L'articolo si concentra sulla tutela dei diritti quale elemento unificante che, dopo la riforma del regionalismo italiano, concorre con altri a svolgere il ruolo che già in passato fu assunto dall'interesse nazionale, oggi soppresso. Il nuovo modello costituzionale sembra incentrarsi sulla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti, attribuita alla competenza legislativa esclusiva statale. Tali livelli essenziali, tuttavia, non sono di immediata giustiziabilità, in assenza di leggi statali sufficientemente chiare e univoche nella strumentazione dei diritti da erogare sul piano regionale. Né la Corte costituzionale si è mostrata fin qui disposta a surrogare il legislatore statale in presenza di eventuali carenze regionali. Un banco di prova particolarmente interessante è quello dei fondi statali vincolati nelle materie regionali, che, pur astrattamente contrastanti con l'autonomia finanziaria delle regioni (ex art. 119 cost.), vengono parzialmente tollerati dalla Corte, al fine di non far bruscamente venir meno supporti e provvidenze connesse a diritti "fondamentali". Materia assai interessante, per le implicazioni che essa involge, si è di recente mostrata quella dell'integrazione sociale e culturale degli immigrati. Rispetto a questa, è risultata evidente la debolezza della giurisprudenza della Corte, posto che lo Stato, nelle leggi finanziarie annuali, si è sentito libero di non rifinanziare tali presunti diritti fondamentali (stornando i fondi già accantonati per coprire l'abolizione dell'ICI). Nella mancata attuazione della legge generale sui livelli essenziali e sul loro finanziamento, secondo l'art. 119 cost., la giurisprudenza costituzionale rischia di cristallizzare una situazione di carente tutela dei diritti, specie sociali, lasciati alle estemporanee logiche delle annuali decisioni finanziarie.
Diritti fondamentali e Regioni: il nuovo Titolo V alla prova della giurisprudenza costituzionale
GUAZZAROTTI, Andrea
2008
Abstract
L'articolo si concentra sulla tutela dei diritti quale elemento unificante che, dopo la riforma del regionalismo italiano, concorre con altri a svolgere il ruolo che già in passato fu assunto dall'interesse nazionale, oggi soppresso. Il nuovo modello costituzionale sembra incentrarsi sulla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti, attribuita alla competenza legislativa esclusiva statale. Tali livelli essenziali, tuttavia, non sono di immediata giustiziabilità, in assenza di leggi statali sufficientemente chiare e univoche nella strumentazione dei diritti da erogare sul piano regionale. Né la Corte costituzionale si è mostrata fin qui disposta a surrogare il legislatore statale in presenza di eventuali carenze regionali. Un banco di prova particolarmente interessante è quello dei fondi statali vincolati nelle materie regionali, che, pur astrattamente contrastanti con l'autonomia finanziaria delle regioni (ex art. 119 cost.), vengono parzialmente tollerati dalla Corte, al fine di non far bruscamente venir meno supporti e provvidenze connesse a diritti "fondamentali". Materia assai interessante, per le implicazioni che essa involge, si è di recente mostrata quella dell'integrazione sociale e culturale degli immigrati. Rispetto a questa, è risultata evidente la debolezza della giurisprudenza della Corte, posto che lo Stato, nelle leggi finanziarie annuali, si è sentito libero di non rifinanziare tali presunti diritti fondamentali (stornando i fondi già accantonati per coprire l'abolizione dell'ICI). Nella mancata attuazione della legge generale sui livelli essenziali e sul loro finanziamento, secondo l'art. 119 cost., la giurisprudenza costituzionale rischia di cristallizzare una situazione di carente tutela dei diritti, specie sociali, lasciati alle estemporanee logiche delle annuali decisioni finanziarie.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.