Il principio di legalità svolge un ruolo fondamentale nel diritto penale liberale, tanto nelle codificazioni quanto nella riflessione della scienza giuridica. Posto come conquista della civiltà a garanzia dei diritti individuali contro possibili abusi del potere giudiziario o dell’esecutivo, rischia però di nascondere profili ambigui, di tollerare eccezioni, di ammettere deroghe. Nel quadro complessivo dell’ordinamento statale emergono zone grigie non tutelate dal nullum crimen nulla poena sine lege, aree di confine tra il diritto penale, il diritto amministrativo, la prevenzione di polizia, le leggi di pubblica sicurezza: sono settori nei quali il potere politico riesce a imporre logiche diverse da quelle garantistiche della legalità e che consentono alla dottrina di conservare il valore simbolico del principio formale attenuandone tuttavia gli effetti. Il saggio analizza i problemi del contenuto e della disciplina delle contravvenzioni, della configurazione teorica di un diritto penale amministrativo come branca autonoma, delle misure di sicurezza come provvedimenti ‘penali’ di contrasto alla pericolosità del soggetto: sembrano questi alcuni temi cruciali per la penalistica tra Otto e Novecento, nei quali con insistenza i giuristi ricorrono alla metafora dei confini disciplinari per ridisegnare la portata del nullum crimen. Il paradigma della pericolosità introdotto dalla criminologia di marca positivista, unito alle tendenze ad utilizzare meccanismi punitivi in chiave preventiva emerse fin dall’unità d’Italia, esercitano forti pressioni sul diritto penale che da strumento liberale di tutela delle garanzie individuali diviene sempre più mezzo di difesa sociale.

Difendere i confini, superare le frontiere. Le "zone grigie" della legalità penale tra Otto e Novecento.

PIFFERI, Michele
2007

Abstract

Il principio di legalità svolge un ruolo fondamentale nel diritto penale liberale, tanto nelle codificazioni quanto nella riflessione della scienza giuridica. Posto come conquista della civiltà a garanzia dei diritti individuali contro possibili abusi del potere giudiziario o dell’esecutivo, rischia però di nascondere profili ambigui, di tollerare eccezioni, di ammettere deroghe. Nel quadro complessivo dell’ordinamento statale emergono zone grigie non tutelate dal nullum crimen nulla poena sine lege, aree di confine tra il diritto penale, il diritto amministrativo, la prevenzione di polizia, le leggi di pubblica sicurezza: sono settori nei quali il potere politico riesce a imporre logiche diverse da quelle garantistiche della legalità e che consentono alla dottrina di conservare il valore simbolico del principio formale attenuandone tuttavia gli effetti. Il saggio analizza i problemi del contenuto e della disciplina delle contravvenzioni, della configurazione teorica di un diritto penale amministrativo come branca autonoma, delle misure di sicurezza come provvedimenti ‘penali’ di contrasto alla pericolosità del soggetto: sembrano questi alcuni temi cruciali per la penalistica tra Otto e Novecento, nei quali con insistenza i giuristi ricorrono alla metafora dei confini disciplinari per ridisegnare la portata del nullum crimen. Il paradigma della pericolosità introdotto dalla criminologia di marca positivista, unito alle tendenze ad utilizzare meccanismi punitivi in chiave preventiva emerse fin dall’unità d’Italia, esercitano forti pressioni sul diritto penale che da strumento liberale di tutela delle garanzie individuali diviene sempre più mezzo di difesa sociale.
2007
Pifferi, Michele
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