Titolo del progetto: "Problematiche relative all'igiene dei prodotti tipici agroalimentari fra diritto interno e diritto comunitario"- Descrizione del progetto: La prosecuzione per il 2006 del tema della ricerca proposto nel 2005, rende inevitabile l’ampliamento dell’oggetto dell’indagine ad una prospettiva internazionalistica, alla luce della forte incidenza che hanno le norme adottate in ambito WTO, ed in specie l’accordo SPS, relativo all’applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie, e all’accordo TRIPs, sugli aspetti della proprietà intellettuale inerenti al commercio, fondamentale ai fini dello studio del diritto alimentare, soprattutto per la tutela delle denominazioni di origine e dei marchi sui mercati esteri. E’ infatti necessario considerare che la legislazione alimentare che considera gli aspetti sanitari dei prodotti diviene sempre più di tipo universale, nel senso che interessa la complessiva circolazione mondiale dei cibi, per cui deve tendenzialmente assicurare gli standards di sicurezza che vengono richiesti a quel livello, anche rifacendosi a regole di soft law spesso richiamate sia dalle norme della WTO che da quelle comunitarie. Tuttavia se è innegabile che l’intero complesso normativo che costituisce il diritto alimentare, considerato sotto il profilo interno, comunitario ed internazionale, è fondato sul principio generale di protezione del consumatore e della sua salute, è da porre in luce che molte regole sono condizionate dalle esigenze del commercio, in specie nell’ambito del diritto comunitario e nel Trattato di Marrakech, privilegiando fortemente la circolazione dei prodotti. Al riguardo basta considerare da un lato la giurisprudenza della Corte di giustizia, dall’altro alcune decisioni degli organi per la soluzione delle controversie in sede WTO per rendersi conto del difficile equilibrio fra diritti alla protezione della sicurezza alimentare da un lato e interessi del commercio, alla libera circolazione delle merci sia all’interno della Comunità europea che del complesso dei Paesi facenti parte dell’Organizzazione mondiale del commercio dall’altro. Contestualmente si rende necessario prendere in considerazione anche la profonda rilevanza delle norme degli accordi internazionali in materia ambientale, ratificati sia dalla Comunità europea che dall’Italia, quali la Convenzione sulla diversità biologica, il Protocollo di Cartagena, il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura (Trattato FAO) adottato dalla 31a riunione della Conferenza FAO a Roma del 3 novembre 2001, approvato con dec. n. 869/2004 del Consiglio del 24 febbraio 2004 e ratificato dall’Italia con legge 6 aprile 2004, n. 101. E’ da segnalare infatti che il trattato FAO applica la maggior parte dei principi stabiliti dalla Convenzione sulla diversità biologica alle “risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura”: indicativo è l’art.1, par.1, il quale statuisce che “gli obiettivi del presente Trattato sono la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura”, nonché “una equa e giusta condivisione dei vantaggi derivanti dalla loro utilizzazione, in conformità alla Convenzione sulla diversità biologica, per un uso sostenibile e per la sicurezza alimentare”; e il par.2 che sottolinea che “per raggiungere tali obiettivi occorre stabilire legami stretti tra il presente trattato, la Convenzione sulla diversità biologica e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura”. Tali disposizioni di diritto internazionale pattizio ambientale possono infatti ulteriormente confermare che il diritto agrario alimentare italiano e comunitario è un sistema di norme non più tendenti solo a proteggere l’agricoltura - e gli imprenditori agricoli – ma anche a conservare contemporaneamente l’ambiente, ad assicurare la qualità igienico-sanitaria dei prodotti agricoli, anche al fine di proteggere i consumatori e a mantenere la presenza dell’uomo in territori anche marginali destinati all’abbandono e che la salvaguardia dell’ambiente non va comunque intesa solo come protezione dello stesso dall’inquinamento, ma anche come tutela dei beni materiali e immateriali che rappresentano il patrimonio storico del territorio e che per perseguire questa finalità il diritto, spesso, tratta insieme l’agricoltura, l’alimentazione, il paesaggio, i costumi tradizionali. In ambito comunitario la ricerca proseguirà ad esaminare le ripercussioni del regolamento 178 del 2002, alla luce della sua duplice natura, immediatamente operante da un lato, e dall’altro programmatica, della nuova legislazione alimentare europea, che potrebbe qualificarsi diritto alimentare, poiché di esso si possono rinvenire principi propri e qualificanti, nonché della constatazione che a partire dalla sua emanazione l’intervento comunitario in materia di alimenti diventa sempre più pervasivo, oltre che incisivo, dato anche l’uso di regolamenti in luogo di direttive. Occorre infatti considerare che programma e applicazione