La critica italiana dei primi anni ’50 etichettò come “neorealismo rosa” i film contemporanei che tentavano di riportare l’estetica della Scuola Italiana della Liberazione entro i confini di un cinema più narrativo e apertamente commerciale. Benché si trattasse di una posizione assai moralista, storicamente fondata negli aspri toni del dibattito italiano sul mezzo cinematografico nei primi anni della guerra fredda, si tratta tuttavia di un interessante punto di partenza per tentare un nuovo inquadramento di quel tipo di produzione. Esso non solo prende in prestito il suo rapporto con i nuovi confini della rappresentazione dalla non ancora conclusasi stagione neorealista (per la prima volta la povertà, la prostituzione e il crimine organizzato possono comparire in un film italiano), ma presenta anche forti legami con il cinema di genere americano e in questa operazione abbandona il consueto tono didattico in favore di un malcelato sensazionalismo. Per i suoi forti legami tanto con il cinema neorealista quanto con generi come il film noir o il melodramma, La tratta delle bianche (Luigi Comencini, 1952) può essere visto come un ideale esempio di come funzionasse l’intersezione tra questi diversi aspetti in un momento cruciale per la definizione dell’industria cinematografica italiana del secondo dopoguerra.
La "segnorina" neorealista tra melodramma e noir: La tratta delle bianche di Luigi Comencini
DI CHIARA, Francesco
2007
Abstract
La critica italiana dei primi anni ’50 etichettò come “neorealismo rosa” i film contemporanei che tentavano di riportare l’estetica della Scuola Italiana della Liberazione entro i confini di un cinema più narrativo e apertamente commerciale. Benché si trattasse di una posizione assai moralista, storicamente fondata negli aspri toni del dibattito italiano sul mezzo cinematografico nei primi anni della guerra fredda, si tratta tuttavia di un interessante punto di partenza per tentare un nuovo inquadramento di quel tipo di produzione. Esso non solo prende in prestito il suo rapporto con i nuovi confini della rappresentazione dalla non ancora conclusasi stagione neorealista (per la prima volta la povertà, la prostituzione e il crimine organizzato possono comparire in un film italiano), ma presenta anche forti legami con il cinema di genere americano e in questa operazione abbandona il consueto tono didattico in favore di un malcelato sensazionalismo. Per i suoi forti legami tanto con il cinema neorealista quanto con generi come il film noir o il melodramma, La tratta delle bianche (Luigi Comencini, 1952) può essere visto come un ideale esempio di come funzionasse l’intersezione tra questi diversi aspetti in un momento cruciale per la definizione dell’industria cinematografica italiana del secondo dopoguerra.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.