La terapia dell’epatite cronica C con Peg-interferoni (Peg-INF) e ribavirina, non è priva di effetti collaterali e non è dunque attuabile su tutti i pazienti, soprattutto in presenza di comorbilità. Il caso presentato evidenzia l’ottenimento di una SVR in un paziente con EDS in assenza di importanti effetti collaterali. Caso Clinico: Uomo di 22 aa con EDS di tipo III, affetto da epatite cronica da HCV (ALT 100 UI/ml, l’HCV-RNA 26100 UI/ml, genotipo 2a/2c). Consulenze specialistiche effettuate per la patologia ereditaria di base, non controindicavano il trattamento con farmaci antivirali. Si iniziava dunque terapia con alfa Peg-INF (180 mcg/settimana, s.c.) e ribavirina (800 mg/die, o.s.) che risultava tollerabile ed efficace ma con una lenta cinetica di risposta (HCV-RNA < 15 UI solo dopo 12 settimane), per cui si decideva di prolungarne la durata a 36 settimane. A sei mesi dal termine la ricerca di HCV-RNA è risultata negativa e le ALT costantemente nei limiti di norma. Conclusioni: Con EDS si intende un insieme di rare malattie ereditarie del tessuto connettivo (1 caso su 5-10000-20000 nati). Il nostro paziente era affetto dal sottotipo III a prevalente coinvolgimento cutaneo e articolare. Vista la possibile tossicità dei farmaci utilizzati per l’infezione da HCV, solo dopo un accurato studio si è dato inizio al trattamento che è stato prolungato a 36 settimane in considerazione della lenta cinetica di risposta, al fine di aumentare la probabilità di mantenere a lungo termine la SVR. Non esistono segnalazioni in letteratura di pazienti con EDS affetti da epatite cronica HCV-relata e trattati con terapia antivirale. Abbiamo pertanto ipotizzato che la lenta risposta al trattamento, fosse dovuta ad un ridotto assorbimento del Peg-INF somministrato per via sottocutanea in virtù delle alterazioni del connettivo proprie dell’EDS. Dal caso descritto si può dedurre che la terapia anti-HCV può essere intrapresa anche in situazioni cliniche complesse come la presenza concomitante di malattie ereditarie rare, soprattutto se il paziente è fortemente motivato. Inoltre, le alterazioni tipiche di patologie come la EDS possono richiedere aggiustamenti dei dosaggi e della durata delle terapie che vanno quindi personalizzati da paziente a paziente.

EPATITE CRONICA C E SINDROME DI EHLERS DANLOS (EDS).

SEGALA, Daniela;GRILLI, Anastasio;CRAPANZANO MINICHELLO, Vanessa Mary;BADIA, Lorenzo;CONTINI, Carlo
2007

Abstract

La terapia dell’epatite cronica C con Peg-interferoni (Peg-INF) e ribavirina, non è priva di effetti collaterali e non è dunque attuabile su tutti i pazienti, soprattutto in presenza di comorbilità. Il caso presentato evidenzia l’ottenimento di una SVR in un paziente con EDS in assenza di importanti effetti collaterali. Caso Clinico: Uomo di 22 aa con EDS di tipo III, affetto da epatite cronica da HCV (ALT 100 UI/ml, l’HCV-RNA 26100 UI/ml, genotipo 2a/2c). Consulenze specialistiche effettuate per la patologia ereditaria di base, non controindicavano il trattamento con farmaci antivirali. Si iniziava dunque terapia con alfa Peg-INF (180 mcg/settimana, s.c.) e ribavirina (800 mg/die, o.s.) che risultava tollerabile ed efficace ma con una lenta cinetica di risposta (HCV-RNA < 15 UI solo dopo 12 settimane), per cui si decideva di prolungarne la durata a 36 settimane. A sei mesi dal termine la ricerca di HCV-RNA è risultata negativa e le ALT costantemente nei limiti di norma. Conclusioni: Con EDS si intende un insieme di rare malattie ereditarie del tessuto connettivo (1 caso su 5-10000-20000 nati). Il nostro paziente era affetto dal sottotipo III a prevalente coinvolgimento cutaneo e articolare. Vista la possibile tossicità dei farmaci utilizzati per l’infezione da HCV, solo dopo un accurato studio si è dato inizio al trattamento che è stato prolungato a 36 settimane in considerazione della lenta cinetica di risposta, al fine di aumentare la probabilità di mantenere a lungo termine la SVR. Non esistono segnalazioni in letteratura di pazienti con EDS affetti da epatite cronica HCV-relata e trattati con terapia antivirale. Abbiamo pertanto ipotizzato che la lenta risposta al trattamento, fosse dovuta ad un ridotto assorbimento del Peg-INF somministrato per via sottocutanea in virtù delle alterazioni del connettivo proprie dell’EDS. Dal caso descritto si può dedurre che la terapia anti-HCV può essere intrapresa anche in situazioni cliniche complesse come la presenza concomitante di malattie ereditarie rare, soprattutto se il paziente è fortemente motivato. Inoltre, le alterazioni tipiche di patologie come la EDS possono richiedere aggiustamenti dei dosaggi e della durata delle terapie che vanno quindi personalizzati da paziente a paziente.
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