ovviamente, secondo un disegno politico, più consapevole nella Destra italiana e meno nella coalizione di Centro-sinistra, ma pur sempre, in entrambi i casi, volto alla costruzione di una società apparentemente omogenea (e talora perfino solidale), ma, al fondo, staticamente distinta in strati sociali tra loro senza possibilità di scambio e di vera comunicazione. In quest’ottica, l’ultimo quindicennio della nostra politica scolastica ci apparirà, nelle pagine che seguono, come un cammino a senso unico, aperto da Berlinguer e poi costruito, senza soluzione di continuità, dai ministri che gli sono via via succeduti. Il volume è stato pensato per chiunque sia un curioso dell’universo educativo e non soltanto per addetti ai lavori. In particolare, esso è rivolto agli studenti di tutti quei corsi di laurea, nei quali si è interessati all’educazione ed alla scuola nonché a tutti coloro che intendono prepararsi alla carriera docente. Vale a dire a chi, preparandosi al difficile, ma coinvolgente mestiere di maestro, non può fare a meno di interrogarsi sul significato e sul senso della scuola.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.