Le caratteristiche quantitative e qualitative del patrimonio idrico sotterraneo di un territorio (acquiferi) dipendono da molteplici fattori che possono essere suddivisi in due gruppi principali: Il primo gruppo comprende fattori naturali, o primari, come quelli geologi che condizionano le caratteristiche geometriche degli acquiferi (es. spessore, estensione), idrauliche (porosità, permeabilità), ed idrogeochimiche, conseguenza del contatto tra la matrice solida (sedimenti) e fluidi (acqua). Il secondo gruppo, invece, include fattori antropici, o secondari, che possono provocare, da una parte, il degrado quantitativo delle risorse idriche sotterranee (come gli emungimenti eccessivi e non controllati per soddisfare, ad esempio, le esigenze acquedottistiche, agricole ed industriali) e, dall’altra parte, possono accelerare i processi di degrado qualitativo causato dall’eccessivo aumento delle fonti potenziali di inquinamento, sia puntuali che diffuse. In particolare, nel sottosuolo ferrarese, a causa della complessa evoluzione geologica, le risorse idriche sotterranee sono fortemente condizionate e limitate sia qualitativamente che quantitativamente dalla presenza di sedimenti permeabili deposti in ambienti lagunari, deltizi o marini. In questo tipo di sedimenti, si trovano comunemente acque primarie (i.e. sinsedimentarie), generalmente con caratteristiche salmastre che presentano, pertanto, bassi valori di resistività elettrica, generalmente minori di 5 Ohm*m, ed elevata salinità. Sulla base di numerose colonne stratigrafiche relative a pozzi per acqua e per la ricerca di idrocarburi (AGIP, 1972; SQUARZANTI, 1980) è stato possibile ricostruire, per la prima volta, l'andamento della zona di dispersione dove si verifica il passaggio graduale tra acqua dolce ed acqua salmastra, ponendo il limite in corrispondenza di valori di salinità pari a 1 g/l. Tale limite si trova a profondità variabili da pochi metri dal piano campagna, nell'area di Casaglia (20 m), a profondità di circa 50 m, nella zona di Baura, ad i 300 m, nei pressi di Copparo (VILLA et alii, 1976; SQUARZANTI, 1980). Negli anni successivi, sono state realizzate poche ricerche di carattere locale che generalmente hanno affrontato problematiche di carattere idrogeologico ed idrogeochimico. La ricerca qui descritta ha avuto come scopo principale la ricostruzione, per l'intero territorio provinciale, del comportamento e dell'evoluzione, sia idrodinamica che geochimica, delle risorse idriche sotterranee. A tal fine, è stato utilizzato un protocollo di lavoro che comprende l'analisi integrata di dati di carattere stratigrafico, idrogeologico e geochimico. Sulla base dei dati stratigrafici e fino alla profondità massima di 200 m, nel sottosuolo ferrarese sono state distinte cinque unità idrogeologiche corrispondenti all’acquifero a falda libera (A0), all'acquifero A1, generalmente in pressione e, agli acquiferi più profondi A2, A3 e A4, sempre in pressione. Le caratteristiche geologiche di questi acquiferi sono state descritte in precedenza (vedi Cap. I, § 1.3). Per la definizione della rete di monitoraggio dei pozzi che riesce a descrivere il comportamento idrodinamico e geochimico degli acquiferi ferraresi in pressione, ci si è basati sulla raccolta e sull’elaborazione di dati provenienti dall'archivio dell'ARPA e raccolti sia dalla rete di controllo attiva che da quella inattiva. Inizialmente, sulla base dell’elaborazione dei dati stratigrafici ed adottando criteri geometrici, litologici e di “capacità idrica” delle diverse formazioni, sono stati individuati i principali corpi acquiferi. Successivamente, ed utilizzando come criteri assoluti la descrizione litologica di ogni singolo pozzo e la posizione dei filtri, è stata effettuata una divisione ed una scelta dei pozzi per ogni corpo acquifero come questo è stato definito nella fase precedente. In tal modo, sono stati esclusi tutti i punti di misura e/o di campionamento per i quali non esiste una dettagliata descrizione stratigrafica, la posizione dei filtri oppure nel caso in cui i pozzi fossero filtrati in più acquiferi. Questo approccio metodologico ci ha permesso di distinguere nove pozzi filtrati esclusivamente nell’acquifero A1; sette pozzi in quello A2; un pozzo nell’acquifero A3 ed un pozzo in quello A4. Nei pozzi individuati esistono misure sistematiche della soggiacenza (profondità dell'acqua dal piano campagna), relative al periodo 1977-1998, con frequenza semestrale, mentre, solamente per alcuni di essi esistono informazioni relative allo stato chimico delle acque.
