Se la teoria degli atti linguistici di Austin, nellasua proposta originaria e negli sviluppi successivi. ha rivelato un'importanza e un successo indiscussi negli studi dilinguistica pragmatica e di analisi del discorso, il ruolo e lo sviluppo che ha invece avuto negli studi grammaticali,in senso stretto, e per molti aspetti controverso e. comunque,si colloca storicamente nell'arco di un decennio, all'intornoagli anni '70. Parallelamente. l'attenzione che in gran partedelle ricerche sugli atti linguistici viene rivolta a fatti grammaticali e molto spesso rapsodica. Questo fatto può apparire curioso, quando si pensi che questi studi, in cui si affrontano problemi relativi alla natura delle regole e delle convenzioni, che rendono effettive e appropriate le nostre conversazioni, presuppongono quasi sempre una qualche nozione di competenza grammaticale. Non solo,nel proporre e sviluppare ipotesi relative al riconoscimento e all'interpretazione di un atto linguistico, si ha da poter offrire una formulazione del significato letterale di un atto, fornendo quindi unarappresentazione degli indicatori di forza illocutoria descrittivamente adeguata. Invece, l'imprecisione delie descrizioni inguistiche, e, a volte, anche la mancanza di una chiara distinzione tra proprieta grammaticali di un enunciato, daun lato, e proprieta pragmatiche legate al suo proferimento, dall'altro, e tutt'altro che frequente nella letteraturain merito agli atti linguistici. Il fatto cioe che un enunciato con struttura interrogativa possa essere interpretato divolta in volta non solo come una domanda, ma come una richiestadi azione, una esclamazione, o altro, ha contribuito a ingenerare confusione ed equivoci nelle descrizioni linguistiche.Tutto questo spiega, in parte. senza giustificarlo. il prevalere nella letteratura piu recente, di posizioni che, trascurando vieppiu, o negando l'aspetto "letterale" degli atti linguistici,privilegiano soltanto gli aspetti inferenziali e contestualidegli atti linguistici. Invece, descrivere adeguatamente gli indicatori di forzagrammaticali (o i candidati a tale ruolo, al ruolo cioe diquello che attribuisce a un enunciato la sua forza letterale)puo consentire un controllo di (alcune) posizioni e stipulazioni, tra le piu note, sui livelli di rappresentazione degliatti linguistici, anche se, naturalmente. la forza letteraledi un enunciato non esaurisce l'atto in questione. Seguendo una tradizione di ricerca chea ssocia chiaramente proprieta grammaticali a tipi di attilinguistici, verifico per alcune strutture dell'italiano l'adeguatezza descrittiva delle categorie linguistiche più comunemente adottate nella rappresentazione degli indicatori di forza, limitatamente ai performativi primari di un solo tipo di atto linguistico, il domandare relativamente al problema della rappresentazione della forza illocutoria (delle domande). in tanto in quanto e espressa grammaticalmente, prescindendo cioè da come talirappresentazioni siano integrate in altri livelli di rappresentazioni. Spesso ci si limiti a trattare i proolemi aperti da Austin considerando uno solo dei vari indicatori ("il modo") o raggruppandoli "in tipi o modi maggiori".L'osservazione di alcune caratteristiche del modo, come categoria inflessionale del verbo. relativamente alle relazioni fra strutture interrogative e tipi di domande, consente di controllare le basi fattuali, per l'italiano, di queste due forme di rappresentazioni degli indicatori di forza. Cerchero di dimostrare come un approccio (descrittivamente) più adeguato per caratterizzare quelle forme grammaticali dell'italiano, che si correlano alla funzione del domandare, sia quello in cui le descrizioni degli indicatori di forza del domandare siano organizzate intorno a un tipo sintattico canonico (o anche non marcato) che consenta qualche tipo di variazione da quest'ultimo (cfr. Chomsky 1981). La riorganizzazione di alcune descrizioni degli indicatori di forza del domandare come variazioni da un tipo sintattico canonico meglio rende conto di alcune correlazioni di forma e funzione che caratterizzano gli atti di domanda in italiano.

