La previsione dei dissesti aziendali è un tema di estrema rilevanza operativa, in quanto il fallimento di un’azienda può provocare gravi ripercussioni su una vasta categoria di operatori (managers, professionisti, creditori, società di revisione, banche, società di factoring, operatori di Borsa, azionisti, lo stesso soggetto economico, etc.). Nell’intento di segnalare per tempo l’approssimarsi dell’insolvenza, gli studi in materia hanno portato, negli ultimi trent’anni, all’applicazione di metodologie destinate a cogliere ed utilizzare efficacemente i segnali premonitori o dello stato di crisi e alla costruzione di una pluralità di modelli statistici il cui utilizzo, singolo o congiunto, può contribuire a migliorare i processi decisionali degli operatori economici. Le forme di impiego sono molteplici: dalla valutazione del profilo di rischio della clientela affidata, alle tecniche di previsione dell’insolvenza per valutare il rating dei titoli azionari e obbligazionari, all'ottenimento di conoscenze atte ad agevolare opportunamente le scelte strategiche del soggetto economico. Negli anni ‘70 con Altman viene proposto il modello basilare sul quale si sono imperniati quasi tutti gli studi più recenti. In Italia, il primo importante contributo è di Alberici nel 1975. Si tratta di modelli predittivi che hanno varie possibilità di applicazione: dalla diagnosi anticipata degli stati di insolvenza, alla verifica della prima fase di superamento della crisi, fino all’accertamento dei risultati del processo di risanamento. Dal punto di vista metodologico, la materia, a partire dalla fine degli anni ottanta, ha registrato un rinnovato interesse e, accanto ai più tradizionali approcci di tipo univariato (analisi dei profili) e di tipo multivariato (in particolare, l’analisi discriminante), si è sviluppata un’abbondante letteratura volta a proporre tecniche ed applicazioni che mirano ad ovviare ad alcuni limiti insiti nelle tradizionali varianti di analisi discriminante. Si è così portata l’attenzione sull’utilizzo di regressioni logistiche, di analisi discriminanti non parametriche, di reti neurali e, ancor più recentemente, di algoritmi genetici e di insiemi sfuocati. Queste ultime tecniche vanno entrambe nella direzione di superare alcuni vincoli delle reti neurali. Un’ampia rassegna dei più recenti ed avanzati approcci metodologici è stata condotta nel 1996 da Ecchia. La tematica si ripropone di continuo fra gli studiosi delle discipline economico-aziendali quale momento di speculazione scientifica nell'ambito di analisi di carattere teorico e/o empirico volte a favorire il mantenimento delle condizioni di equilibrio economico durevole. La ricerca di modelli capaci di evidenziare, con anticipo ed a costi accettabili, eventuali anomalie del divenire aziendale è argomento che ben si presta ad analisi di tipo multidisciplinare. L’indagine sulle determinanti degli squilibri aziendali conduce, di sovente, ad appalesare uno stato patologico, frutto non di una singola causa ma, al contrario, di una concatenazione di inefficienze. Peraltro, talvolta è possibile cogliere i segnali di dissesto attraverso l'analisi del bilancio di esercizio. Tuttavia, la complessità del fenomeno della crisi tende a riflettersi solo parzialmente, e tardivamente, sui prospetti contabili di sintesi. Senza dubbio, i limiti espressivi del bilancio, la sua inadeguatezza di fondo, è dovuta, com'è noto, all’incapacità di rappresentare attraverso un documento statico la complessa dinamica aziendale, caratterizzata incessantemente da moti evolutivi ed involutivi. Tale consapevolezza, peraltro, non giustifica un atteggiamento rinunciatario. Anzi, proprio in virtù di tali limiti, si rende utile l'impiego di modelli di previsione delle insolvenze che, partendo dai dati di bilancio, attraverso appropriate metodologie matematico-statistiche, consentano di prevedere le situazioni di patologia. Tali modelli, senz'altro orientativi, debbono però correttamente interpretarsi in chiave economico-aziendale. Questo significa che l'indagine deve compiersi avendo riguardo alle caratteristiche ed ai rapporti intercorrenti fra le principali variabili influenti: in sostanza nel pieno rispetto dei connotati strutturali, operativi e strategici della specifica azienda investigata. Generalmente, un modello di previsione delle insolvenze si pone la finalità di evidenziare, con un congruo anticipo temporale, i segnali tipici di una involuzione più o meno marcata del