Paradigma andino no pluriverso: sementes para os caminhos da biodiversidade e dos conhecimentos rivais no direito ambiental internacional

Based on an interrelation between the levels of analysis of cases of interculturality occurred at the local and international levels, the objective was initially to answer, regarding the hegemonic paradigm for the rights of sociobiodiversity, whether its objective is the assessment and conservation of biodiversity only for the purposes of accessing genetic heritage and the traditional knowledges associated with it - based on a mere dialogue of knowledges and an abyssal science - or if its purpose would be the realization of an ecology of knowledges through a post-abyssal science. Based on the answer obtained, alternatives were thought up that could illuminate the paths of biodiversity and rival knowledges (biotechnological versus non-scientific). The deconstructive and reconstructive work took place through the use of the epistemologies of the South. The contribution given by the notion of the Andean paradigm in the pluriverse was fundamental. By not considering the Andean paradigm in isolation because similar meanings exist in other cultures, it was possible to think about it in the light of the inexhaustible epistemological diversity of the world. It was added to this the need for the ecology of knowledges, whose main tool is intercultural translation. This method allowed to reveal that the hegemonic environmental discourse, despite the existing openness to it, does not effectively harbour values that make up the existing cultural diversity, but rather is composed predominantly of conceptions in relation to which it is possible to identify a localism, this being then universalized. The epistemologies of the South provided intercultural and counter-hegemonic possibilities for confronting the issue. The inputs of legal anthropology also contributed fundamentally due to the importance given by it to interculturality and to the decentering of the legal-institutional experience and of Western categories. It is understood, anchored in the epistemologies of the South, that the Andean paradigm, despite the vicissitudes that it had in its contexts of origin, in terms of its constituent phase represents a historical, political, legal and cultural example of an attempt to eliminate the abyssal line, therefore, paradigmatic. With regard to its post-constituent phase, it represents a precious lesson-learned which can be used in other contexts, including international ones, such as the one faced in the thesis, related to the rights of sociobiodiversity. Apprehended as a renovator and diversifier of concrete utopias, the important sense of ruin-seed is visualized in it. Apprehended in this revived way, its contribution lies in its character not limited to possibilism, but rather, expandatory of the horizon of possibilities, which can help to realize concrete alternatives. That destabilize already negative answers to the question if international environmental law can be emancipatory on both sides of the abyssal line. Not being limited to a given possibilism, and therefore thinking about alternatives, the indispensability of strengthening counter-hegemonic globalization via subaltern cosmopolitanism was underlined. Since the term was not created as a legal strategy, but as a political strategy that encompasses a legal component. Having the paradigm thus conceived allowed to present, at the end of the thesis, a way of seeking changes in the hegemonic environmental discourse, specifically designed for the socio-environmental reality of Latin America. That can also influence the ecological construction of a post-abyssal international environmental law, based on an intercultural conception of law and politics, which leads to more equitable levels of global cognitive justice and, consequently, of socio-environmental justice.

Sulla base di un'interrelazione tra i livelli di analisi di casi di interculturalità verificati in ambito locale e internazionale, l'obiettivo è stato inizialmente di rispondere, in merito al paradigma egemonico per i diritti della sociobiodiversità, se il suo obiettivo sia la valutazione e la conservazione della biodiversità solo per le finalità di accesso al patrimonio genetico e ai conoscenze tradizionali ad esso associati - basato su un mero dialogo di saperi e una scienza abissale - o se il suo scopo sarebbe la realizzazione di un'ecologia dei saperi attraverso una scienza post-abissale. Sulla base della risposta ottenuta sono state pensate delle alternative che potessero illuminare i percorsi della biodiversità e delle conoscenze rivali (biotecnologiche vs non scientifiche). Il lavoro decostruttivo e ricostruttivo è avvenuto attraverso l'uso delle epistemologie del Sud. Fondamentale è stato il contributo dato dalla nozione di paradigma andino nel pluriverso. Non considerando isolatamente il paradigma andino perché esistono significati simili in altre culture, è stato possibile pensarlo alla luce dell'inesauribile diversità epistemologica del mondo. A questo è stato aggiunto la necessità dell'ecologia dei saperi, il cui strumento principale è la traduzione interculturale. Questo metodo ha rivelato che il discorso ambientale egemonico, nonostante l'apertura esistente, non alberga effettivamente valori che compongono la diversità culturale del mondo, ma piuttosto è composto prevalentemente da concezioni in relazione alle quali è possibile identificare un localismo, essendo questo poi universalizzato. Le epistemologie del Sud fornirono possibilità interculturali e controegemoniche per affrontare la questione. Anche i contributi dell'antropologia giuridica hanno contribuito in modo fondamentale per l'importanza da essa attribuita all'interculturalità e al decentramento dell'esperienza giuridico-istituzionale e delle categorie occidentali. Resta inteso, ancorato alle epistemologie del Sud, che il paradigma andino, nonostante le vicissitudini che ha avuto nei suoi contesti di origine, per quanto riguarda la sua fase costituente, rappresenta un esempio storico, politico, giuridico e culturale di un tentativo di eliminare la linea abissale, quindi paradigmatico. Per quanto riguarda la sua fase post-costituente, rappresenta una preziosa lezione appresa che può essere utilizzata in altri contesti, anche internazionali, come quello affrontato nella tesi, relativo ai diritti della sociobiodiversità. Appreso come restauratore e diversificatore di utopie concrete, in lui viene visualizzato l'importante senso di rovina-seme. Compreso in questo modo ravvivato, il suo contributo sta nel suo carattere non limitato al possibilismo, ma piuttosto espansivo dell'orizzonte delle possibilità, che può aiutare a realizzare alternative concrete. Che destabilizzano le risposte già a priori negative alla domanda se il diritto ambientale internazionale può essere emancipatorio su entrambi i lati della linea abissale. Non limitandosi a una dato possibilismo, e quindi pensando ad alternative, è stata sottolineata l'indispensabilità di rafforzare la globalizzazione controegemonica attraverso il cosmopolitismo subalterno. Perche questo concetto non è stato creato come una strategia giuridica, ma come una strategia politica che comprende una componente giuridica. Il paradigma così concepito ha permesso di presentare, al termine della tesi, un modo per cercare cambiamenti nel discorso ambientale egemonico, specificamente concepito per la realtà socio-ambientale dell'America Latina. Che possa anche influenzare la costruzione ecologica di un diritto ambientale internazionale post-abissale, basato su una concezione interculturale del diritto e della politica, che porti a livelli più equi di giustizia cognitiva globale e, di conseguenza, di giustizia socio-ambientale.