Le piccole imprese rappresentano una delle modalità di manifestazione aziendale più diffuse a livello nazionale ed internazionale. In Europa, la piccola impresa costituisce circa il 98% del totale delle imprese e contribuisce al 60-70% dell’occupazione complessiva (Osservatorio Europeo SMEs, 2004). A livello italiano il 98,3% delle imprese hanno meno di 49 addetti. Un ulteriore carattere delle piccole imprese è la presenza di un forte ruolo della famiglia che affianca nella proprietà e nella gestione l’imprenditore. Considerando l’assetto proprietario delle imprese italiane, infatti, si evidenzia come il 78,8% delle imprese, con meno di 50 addetti, abbia una forma proprietaria assoluta o familiare (Esetra2, 2003), confermando i dati dell’International Institute for Management Development . Secondo i dati Cnel (2002), che prendono in considerazione la totalità delle imprese, il peso delle imprese familiari è ancora più rilevante, rappresentando fino al 92% nelle imprese manifatturiere. Al di là delle statistiche, che risentono dei criteri con cui il concetto di impresa familiare è definito, risulta evidente come nelle piccole imprese la sovrapposizione con la famiglia sia una delle caratteristiche qualitative prevalenti, insieme alla centralità dell’imprenditore (Cattaneo, 1963; Montemerlo e Preti, 2006). Queste caratteristiche, se da un lato, possono rappresentare un punto di forza e fonte di vantaggio competitivo per l’impresa, dall’altro, la rendono vulnerabile ad eventi complessi e problematici come il ricambio generazionale. La letteratura evidenza come solo il 30% delle imprese familiari sopravvive nel passaggio tra la prima e la seconda generazionale, mentre solo il 15% sopravvive nel passaggio alla terza (Kets and Vries, 1993; Ward, 1987; Matthews, Moore and Fialko, 1999). Il tasso si sopravvivenza si riduce sostanzialmente nel caso in cui l’impresa familiare sia di piccole dimensioni (Perricone et al., 2001). Proprio la centralità dell’imprenditore è considerata una delle maggiori cause di cessazione e fallimento dei passaggi generazionali (Feltham et al., 2005). L’imprenditore nelle piccole imprese spesso risulta essere la fonte principale delle competenze, capacità e conoscenze su cui è stato costruito il vantaggio competitivo, e la sua sostituzione può causare una perdita di tali elementi intangibili (Wong and Aspinwall, 2004). Malinen (2001), ad esempio, evidenza come uno dei maggiori ostacoli da affrontare nei ricambio generazionali è proprio nella difficoltà di conservare, sviluppare e trasferire la conoscenza dall’imprenditore al successore. Gli imprenditori, grazie alla loro permanenza prolungata all’interno dell’impresa (McConaughty, 2000), svolgono un ruolo determinante nella creazione della cultura aziendale (Schein, 1983). Nonostante la rilevanza riconosciuta dalle statistiche e dalla letteratura alle risorse e competenze distintive delle imprese familiari ed al tema del ricambio generazionale, risultano esserci ampi spazi di sviluppo teorico (Sharma, 2004), particolarmente nel caso delle piccole imprese familiari (Venter et al., 2005). L’assunto di questo lavoro è che il processo di ricambio generazionale nelle piccole imprese familiari possa essere utilmente interpretato e gestito come un processo di trasferimento e creazione di conoscenza attraverso l’interazione sinergica tra l’imprenditore, il successore ed il resto dell’organizzazione. L’obiettivo del presente lavoro è quello di sviluppare un modello concettuale per la gestione della conoscenza nei processi di ricambio generazionale, informato dalla letteratura relativa al Capitale Intellettuale (CI) ed alla gestione della conoscenza. In particolare, si adotterà l’impostazione proposta da Mouritsen (2004), secondo il quale gestire il CI implica la capacità di comprendere i processi di creazione e trasferimento della conoscenza e della sua gestione all’interno dell’economia delle aziende. Il lavoro sarà strutturato come segue: il secondo e terzo paragrafo presentano rispettivamente un’analisi della letteratura relativa al ricambio generazionale nelle imprese familiari ed al CI nelle piccole imprese. Il quarto paragrafo presenta la costruzione concettuale del modello, per procedere alla presentazione delle note metodologiche e dei risultati empirici preliminari. Infine, talune riflessioni sulle implicazioni teoriche e pratiche dell’analisi sono proposte.
