I giudici, la giustizia ed il diritto sono alcune tra le componenti fondamentali della civiltà arabo-musulmana e concorrono in modo prioritario a determinarne l’identità e le peculiarità. Indagando attorno all’evoluzione storica di tali concetti e funzioni, ed interrogandosi sulla loro incidenza, in termini ideologici e pratici, nella vita politica e giuridica di questi paesi, si ottiene una visione della tradizione arabo-musulmana assai diversa da quella abitualmente accolta. In particolare, analizzando le modalità di funzionamento della giustizia (quindi, la struttura dell’ordinamento giudiziario, il ruolo del giudice, le relazioni tra magistratura e potere politico), emerge come elemento imprescindibile dell’esperienza giuridica arabo-musulmana moderna il rapporto problematico tra validità ed effettività, e l’aspetto qui rilevante concerne le specifiche ragioni che caratterizzano tale dicotomia. Le motivazioni sono principalmente di ordine giuridico e di ordine politico. Le ragioni giuridiche concernono la costruzione e la struttura degli odierni ordinamenti giuridici arabo-musulmani. Sul piano formale, questi ordinamenti possono essere considerati moderni, in quanto corrispondenti ad una serie di standards (giuridici e giudiziari) stabiliti a livello internazionale. Da un punto di vista sostanziale, essi debbono invece essere considerati “misti”, poiché contengono norme appartenenti a due diversi “repertori” giuridici, uno risalente alla tradizione musulmana, l’altro appartenente alla tradizione giuridica moderna. Questi repertori coesistono, con diversi gradi di conflittualità interna (tra norme dello stesso ordinamento) ed esterna (con la normativa internazionale). Tale conflittualità si sostanzia in un differente grado di effettività che caratterizza alcune norme risalenti al repertorio di diritto musulmano rispetto alle norme appartenenti al repertorio giuridico moderno: esaminando la giurisprudenza, le prime risultano maggiormente applicate rispetto alle seconde e, in caso di conflitto tra le disposizioni, prevale con maggiore frequenza la norma di diritto musulmano, soprattutto in materia di diritto di famiglia e di statuto delle persone. A simili ragioni si affiancano quelle di ordine politico, poiché la prevalenza di un repertorio sull’altro sembra dipendere non tanto da motivazioni di carattere storico-culturale o religioso, ma piuttosto dalle ingerenze che il potere politico esercita al fine di gestire tale interazione. Una riflessione contemporanea sul ruolo dei giudici e sul funzionamento delle strutture giudiziarie offre dunque le coordinate per indagare “dal basso” (dal punto di vista del diritto applicato, delle intromissioni del potere politico e delle esigenze delle società civili) il rapporto tra diritto e potere, tra i diversi poteri dello Stato, la dialettica tra modernità giuridica e tradizione e la netta differenza che separa l’operato dei governi nazionali dalle aspettative e dai valori delle società civili. Alla contrapposizione governo-società civile corrispondono infatti opposti (o, per lo meno, differenti) concezioni della giustizia (sociale, di genere), del diritto e, soprattutto, dei diritti individuali, nonché diversi modi di interpretare l’adesione tanto ai principi religiosi quanto ai canoni della modernità. Inoltre, le concezioni della giustizia e del diritto, il ruolo e le funzioni del giudice, come è fin troppo ovvio sottolineare, sono maturate e profondamente mutate nel corso del tempo, declinando le proprie caratteristiche essenziali in relazione ai vari contesti storici e culturali. Le riflessioni di carattere generale, quindi, al vaglio delle esperienze nazionali statali, si stemperano e si “relativizzano” in una pluralità di percorsi. A tale scopo, nel presente lavoro, figura un’indagine in merito all’esperienza della Tunisia.

Giudici, giustizia e diritto nella tradizione arabo-musulmana

GIOLO, Orsetta
2005

Abstract

I giudici, la giustizia ed il diritto sono alcune tra le componenti fondamentali della civiltà arabo-musulmana e concorrono in modo prioritario a determinarne l’identità e le peculiarità. Indagando attorno all’evoluzione storica di tali concetti e funzioni, ed interrogandosi sulla loro incidenza, in termini ideologici e pratici, nella vita politica e giuridica di questi paesi, si ottiene una visione della tradizione arabo-musulmana assai diversa da quella abitualmente accolta. In particolare, analizzando le modalità di funzionamento della giustizia (quindi, la struttura dell’ordinamento giudiziario, il ruolo del giudice, le relazioni tra magistratura e potere politico), emerge come elemento imprescindibile dell’esperienza giuridica arabo-musulmana moderna il rapporto problematico tra validità ed effettività, e l’aspetto qui rilevante concerne le specifiche ragioni che caratterizzano tale dicotomia. Le motivazioni sono principalmente di ordine giuridico e di ordine politico. Le ragioni giuridiche concernono la costruzione e la struttura degli odierni ordinamenti giuridici arabo-musulmani. Sul piano formale, questi ordinamenti possono essere considerati moderni, in quanto corrispondenti ad una serie di standards (giuridici e giudiziari) stabiliti a livello internazionale. Da un punto di vista sostanziale, essi debbono invece essere considerati “misti”, poiché contengono norme appartenenti a due diversi “repertori” giuridici, uno risalente alla tradizione musulmana, l’altro appartenente alla tradizione giuridica moderna. Questi repertori coesistono, con diversi gradi di conflittualità interna (tra norme dello stesso ordinamento) ed esterna (con la normativa internazionale). Tale conflittualità si sostanzia in un differente grado di effettività che caratterizza alcune norme risalenti al repertorio di diritto musulmano rispetto alle norme appartenenti al repertorio giuridico moderno: esaminando la giurisprudenza, le prime risultano maggiormente applicate rispetto alle seconde e, in caso di conflitto tra le disposizioni, prevale con maggiore frequenza la norma di diritto musulmano, soprattutto in materia di diritto di famiglia e di statuto delle persone. A simili ragioni si affiancano quelle di ordine politico, poiché la prevalenza di un repertorio sull’altro sembra dipendere non tanto da motivazioni di carattere storico-culturale o religioso, ma piuttosto dalle ingerenze che il potere politico esercita al fine di gestire tale interazione. Una riflessione contemporanea sul ruolo dei giudici e sul funzionamento delle strutture giudiziarie offre dunque le coordinate per indagare “dal basso” (dal punto di vista del diritto applicato, delle intromissioni del potere politico e delle esigenze delle società civili) il rapporto tra diritto e potere, tra i diversi poteri dello Stato, la dialettica tra modernità giuridica e tradizione e la netta differenza che separa l’operato dei governi nazionali dalle aspettative e dai valori delle società civili. Alla contrapposizione governo-società civile corrispondono infatti opposti (o, per lo meno, differenti) concezioni della giustizia (sociale, di genere), del diritto e, soprattutto, dei diritti individuali, nonché diversi modi di interpretare l’adesione tanto ai principi religiosi quanto ai canoni della modernità. Inoltre, le concezioni della giustizia e del diritto, il ruolo e le funzioni del giudice, come è fin troppo ovvio sottolineare, sono maturate e profondamente mutate nel corso del tempo, declinando le proprie caratteristiche essenziali in relazione ai vari contesti storici e culturali. Le riflessioni di carattere generale, quindi, al vaglio delle esperienze nazionali statali, si stemperano e si “relativizzano” in una pluralità di percorsi. A tale scopo, nel presente lavoro, figura un’indagine in merito all’esperienza della Tunisia.
2005
9788834854143
diritti; islam; tunisia; donne; pluralismo giuridico
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