moto aziendale. Tale attitudine ha stimolato la ricerca di nuovi e più sofisticati modelli per formulare valutazioni prospettiche sufficientemente attendibili. Al contrario, gli utenti, spinti da esigenze economiche (facilità d'impiego e costi contenuti), tendono a privilegiare, nell'ampia gamma di modelli disponibili, quelli più elementari. Ad evidenza, i modelli di previsione delle insolvenze basati su metodologie di carattere statistico consentono una sorta di valutazione “automatica” delle aziende sottoposte ad analisi: per ognuna di queste viene infatti indicato un certo numero (score) – derivante dall’inserimento nel modello di significativi indici di bilancio – che consente, in funzione del valore ottenuto, di classificarle "meccanicamente" in aziende “sane” e “non sane”. La scelta degli indicatori (o variabili indipendenti), che condiziona fortemente la qualità dello strumento, avviene sempre sulla base di un’appropriata selezione degli stessi attraverso determinate modalità statistiche. Certamente, occorre riconoscere che la correlazione statistica fra indicatori segnala in modo più completo la reale situazione aziendale rispetto a quanto può emergere dalle tradizionali analisi di bilancio: anche se la funzione discriminante, basandosi in prevalenza su indici di bilancio, è affetta dai limiti sopra appena accennati. Ciò, tuttavia, non invalida lo strumento, in quanto lo score non qualifica un giudizio assoluto, bensì rappresenta un segnale circa la presenza di “sintomi” - similari o diversi - rispetto a quelli relativi ad aziende che in seguito hanno subito un ulteriore processo di deterioramento. Il che induce a ritenere che le informazioni così ottenute devono essere convalidate da ulteriori indicazioni, di analogo segno, derivanti da analisi complementari. Anche le ricerche compiute dagli studiosi italiani hanno contribuito all’affinamento di tali strumenti, adattando la costruzione della funzione discriminante alle peculiarità del sistema socio-economico italiano: e ciò attraverso analisi dinamiche mirate e la verifica sull’applicabilità del modello in contesti anche molto differenti. Il programma di ricerca si svilupperà nell'arco di 24 mesi, in tre fasi successive: 1) disamina dei contributi della dottrina economico-aziendale italiana e straniera dagli anni '70 ai giorni nostri; 2) selezione di un campione rappresentativo di aziende, di piccole e medie dimensioni, in relazione alle finalità dell'indagine; 3) analisi della capacità predittiva, in ottica ex-post, dei modelli di previsione delle insolvenze proposti dalla recente dottrina (dagli anni '70 in poi) e predisposizione di uno specifico modello applicabile alle unità produttive di ridotte dimensioni.. FASE 1 -Durata 6 mesi Il programma di ricerca intende anzitutto esaminare l'evoluzione della problematica della previsione delle insolvenze nel contesto dottrinale italiano e straniero dagli anni ’70 in poi, successivamente al contributo recato soprattutto da Altman, con particolare riferimento all'analisi discriminante lineare. A tal fine si procederà all'approfondimento critico della letteratura nazionale ed internazionale: ciò favorirà momenti di incontro e di dibattito tra le diverse unità di ricerca per porre a confronto sia le tesi sviluppate sia, soprattutto, le metodologie di previsione adottate in diversi contesti spazio-temporali. Inoltre, verranno individuati i parametri ritenuti più eloquenti in sede di previsione delle insolvenze. Quindi, verrà formulato il sistema delle ipotesi da porre a base della successiva indagine empirica, per comprendere in che modo ed in che misura i diversi tipi di parametri identificati assumono rilievo nella previsione della crisi in rapporto alle molteplici realtà aziendali, soprattutto quelle di media e piccola dimensione. OBIETTIVI della prima fase. Sottoporre a verifica, nell'attuale realtà operativa, l'utilità dell’analisi di bilancio, condotta attraverso l’osservazione dei tradizionali indicatori finanziari e “gestita” metodologicamente dalla tecnica dell’Analisi Discriminante Lineare nell'ottica della previsione degli stati di insolvenza. Più in particolare, si accerterà il grado di plausibilità dell’analisi discriminante nell'ambito delle aziende di media e piccola dimensione. FASE 2 - Durata 3 mesi. In questa sede, insieme all’unità operativa di base, si costruirà il campione di aziende – di piccole e medie dimensioni – su cui testare la capacità predittiva dei modelli previsionali