immediata si intrecciano nel reg. 178/2002, soprattutto in considerazione di quanto stabilito dall’art. 4, il quale attribuisce agli artt. 5-10 la natura di principi cui deve ispirarsi la legislazione alimentare futura, ma anche di chiavi interpretative di quella vigente. Dall’analisi dell’art. 4 del reg. 178/2002, si nota, infatti, che da un lato, il comma 2° afferma che “i principi enunciati negli articoli da 5 a 10 costituiscono un quadro generale di natura orizzontale al quale conformarsi nell’adozione delle misure”, dall’altro che, in attesa delle norme attuative di quanto stabilito dai detti artt. da 5 a 10 siano adottate – e ciò deve avvenire entro il 1° gennaio 2007 – la normativa vigente deve essere interpretata “tenendo conto dei principi” contenuti in detti articoli. Dunque, l’art. 4 rende evidente la programmaticità dei principi generali della legislazione alimentare enunciati negli artt. 5 – 10, portando l’interprete a ritenere che essi abbisognino di ulteriori attività normative per essere applicabili. Il sistema appare in fieri in molti altri suoi aspetti, come ad esempio la rintracciabilità, prevista dall’art. 18, il quale – applicabile dal 1° gennaio 2005 - stabilisce che le disposizioni “per l’applicazione in settori specifici del presente articolo possono essere adottate secondo la procedura di cui all’art. 58, par 2” e cioè ad una procedura Commissione – Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali: notevole è l’indeterminatezza della norma appena esaminata; se da un lato essa riconosce che la rintracciabilità deve essere costruita prodotto per prodotto (o per gruppi di prodotti) non essendo immaginabile un sistema uguale per cereali e ortofrutta, ad esempio, dall’altro non stabilisce una competenza piena della Commissione in procedura di Comitato poiché stabilisce che le norme attuative dell’art. 18 “possano” e non “siano” adottate con quella procedura. L’obiettivo della ricerca è quello di tracciare un quadro della situazione normativa attuale sui temi oggetto della indagine, individuando le eventuali lacune che essa presenta, i problemi aperti che essa pone e le proposte e prospettive di loro soluzione, nel contesto non solo del diritto interno e del diritto comunitario, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, ma anche della più ampia e inscindibile loro connessione con la prospettiva internazionalistica.

60% 2006

COSTATO, Luigi
2006

Abstract

Titolo del progetto: "Problematiche relative all'igiene dei prodotti tipici agroalimentari fra diritto interno e diritto comunitario"- Descrizione del progetto: La prosecuzione per il 2006 del tema della ricerca proposto nel 2005, rende inevitabile l’ampliamento dell’oggetto dell’indagine ad una prospettiva internazionalistica, alla luce della forte incidenza che hanno le norme adottate in ambito WTO, ed in specie l’accordo SPS, relativo all’applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie, e all’accordo TRIPs, sugli aspetti della proprietà intellettuale inerenti al commercio, fondamentale ai fini dello studio del diritto alimentare, soprattutto per la tutela delle denominazioni di origine e dei marchi sui mercati esteri. E’ infatti necessario considerare che la legislazione alimentare che considera gli aspetti sanitari dei prodotti diviene sempre più di tipo universale, nel senso che interessa la complessiva circolazione mondiale dei cibi, per cui deve tendenzialmente assicurare gli standards di sicurezza che vengono richiesti a quel livello, anche rifacendosi a regole di soft law spesso richiamate sia dalle norme della WTO che da quelle comunitarie. Tuttavia se è innegabile che l’intero complesso normativo che costituisce il diritto alimentare, considerato sotto il profilo interno, comunitario ed internazionale, è fondato sul principio generale di protezione del consumatore e della sua salute, è da porre in luce che molte regole sono condizionate dalle esigenze del commercio, in specie nell’ambito del diritto comunitario e nel Trattato di Marrakech, privilegiando fortemente la circolazione dei prodotti. Al riguardo basta considerare da un lato la giurisprudenza della Corte di giustizia, dall’altro alcune decisioni degli organi per la soluzione delle controversie in sede WTO per rendersi conto del difficile equilibrio fra diritti alla protezione della sicurezza alimentare da un lato e interessi del commercio, alla libera circolazione delle merci sia all’interno della Comunità europea che del complesso dei Paesi facenti parte dell’Organizzazione mondiale del commercio dall’altro. Contestualmente si rende necessario prendere in considerazione anche la profonda rilevanza delle norme degli accordi internazionali in materia ambientale, ratificati sia dalla Comunità europea che dall’Italia, quali la Convenzione sulla diversità biologica, il Protocollo di Cartagena, il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura (Trattato FAO) adottato dalla 31a riunione della Conferenza FAO