La diffusione di Plasmodium falciparum multiresistente rende spesso difficile la scelta di farmaci antimalarici a scopo terapeutico e profilattico. Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione dell’impiego di atovaquone/proguanil (AP) sia a scopo terapeutico, nelle forme non complicate, che profilattico, per la sua buona tollerabilità, gli scarsi effetti collaterali ed il limitato periodo di somministrazione richiesto, grazie all’effetto sugli stadi tissutali oltre che eritrocitari. Dopo il primo caso di resistenza al trattamento con AP descritto nel 2002 in un paziente non-immune proveniente dalla Nigeria, numerosi studi hanno dimostrato che tale resistenza è legata alla presenza di mutazioni del gene cyt b di P. falciparum. Giungeva alla nostra osservazione nel settembre 2007 un paziente di origine italiana recatosi in Zimbabwe (Africa sud-ovest) per lavoro e sottoposto a profilassi con AP, 1 cpr/die dal giorno precedente la partenza dall’Italia e regolarmente eseguita. Durante il soggiorno, dopo un safari a sud di Harare, insorgevano febbricola e malessere generale, per cui si recava presso un centro medico locale dove veniva diagnosticata, mediante striscio e goccia spessa di sangue periferico, un’infezione da P. falciparum. Si iniziava terapia con clorochina 300 mg subito e dopo 6 ore, e 300 mg/12h nei successivi 2 giorni, seguita dall’associazione sulfadoxina/pirimetamina (1.500mg/75mg in unica somministrazione). La sintomatologia febbrile scompariva il giorno successivo il termine della terapia. Un controllo emoscopico al rientro in Italia risultava negativo per parassiti malarici. Il rapido sviluppo e la diffusione di resistenze di P. falciparum ai farmaci costituisce un serio problema sanitario di interesse globale. Il diffuso impiego a scopo profilattico di AP in soggetti non-immuni è stata riportata come una delle possibili cause di insorgenza di chemioresistenza di P. falciparum ad AP. Le descrizioni di fallimento terapeutico con AP nei casi di malaria da P. falciparum hanno riguardato, ad oggi, esclusivamente soggetti provenienti da Paesi dell’Africa occidentale. Il caso da noi descritto risulta essere il primo caso di inefficace chemioprofilassi antimalarica con AP in Zimbabwe

Malaria da Plasmodium falciparum durante chemioprofilassi con atovaquone/proguanil. Primo caso in un paziente proveniente dallo Zimbabwe. .

CULTRERA, Rosario;BADIA, Lorenzo;CRAPANZANO MINICHELLO, Vanessa Mary;CONTINI, Carlo
2007

Abstract

La diffusione di Plasmodium falciparum multiresistente rende spesso difficile la scelta di farmaci antimalarici a scopo terapeutico e profilattico. Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione dell’impiego di atovaquone/proguanil (AP) sia a scopo terapeutico, nelle forme non complicate, che profilattico, per la sua buona tollerabilità, gli scarsi effetti collaterali ed il limitato periodo di somministrazione richiesto, grazie all’effetto sugli stadi tissutali oltre che eritrocitari. Dopo il primo caso di resistenza al trattamento con AP descritto nel 2002 in un paziente non-immune proveniente dalla Nigeria, numerosi studi hanno dimostrato che tale resistenza è legata alla presenza di mutazioni del gene cyt b di P. falciparum. Giungeva alla nostra osservazione nel settembre 2007 un paziente di origine italiana recatosi in Zimbabwe (Africa sud-ovest) per lavoro e sottoposto a profilassi con AP, 1 cpr/die dal giorno precedente la partenza dall’Italia e regolarmente eseguita. Durante il soggiorno, dopo un safari a sud di Harare, insorgevano febbricola e malessere generale, per cui si recava presso un centro medico locale dove veniva diagnosticata, mediante striscio e goccia spessa di sangue periferico, un’infezione da P. falciparum. Si iniziava terapia con clorochina 300 mg subito e dopo 6 ore, e 300 mg/12h nei successivi 2 giorni, seguita dall’associazione sulfadoxina/pirimetamina (1.500mg/75mg in unica somministrazione). La sintomatologia febbrile scompariva il giorno successivo il termine della terapia. Un controllo emoscopico al rientro in Italia risultava negativo per parassiti malarici. Il rapido sviluppo e la diffusione di resistenze di P. falciparum ai farmaci costituisce un serio problema sanitario di interesse globale. Il diffuso impiego a scopo profilattico di AP in soggetti non-immuni è stata riportata come una delle possibili cause di insorgenza di chemioresistenza di P. falciparum ad AP. Le descrizioni di fallimento terapeutico con AP nei casi di malaria da P. falciparum hanno riguardato, ad oggi, esclusivamente soggetti provenienti da Paesi dell’Africa occidentale. Il caso da noi descritto risulta essere il primo caso di inefficace chemioprofilassi antimalarica con AP in Zimbabwe
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