proposti in dottrina. OBIETTIVI della seconda fase La costruzione di un campione di aziende rappresentativo, al fine dello svolgimento della necessaria indagine empirica. FASE 3 - Durata 15 mesi. Questo ultimo step consisterà nell'applicazione, alle realtà aziendali selezionate, dei modelli indicati nella prima fase. Lo scopo è appurarne – a posteriori – il grado attendibilità nella previsione dei dissesti economico-finanziari. In buona sostanza, si cercherà di verificare se (ed in che misura), applicando le tecniche di previsione elaborate dalla recente dottrina, sarebbe stato possibile ottenere tempestivamente le informazioni necessarie al fine di evitare il manifestarsi della crisi aziendale e di porre in atto i relativi provvedimenti di salvaguardia. Ciò posto, di concerto con la prima unità di ricerca, si elaborerà uno specifico modello che risulti di appropriata applicazione nelle realtà aziendali medio-piccole. In sostanza, le attività da svolgere saranno le seguenti: - messa a punto degli strumenti di rilevazione, ossia riclassificazione dei bilanci relativi ai 3-5 anni antecedenti al dissesto aziendale; - calcolo degli indici ritenuti più significativi anche ai fini della costruzione dei singoli modelli. - elaborazione dei dati raccolti, con approfondimento dei casi più significativi emersi dal campione; - costruzione del modello applicabile alle piccole-medie aziende. In conclusione, la ricerca, prendendo spunto dalla quasi totale assenza, nel contesto operativo italiano, di un modello di previsione delle insolvenze applicabile alle realtà aziendali di medio-piccola dimensione, vuole offrire un proprio specifico contributo allo scopo di colmare questa evidente lacuna. OBIETTIVI della terza fase Verificare la significatività degli indicatori economico-finanziari e dei modelli, più o meno sofisticati, proposti dalla dottrina. Elaborare uno specifico modello di previsione delle insolvenze che risulti convenientemente applicabile alle aziende di ridotte dimensioni.

Il presente lavoro è il frutto di una ricerca cofinanziata dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR) nel 2003 ed intitolata: “Il contributo dell'analisi di bilancio nella costruzione dei modelli di previsione delle insolvenze: profili evolutivi della dottrina italiana. Un'indagine empirica sulle piccole e medie aziende”.

MADONNA, Salvatore
2003

Abstract

La previsione dei dissesti aziendali è un tema di estrema rilevanza operativa, in quanto il fallimento di un’azienda può provocare gravi ripercussioni su una vasta categoria di operatori (managers, professionisti, creditori, società di revisione, banche, società di factoring, operatori di Borsa, azionisti, lo stesso soggetto economico, etc.). Nell’intento di segnalare per tempo l’approssimarsi dell’insolvenza, gli studi in materia hanno portato, negli ultimi trent’anni, all’applicazione di metodologie destinate a cogliere ed utilizzare efficacemente i segnali premonitori o dello stato di crisi e alla costruzione di una pluralità di modelli statistici il cui utilizzo, singolo o congiunto, può contribuire a migliorare i processi decisionali degli operatori economici. Le forme di impiego sono molteplici: dalla valutazione del profilo di rischio della clientela affidata, alle tecniche di previsione dell’insolvenza per valutare il rating dei titoli azionari e obbligazionari, all'ottenimento di conoscenze atte ad agevolare opportunamente le scelte strategiche del soggetto economico. Negli anni ‘70 con Altman viene proposto il modello basilare sul quale si sono imperniati quasi tutti gli studi più recenti. In Italia, il primo importante contributo è di Alberici nel 1975. Si tratta di modelli predittivi che hanno varie possibilità di applicazione: dalla diagnosi anticipata degli stati di insolvenza, alla verifica della prima fase di superamento della crisi, fino all’accertamento dei risultati del processo di risanamento. Dal punto di vista metodologico, la materia, a partire dalla fine degli anni ottanta, ha registrato un rinnovato interesse e, accanto ai più tradizionali approcci di tipo univariato (analisi dei profili) e di tipo multivariato (in particolare, l’analisi discriminante), si è sviluppata un’abbondante letteratura volta a proporre tecniche ed applicazioni che mirano ad ovviare ad alcuni limiti insiti nelle tradizionali varianti di analisi discriminante. Si è così portata l’attenzione sull’utilizzo di regressioni logistiche, di analisi discriminanti non