a Roma del 3 novembre 2001, approvato con dec. n. 869/2004 del Consiglio del 24 febbraio 2004 e ratificato dall’Italia con legge 6 aprile 2004, n. 101. E’ da segnalare infatti che il trattato FAO applica la maggior parte dei principi stabiliti dalla Convenzione sulla diversità biologica alle “risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura”: indicativo è l’art.1, par.1, il quale statuisce che “gli obiettivi del presente Trattato sono la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura”, nonché “una equa e giusta condivisione dei vantaggi derivanti dalla loro utilizzazione, in conformità alla Convenzione sulla diversità biologica, per un uso sostenibile e per la sicurezza alimentare”; e il par.2 che sottolinea che “per raggiungere tali obiettivi occorre stabilire legami stretti tra il presente trattato, la Convenzione sulla diversità biologica e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura”. Tali disposizioni di diritto internazionale pattizio ambientale possono infatti ulteriormente confermare che il diritto agrario alimentare italiano e comunitario è un sistema di norme non più tendenti solo a proteggere l’agricoltura - e gli imprenditori agricoli – ma anche a conservare contemporaneamente l’ambiente, ad assicurare la qualità igienico-sanitaria dei prodotti agricoli, anche al fine di proteggere i consumatori e a mantenere la presenza dell’uomo in territori anche marginali destinati all’abbandono e che la salvaguardia dell’ambiente non va comunque intesa solo come protezione dello stesso dall’inquinamento, ma anche come tutela dei beni materiali e immateriali che rappresentano il patrimonio storico del territorio e che per perseguire questa finalità il diritto, spesso, tratta insieme l’agricoltura, l’alimentazione, il paesaggio, i costumi tradizionali. In ambito comunitario la ricerca proseguirà ad esaminare le ripercussioni del regolamento 178 del 2002, alla luce della sua duplice natura, immediatamente operante da un lato, e dall’altro programmatica, della nuova legislazione alimentare europea, che potrebbe qualificarsi diritto alimentare, poiché di esso si possono rinvenire principi propri e qualificanti, nonché della constatazione che a partire dalla sua emanazione l’intervento comunitario in materia di alimenti diventa sempre più pervasivo, oltre che incisivo, dato anche l’uso di regolamenti in luogo di direttive. Occorre infatti considerare che programma e applicazione immediata si intrecciano nel reg. 178/2002, soprattutto in considerazione di quanto stabilito dall’art. 4, il quale attribuisce agli artt. 5-10 la natura di principi cui deve ispirarsi la legislazione alimentare futura, ma anche di chiavi interpretative di quella vigente. Dall’analisi dell’art. 4 del reg. 178/2002, si nota, infatti, che da un lato, il comma 2° afferma che “i principi enunciati negli articoli da 5 a 10 costituiscono un quadro generale di natura orizzontale al quale conformarsi nell’adozione delle misure”, dall’altro che, in attesa delle norme attuative di quanto stabilito dai detti artt. da 5 a 10 siano adottate – e ciò deve avvenire entro il 1° gennaio 2007 – la normativa vigente deve essere interpretata “tenendo conto dei principi” contenuti in detti articoli. Dunque, l’art. 4 rende evidente la programmaticità dei principi generali della legislazione alimentare enunciati negli artt. 5 – 10, portando l’interprete a ritenere che essi abbisognino di ulteriori attività normative per essere applicabili. Il sistema appare in fieri in molti altri suoi aspetti, come ad esempio la rintracciabilità, prevista dall’art. 18, il quale – applicabile dal 1° gennaio 2005 - stabilisce che le disposizioni “per l’applicazione in settori specifici del presente articolo possono essere adottate secondo la procedura di cui all’art. 58, par 2” e cioè ad una procedura Commissione – Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali: notevole è l’indeterminatezza della norma appena esaminata; se da un lato essa riconosce che la rintracciabilità deve essere costruita prodotto per prodotto (o per gruppi di prodotti) non essendo immaginabile un sistema uguale per cereali e ortofrutta, ad esempio, dall’altro non stabilisce una competenza piena della Commissione in procedura di Comitato poiché stabilisce che le norme attuative dell’art. 18 “possano” e non “siano” adottate con quella procedura. L’obiettivo della ricerca è quello di tracciare un quadro della situazione normativa attuale sui temi oggetto della indagine, individuando le eventuali lacune che essa presenta, i problemi aperti che essa pone e le proposte e prospettive di loro soluzione, nel contesto non solo del diritto interno e del diritto comunitario, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, ma anche della più ampia e inscindibile loro connessione con la prospettiva internazionalistica.
2006
Costato, Luigi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11392/525778
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