Caratterizzazione qualitativa dei serbatoi acquiferi
RAPTI, Dimitra
2007
Abstract
Le caratteristiche quantitative e qualitative del patrimonio idrico sotterraneo di un territorio (acquiferi) dipendono da molteplici fattori che possono essere suddivisi in due gruppi principali: Il primo gruppo comprende fattori naturali, o primari, come quelli geologi che condizionano le caratteristiche geometriche degli acquiferi (es. spessore, estensione), idrauliche (porosità, permeabilità), ed idrogeochimiche, conseguenza del contatto tra la matrice solida (sedimenti) e fluidi (acqua). Il secondo gruppo, invece, include fattori antropici, o secondari, che possono provocare, da una parte, il degrado quantitativo delle risorse idriche sotterranee (come gli emungimenti eccessivi e non controllati per soddisfare, ad esempio, le esigenze acquedottistiche, agricole ed industriali) e, dall’altra parte, possono accelerare i processi di degrado qualitativo causato dall’eccessivo aumento delle fonti potenziali di inquinamento, sia puntuali che diffuse. In particolare, nel sottosuolo ferrarese, a causa della complessa evoluzione geologica, le risorse idriche sotterranee sono fortemente condizionate e limitate sia qualitativamente che quantitativamente dalla presenza di sedimenti permeabili deposti in ambienti lagunari, deltizi o marini. In questo tipo di sedimenti, si trovano comunemente acque primarie (i.e. sinsedimentarie), generalmente con caratteristiche salmastre che presentano, pertanto, bassi valori di resistività elettrica, generalmente minori di 5 Ohm*m, ed elevata salinità. Sulla base di numerose colonne stratigrafiche relative a pozzi per acqua e per la ricerca di idrocarburi (AGIP, 1972; SQUARZANTI, 1980) è stato possibile ricostruire, per la prima volta, l'andamento della zona di dispersione dove si verifica il passaggio graduale tra acqua dolce ed acqua salmastra, ponendo il limite in corrispondenza di valori di salinità pari a 1 g/l. Tale limite si trova a profondità variabili da pochi metri dal piano campagna, nell'area di Casaglia (20 m), a profondità di circa 50 m, nella zona di Baura, ad i 300 m, nei pressi di Copparo (VILLA et alii, 1976; SQUARZANTI, 1980). Negli anni successivi, sono state realizzate poche ricerche di carattere locale che generalmente hanno affrontato problematiche di carattere idrogeologico ed idrogeochimico. La ricerca qui descritta ha avuto come scopo principale la ricostruzione, per l'intero territorio provinciale, del comportamento e dell'evoluzione, sia idrodinamica che geochimica, delle risorse idriche sotterranee. A tal fine, è stato utilizzato un protocollo di lavoro che comprende l'analisi integrata di dati di carattere stratigrafico, idrogeologico e geochimico. Sulla base dei dati stratigrafici e fino alla profondità massima di 200 m, nel sottosuolo ferrarese sono state distinte cinque unità idrogeologiche corrispondenti all’acquifero a falda libera (A0), all'acquifero A1, generalmente in pressione e, agli acquiferi più profondi A2, A3 e A4, sempre in pressione. Le caratteristiche geologiche di questi acquiferi sono state descritte in precedenza (vedi Cap. I, § 1.3). Per la definizione della rete di monitoraggio dei pozzi che riesce a descrivere il comportamento idrodinamico e geochimico degli acquiferi ferraresi in pressione, ci si è basati sulla raccolta e sull’elaborazione di dati provenienti dall'archivio dell'ARPA e raccolti sia dalla rete di controllo attiva che da quella inattiva. Inizialmente, sulla base dell’elaborazione dei dati stratigrafici ed adottando criteri geometrici, litologici e di “capacità idrica” delle diverse formazioni, sono stati individuati i principali corpi acquiferi. Successivamente, ed utilizzando come criteri assoluti la descrizione litologica di ogni singolo pozzo e la posizione dei filtri, è stata effettuata una divisione ed una scelta dei pozzi per ogni corpo acquifero come questo è stato definito nella fase precedente. In tal modo, sono stati esclusi tutti i punti di misura e/o di campionamento per i quali non esiste una dettagliata descrizione stratigrafica, la posizione dei filtri oppure nel caso in cui i pozzi fossero filtrati in più acquiferi. Questo approccio metodologico ci ha permesso di distinguere nove pozzi filtrati esclusivamente nell’acquifero A1; sette pozzi in quello A2; un pozzo nell’acquifero A3 ed un pozzo in quello A4. Nei pozzi individuati esistono misure sistematiche della soggiacenza (profondità dell'acqua dal piano campagna), relative al periodo 1977-1998, con frequenza semestrale, mentre, solamente per alcuni di essi esistono informazioni relative allo stato chimico delle acque.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.