parametriche, di reti neurali e, ancor più recentemente, di algoritmi genetici e di insiemi sfuocati. Queste ultime tecniche vanno entrambe nella direzione di superare alcuni vincoli delle reti neurali. Un’ampia rassegna dei più recenti ed avanzati approcci metodologici è stata condotta nel 1996 da Ecchia. La tematica si ripropone di continuo fra gli studiosi delle discipline economico-aziendali quale momento di speculazione scientifica nell'ambito di analisi di carattere teorico e/o empirico volte a favorire il mantenimento delle condizioni di equilibrio economico durevole. La ricerca di modelli capaci di evidenziare, con anticipo ed a costi accettabili, eventuali anomalie del divenire aziendale è argomento che ben si presta ad analisi di tipo multidisciplinare. L’indagine sulle determinanti degli squilibri aziendali conduce, di sovente, ad appalesare uno stato patologico, frutto non di una singola causa ma, al contrario, di una concatenazione di inefficienze. Peraltro, talvolta è possibile cogliere i segnali di dissesto attraverso l'analisi del bilancio di esercizio. Tuttavia, la complessità del fenomeno della crisi tende a riflettersi solo parzialmente, e tardivamente, sui prospetti contabili di sintesi. Senza dubbio, i limiti espressivi del bilancio, la sua inadeguatezza di fondo, è dovuta, com'è noto, all’incapacità di rappresentare attraverso un documento statico la complessa dinamica aziendale, caratterizzata incessantemente da moti evolutivi ed involutivi. Tale consapevolezza, peraltro, non giustifica un atteggiamento rinunciatario. Anzi, proprio in virtù di tali limiti, si rende utile l'impiego di modelli di previsione delle insolvenze che, partendo dai dati di bilancio, attraverso appropriate metodologie matematico-statistiche, consentano di prevedere le situazioni di patologia. Tali modelli, senz'altro orientativi, debbono però correttamente interpretarsi in chiave economico-aziendale. Questo significa che l'indagine deve compiersi avendo riguardo alle caratteristiche ed ai rapporti intercorrenti fra le principali variabili influenti: in sostanza nel pieno rispetto dei connotati strutturali, operativi e strategici della specifica azienda investigata. Generalmente, un modello di previsione delle insolvenze si pone la finalità di evidenziare, con un congruo anticipo temporale, i segnali tipici di una involuzione più o meno marcata del moto aziendale. Tale attitudine ha stimolato la ricerca di nuovi e più sofisticati modelli per formulare valutazioni prospettiche sufficientemente attendibili. Al contrario, gli utenti, spinti da esigenze economiche (facilità d'impiego e costi contenuti), tendono a privilegiare, nell'ampia gamma di modelli disponibili, quelli più elementari. Ad evidenza, i modelli di previsione delle insolvenze basati su metodologie di carattere statistico consentono una sorta di valutazione “automatica” delle aziende sottoposte ad analisi: per ognuna di queste viene infatti indicato un certo numero (score) – derivante dall’inserimento nel modello di significativi indici di bilancio – che consente, in funzione del valore ottenuto, di classificarle "meccanicamente" in aziende “sane” e “non sane”. La scelta degli indicatori (o variabili indipendenti), che condiziona fortemente la qualità dello strumento, avviene sempre sulla base di un’appropriata selezione degli stessi attraverso determinate modalità statistiche. Certamente, occorre riconoscere che la correlazione statistica fra indicatori segnala in modo più completo la reale situazione aziendale rispetto a quanto può emergere dalle tradizionali analisi di bilancio: anche se la funzione discriminante, basandosi in prevalenza su indici di bilancio, è affetta dai limiti sopra appena accennati. Ciò, tuttavia, non invalida lo strumento, in quanto lo score non qualifica un giudizio assoluto, bensì rappresenta un segnale circa la presenza di “sintomi” - similari o diversi - rispetto a quelli relativi ad aziende che in seguito hanno subito un ulteriore processo di deterioramento. Il che induce a ritenere che le informazioni così ottenute devono essere convalidate da ulteriori indicazioni, di analogo segno, derivanti da analisi complementari. Anche le ricerche compiute dagli studiosi italiani hanno contribuito all’affinamento di tali strumenti, adattando la costruzione della funzione discriminante alle peculiarità del sistema socio-economico italiano: e ciò attraverso analisi dinamiche mirate e la verifica sull’applicabilità del modello