La conoscenza alla base del ricambio generazionale nelle piccole imprese familiari: riflessioni teoriche e prime evidenze empiriche
BRACCI, Enrico;VAGNONI, Emidia
2007
Abstract
Le piccole imprese rappresentano una delle modalità di manifestazione aziendale più diffuse a livello nazionale ed internazionale. In Europa, la piccola impresa costituisce circa il 98% del totale delle imprese e contribuisce al 60-70% dell’occupazione complessiva (Osservatorio Europeo SMEs, 2004). A livello italiano il 98,3% delle imprese hanno meno di 49 addetti. Un ulteriore carattere delle piccole imprese è la presenza di un forte ruolo della famiglia che affianca nella proprietà e nella gestione l’imprenditore. Considerando l’assetto proprietario delle imprese italiane, infatti, si evidenzia come il 78,8% delle imprese, con meno di 50 addetti, abbia una forma proprietaria assoluta o familiare (Esetra2, 2003), confermando i dati dell’International Institute for Management Development . Secondo i dati Cnel (2002), che prendono in considerazione la totalità delle imprese, il peso delle imprese familiari è ancora più rilevante, rappresentando fino al 92% nelle imprese manifatturiere. Al di là delle statistiche, che risentono dei criteri con cui il concetto di impresa familiare è definito, risulta evidente come nelle piccole imprese la sovrapposizione con la famiglia sia una delle caratteristiche qualitative prevalenti, insieme alla centralità dell’imprenditore (Cattaneo, 1963; Montemerlo e Preti, 2006). Queste caratteristiche, se da un lato, possono rappresentare un punto di forza e fonte di vantaggio competitivo per l’impresa, dall’altro, la rendono vulnerabile ad eventi complessi e problematici come il ricambio generazionale. La letteratura evidenza come solo il 30% delle imprese familiari sopravvive nel passaggio tra la prima e la seconda generazionale, mentre solo il 15% sopravvive nel passaggio alla terza (Kets and Vries, 1993; Ward, 1987; Matthews, Moore and Fialko, 1999). Il tasso si sopravvivenza si riduce sostanzialmente nel caso in cui l’impresa familiare sia di piccole dimensioni (Perricone et al., 2001). Proprio la centralità dell’imprenditore è considerata una delle maggiori cause di cessazione e fallimento dei passaggi generazionali (Feltham et al., 2005). L’imprenditore nelle piccole imprese spesso risulta essere la fonte principale delle competenze, capacità e conoscenze su cui è stato costruito il vantaggio competitivo, e la sua sostituzione può causare una perdita di tali elementi intangibili (Wong and Aspinwall, 2004). Malinen (2001), ad esempio, evidenza come uno dei maggiori ostacoli da affrontare nei ricambio generazionali è proprio nella difficoltà di conservare, sviluppare e trasferire la conoscenza dall’imprenditore al successore. Gli imprenditori, grazie alla loro permanenza prolungata all’interno dell’impresa (McConaughty, 2000), svolgono un ruolo determinante nella creazione della cultura aziendale (Schein, 1983). Nonostante la rilevanza riconosciuta dalle statistiche e dalla letteratura alle risorse e competenze distintive delle imprese familiari ed al tema del ricambio generazionale, risultano esserci ampi spazi di sviluppo teorico (Sharma, 2004), particolarmente nel caso delle piccole imprese familiari (Venter et al., 2005). L’assunto di questo lavoro è che il processo di ricambio generazionale nelle piccole imprese familiari possa essere utilmente interpretato e gestito come un processo di trasferimento e creazione di conoscenza attraverso l’interazione sinergica tra l’imprenditore, il successore ed il resto dell’organizzazione. L’obiettivo del presente lavoro è quello di sviluppare un modello concettuale per la gestione della conoscenza nei processi di ricambio generazionale, informato dalla letteratura relativa al Capitale Intellettuale (CI) ed alla gestione della conoscenza. In particolare, si adotterà l’impostazione proposta da Mouritsen (2004), secondo il quale gestire il CI implica la capacità di comprendere i processi di creazione e trasferimento della conoscenza e della sua gestione all’interno dell’economia delle aziende. Il lavoro sarà strutturato come segue: il secondo e terzo paragrafo presentano rispettivamente un’analisi della letteratura relativa al ricambio generazionale nelle imprese familiari ed al CI nelle piccole imprese. Il quarto paragrafo presenta la costruzione concettuale del modello, per procedere alla presentazione delle note metodologiche e dei risultati empirici preliminari. Infine, talune riflessioni sulle implicazioni teoriche e pratiche dell’analisi sono proposte.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.