Note su forme grammaticali e atti di domanda in italiano

FAVA, Elisabetta
1987

Abstract

Se la teoria degli atti linguistici di Austin, nellasua proposta originaria e negli sviluppi successivi. ha rivelato un'importanza e un successo indiscussi negli studi dilinguistica pragmatica e di analisi del discorso, il ruolo e lo sviluppo che ha invece avuto negli studi grammaticali,in senso stretto, e per molti aspetti controverso e. comunque,si colloca storicamente nell'arco di un decennio, all'intornoagli anni '70. Parallelamente. l'attenzione che in gran partedelle ricerche sugli atti linguistici viene rivolta a fatti grammaticali e molto spesso rapsodica. Questo fatto può apparire curioso, quando si pensi che questi studi, in cui si affrontano problemi relativi alla natura delle regole e delle convenzioni, che rendono effettive e appropriate le nostre conversazioni, presuppongono quasi sempre una qualche nozione di competenza grammaticale. Non solo,nel proporre e sviluppare ipotesi relative al riconoscimento e all'interpretazione di un atto linguistico, si ha da poter offrire una formulazione del significato letterale di un atto, fornendo quindi unarappresentazione degli indicatori di forza illocutoria descrittivamente adeguata. Invece, l'imprecisione delie descrizioni inguistiche, e, a volte, anche la mancanza di una chiara distinzione tra proprieta grammaticali di un enunciato, daun lato, e proprieta pragmatiche legate al suo proferimento, dall'altro, e tutt'altro che frequente nella letteraturain merito agli atti linguistici. Il fatto cioe che un enunciato con struttura interrogativa possa essere interpretato divolta in volta non solo come una domanda, ma come una richiestadi azione, una esclamazione, o altro, ha contribuito a ingenerare confusione ed equivoci nelle descrizioni linguistiche.Tutto questo spiega, in parte. senza giustificarlo. il prevalere nella letteratura piu recente, di posizioni che, trascurando vieppiu, o negando l'aspetto "letterale" degli atti linguistici,privilegiano soltanto gli aspetti inferenziali e contestualidegli atti linguistici. Invece, descrivere adeguatamente gli indicatori di forzagrammaticali (o i candidati a tale ruolo, al ruolo cioe diquello che attribuisce a un enunciato la sua forza letterale)puo consentire un controllo di (alcune) posizioni e stipulazioni, tra le piu note, sui livelli di rappresentazione degliatti linguistici, anche se, naturalmente. la forza letteraledi un enunciato non esaurisce l'atto in questione. Seguendo una tradizione di ricerca chea ssocia chiaramente proprieta grammaticali a tipi di attilinguistici, verifico per alcune strutture dell'italiano l'adeguatezza descrittiva delle categorie linguistiche più comunemente adottate nella rappresentazione degli indicatori di forza, limitatamente ai performativi primari di un solo tipo di atto linguistico, il domandare relativamente al problema della rappresentazione della forza illocutoria (delle domande). in tanto in quanto e espressa grammaticalmente, prescindendo cioè da come talirappresentazioni siano integrate in altri livelli di rappresentazioni. Spesso ci si limiti a trattare i proolemi aperti da Austin considerando uno solo dei vari indicatori ("il modo") o raggruppandoli "in tipi o modi maggiori".L'osservazione di alcune caratteristiche del modo, come categoria inflessionale del verbo. relativamente alle relazioni fra strutture interrogative e tipi di domande, consente di controllare le basi fattuali, per l'italiano, di queste due forme di rappresentazioni degli indicatori di forza. Cerchero di dimostrare come un approccio (descrittivamente) più adeguato per caratterizzare quelle forme grammaticali dell'italiano, che si correlano alla funzione del domandare, sia quello in cui le descrizioni degli indicatori di forza del domandare siano organizzate intorno a un tipo sintattico canonico (o anche non marcato) che consenta qualche tipo di variazione da quest'ultimo (cfr. Chomsky 1981). La riorganizzazione di alcune descrizioni degli indicatori di forza del domandare come variazioni da un tipo sintattico canonico meglio rende conto di alcune correlazioni di forma e funzione che caratterizzano gli atti di domanda in italiano.
1987
Fava, Elisabetta
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