in contesti anche molto differenti. Il programma di ricerca si svilupperà nell'arco di 24 mesi, in tre fasi successive: 1) disamina dei contributi della dottrina economico-aziendale italiana e straniera dagli anni '70 ai giorni nostri; 2) selezione di un campione rappresentativo di aziende, di piccole e medie dimensioni, in relazione alle finalità dell'indagine; 3) analisi della capacità predittiva, in ottica ex-post, dei modelli di previsione delle insolvenze proposti dalla recente dottrina (dagli anni '70 in poi) e predisposizione di uno specifico modello applicabile alle unità produttive di ridotte dimensioni.. FASE 1 -Durata 6 mesi Il programma di ricerca intende anzitutto esaminare l'evoluzione della problematica della previsione delle insolvenze nel contesto dottrinale italiano e straniero dagli anni ’70 in poi, successivamente al contributo recato soprattutto da Altman, con particolare riferimento all'analisi discriminante lineare. A tal fine si procederà all'approfondimento critico della letteratura nazionale ed internazionale: ciò favorirà momenti di incontro e di dibattito tra le diverse unità di ricerca per porre a confronto sia le tesi sviluppate sia, soprattutto, le metodologie di previsione adottate in diversi contesti spazio-temporali. Inoltre, verranno individuati i parametri ritenuti più eloquenti in sede di previsione delle insolvenze. Quindi, verrà formulato il sistema delle ipotesi da porre a base della successiva indagine empirica, per comprendere in che modo ed in che misura i diversi tipi di parametri identificati assumono rilievo nella previsione della crisi in rapporto alle molteplici realtà aziendali, soprattutto quelle di media e piccola dimensione. OBIETTIVI della prima fase. Sottoporre a verifica, nell'attuale realtà operativa, l'utilità dell’analisi di bilancio, condotta attraverso l’osservazione dei tradizionali indicatori finanziari e “gestita” metodologicamente dalla tecnica dell’Analisi Discriminante Lineare nell'ottica della previsione degli stati di insolvenza. Più in particolare, si accerterà il grado di plausibilità dell’analisi discriminante nell'ambito delle aziende di media e piccola dimensione. FASE 2 - Durata 3 mesi. In questa sede, insieme all’unità operativa di base, si costruirà il campione di aziende – di piccole e medie dimensioni – su cui testare la capacità predittiva dei modelli previsionali proposti in dottrina. OBIETTIVI della seconda fase La costruzione di un campione di aziende rappresentativo, al fine dello svolgimento della necessaria indagine empirica. FASE 3 - Durata 15 mesi. Questo ultimo step consisterà nell'applicazione, alle realtà aziendali selezionate, dei modelli indicati nella prima fase. Lo scopo è appurarne – a posteriori – il grado attendibilità nella previsione dei dissesti economico-finanziari. In buona sostanza, si cercherà di verificare se (ed in che misura), applicando le tecniche di previsione elaborate dalla recente dottrina, sarebbe stato possibile ottenere tempestivamente le informazioni necessarie al fine di evitare il manifestarsi della crisi aziendale e di porre in atto i relativi provvedimenti di salvaguardia. Ciò posto, di concerto con la prima unità di ricerca, si elaborerà uno specifico modello che risulti di appropriata applicazione nelle realtà aziendali medio-piccole. In sostanza, le attività da svolgere saranno le seguenti: - messa a punto degli strumenti di rilevazione, ossia riclassificazione dei bilanci relativi ai 3-5 anni antecedenti al dissesto aziendale; - calcolo degli indici ritenuti più significativi anche ai fini della costruzione dei singoli modelli. - elaborazione dei dati raccolti, con approfondimento dei casi più significativi emersi dal campione; - costruzione del modello applicabile alle piccole-medie aziende. In conclusione, la ricerca, prendendo spunto dalla quasi totale assenza, nel contesto operativo italiano, di un modello di previsione delle insolvenze applicabile alle realtà aziendali di medio-piccola dimensione, vuole offrire un proprio specifico contributo allo scopo di colmare questa evidente lacuna. OBIETTIVI della terza fase Verificare la significatività degli indicatori economico-finanziari e dei modelli, più o meno sofisticati, proposti dalla dottrina. Elaborare uno specifico modello di previsione delle insolvenze che risulti convenientemente applicabile alle aziende di ridotte dimensioni.
2003
Poddighe, F.; Madonna, Salvatore
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