Nell'agosto del 1488 Giovannantonio di Giuliano, personaggio della cancelleria del Magnifico a Roma, segnala a Lorenzo il ritrovamento di alcune anticaglie durante i lavori che si andavano eseguendo nell'area di Ostia e che quando si era proceduto allo scavo del "fosso d'Ostia" era stato rinvenuto "“uno navilio chiovato tucto di chiovi di rame”. Il cancelliere aveva provveduto a d inviare a Firenze due ritratti in marmo, recentemente riconosciuti da L. Beschi e da K. Fittschen, e allegati alla lettera due chiodi del naviglio. Per quanto questi chiodi non compaiano nell'inventario dei beni di Lorenzo redatto dopo la sua morte, pure dovettero molto attrarre il Magnifico, sia per il coté antiquario e le prescrizioni date nel De re militari di Vegezio, sia per il ricordo con i chiodi analoghi delle nvi di Nemi, noti a Lorenzo grazie alla descrizione fattane da Leon Battista Alberti nel suo De re aedifichitaria. Connessi nella seconda metà del Quattrocento con la figura di Traiano, questi chiodi ostiensi entrano a pieno titolo nel paradigma ideologico che Lorenzo andava in quegli anni costruendo. Una figura centrale nell’ideologia laurenziana che andava progressivamente trascolorando da quella dell’optimus civis a quella dell’optimus princeps e che, con il recupero da parte del Poliziano del Liber Coloniarum e il conseguente De Civitatis Florentinae origineove la tradizione della fondazione della città in età triunvirale virava sulle origini imperiali di Firenze, faceva perno su un passato esemplare scandito nel nome di alcuni nobiles viri, Cesare, Augusto e Traiano, le virtù dei quali trovavano ora nuova identità in Lorenzo e nel suo programma politico.
Resti di relitti antichi nel Tesoro di Lorenzo il Magnifico
Bruni Stefano
Primo
2022
Abstract
Nell'agosto del 1488 Giovannantonio di Giuliano, personaggio della cancelleria del Magnifico a Roma, segnala a Lorenzo il ritrovamento di alcune anticaglie durante i lavori che si andavano eseguendo nell'area di Ostia e che quando si era proceduto allo scavo del "fosso d'Ostia" era stato rinvenuto "“uno navilio chiovato tucto di chiovi di rame”. Il cancelliere aveva provveduto a d inviare a Firenze due ritratti in marmo, recentemente riconosciuti da L. Beschi e da K. Fittschen, e allegati alla lettera due chiodi del naviglio. Per quanto questi chiodi non compaiano nell'inventario dei beni di Lorenzo redatto dopo la sua morte, pure dovettero molto attrarre il Magnifico, sia per il coté antiquario e le prescrizioni date nel De re militari di Vegezio, sia per il ricordo con i chiodi analoghi delle nvi di Nemi, noti a Lorenzo grazie alla descrizione fattane da Leon Battista Alberti nel suo De re aedifichitaria. Connessi nella seconda metà del Quattrocento con la figura di Traiano, questi chiodi ostiensi entrano a pieno titolo nel paradigma ideologico che Lorenzo andava in quegli anni costruendo. Una figura centrale nell’ideologia laurenziana che andava progressivamente trascolorando da quella dell’optimus civis a quella dell’optimus princeps e che, con il recupero da parte del Poliziano del Liber Coloniarum e il conseguente De Civitatis Florentinae origineove la tradizione della fondazione della città in età triunvirale virava sulle origini imperiali di Firenze, faceva perno su un passato esemplare scandito nel nome di alcuni nobiles viri, Cesare, Augusto e Traiano, le virtù dei quali trovavano ora nuova identità in Lorenzo e nel suo programma politico.File | Dimensione | Formato | |
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