Sono trascorsi ormai sette anni da quando, a mezzo della legge 14 luglio 2017, n. 110, il delitto di tortura è stato inserito nel nostro ordinamento, all’apposito art. 613 bis c.p. In quella occasione, il Parlamento aveva finalmente provveduto ad attuare risalenti obblighi di incriminazione che derivavano da tre diverse sorgenti principali. In primo luogo, l’art. 13 Cost., il quale, laddove sancisce il divieto di violenze fisiche e morali sugli individui privati della libertà personale, rappresenta notoriamente l’unico esplicito dovere di punizione in Costituzione. In secondo luogo, la Convenzione contro la tortura dell’ONU del 1984, a ciò eminentemente dedicata, ratificata dall’Italia con legge 3 novembre 1988, n. 498. In terzo luogo, l’art. 3 CEDU, il quale, vietando tortura e trattamenti inumani o degradanti, impone precipui obblighi positivi di tutela penale. Proprio l’attivismo dei giudici di Strasburgo, che hanno condannato il nostro Paese in alcuni celebri leading cases, era stato salutato come la causa scatenante nel processo maieutico della fattispecie in esame o quantomeno come quella acceleratrice nella fase di approvazione della legge n. 110/2017. In considerazione della rilevanza preponderante di quest’ultimo fattore nella genesi dell’art. 613 bis c.p., in apertura, si ripercorrerà il significato della pretesa di punizione della tortura e dei trattamenti inumani o degradanti nella giurisprudenza dei giudici di Strasburgo. Successivamente, allo scopo di verificare l’adeguatezza delle scelte operate dal Parlamento per soddisfare le positive obligations, verrà analizzata la fattispecie codicistica, anche alla luce dei pronunciamenti della Corte di cassazione. Particolare attenzione verrà dedicata alla controversa qualificazione giuridica del primo capoverso dell’art. 613 bis c.p., volto a incriminare la tortura c.d. pubblica. Da ultimo, si cercherà di comprendere se tale fattispecie rappresenta una risposta adeguata alle richieste sanzionatorie derivanti dalla CEDU e si tratteranno delle proposte di riforma.
L’art. 613 bis c.p. e gli obblighi positivi di tutela penale nella CEDU. Sulla identità autonoma o circostanziale della tortura c.d. pubblica
Gianmarco Bondi
2024
Abstract
Sono trascorsi ormai sette anni da quando, a mezzo della legge 14 luglio 2017, n. 110, il delitto di tortura è stato inserito nel nostro ordinamento, all’apposito art. 613 bis c.p. In quella occasione, il Parlamento aveva finalmente provveduto ad attuare risalenti obblighi di incriminazione che derivavano da tre diverse sorgenti principali. In primo luogo, l’art. 13 Cost., il quale, laddove sancisce il divieto di violenze fisiche e morali sugli individui privati della libertà personale, rappresenta notoriamente l’unico esplicito dovere di punizione in Costituzione. In secondo luogo, la Convenzione contro la tortura dell’ONU del 1984, a ciò eminentemente dedicata, ratificata dall’Italia con legge 3 novembre 1988, n. 498. In terzo luogo, l’art. 3 CEDU, il quale, vietando tortura e trattamenti inumani o degradanti, impone precipui obblighi positivi di tutela penale. Proprio l’attivismo dei giudici di Strasburgo, che hanno condannato il nostro Paese in alcuni celebri leading cases, era stato salutato come la causa scatenante nel processo maieutico della fattispecie in esame o quantomeno come quella acceleratrice nella fase di approvazione della legge n. 110/2017. In considerazione della rilevanza preponderante di quest’ultimo fattore nella genesi dell’art. 613 bis c.p., in apertura, si ripercorrerà il significato della pretesa di punizione della tortura e dei trattamenti inumani o degradanti nella giurisprudenza dei giudici di Strasburgo. Successivamente, allo scopo di verificare l’adeguatezza delle scelte operate dal Parlamento per soddisfare le positive obligations, verrà analizzata la fattispecie codicistica, anche alla luce dei pronunciamenti della Corte di cassazione. Particolare attenzione verrà dedicata alla controversa qualificazione giuridica del primo capoverso dell’art. 613 bis c.p., volto a incriminare la tortura c.d. pubblica. Da ultimo, si cercherà di comprendere se tale fattispecie rappresenta una risposta adeguata alle richieste sanzionatorie derivanti dalla CEDU e si tratteranno delle proposte di riforma.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.