È noto come il modulo della ripetizione, differentemente da quanto accade per lafacoltà linguistica propriamente detta, sia una proprietà strutturale fondante e di -stintiva della musica (cfr. Kivy 1993: 327-329; Margulis 2013). Nelle lingue naturali,salvo casi di insorgenza di DSL o altre condizioni patologiche, la ripetizione parrebbeinfatti essere associata alla disambiguazione o alla corretta segmentazione degli ele-menti costitutivi di uno o più enunciati ritenuti contestualmente salienti (Margulis 2013). In altri termini, nel linguaggio umano non esisterebbero equivalenti funzio-nali della bipartizione musicale fra ripetizione ‘musematica’ (che coinvolge singolecellule melodiche portanti, come il call and response o il formato-riff) e ripetizione‘discorsiva’ (che coinvolge unità sintagmatiche più complesse quali, ad esempio, lehead jazzistiche o il soggetto delle fughe), distinzione originariamente introdotta inMiddleton (1983: 238).Nel corso del XX secolo, con l’avvento di nuove correnti musicali la cui ricercasperimentale si fondava su un affrancamento più o meno netto dal classico modellotonale occidentale, l’utilizzo estensivo della ripetizione o, al contrario, la sua assenzaprogrammatica sono incorsi in processi di risignificazione che oltrepassano i limitidella mera funzione strutturale.2 Il presente contributo si propone di estendere ildibattito critico ad un territorio liminale tra musica colta e popolare, tra plunder-phonics3 e radici sintetiche: nello specifico, intende sondare possibilità e limitazionidi un ampliamento dell’approccio generativo di Lerdahl/Jackendoff (1983) all’ultimafase dell’opera di The Caretaker e, in particolare, al ruolo concettuale assunto da ri-petizione e variazione nell’esalogia Everywhere at the End of Time (2016-2019, d’orain avanti EATEOT).L’articolo è suddiviso come di seguito. La seconda sezione (§2) discute l’appa-rato filosofico-concettuale che ispira il progetto di The Caretaker, con particolareriferimento alla connessione con i cosiddetti scritti "hauntologici" di Mark Fisher(1968-2017). La terza sezione, muovendo da un’esposizione essenziale dei parametridescrittivi della Generative Theory of Tonal Music (d’ora in avanti GTTM), si focalizzasulla problematizzazione di preesistenti proposte di estensione dell’approccio gene-rativo standard ai numerosi elementi sovrastrutturali, post-tonali nell’accezione diBaroni (2010), che caratterizzano le composizioni di The Caretaker (§3.1): come ar-gomentato, ad assumere una valenza particolare sono gli stessi moduli di ripetizionee variazione che, lontani dal ricoprire le funzioni tipicamente assegnate nel sistematonale, si avvicinano piuttosto ai parametri estetico-stilistici stipulati da alcune fra le più importanti scuole di sperimentazione elettronica sorte fra anni ’80 e ’90, glitch eminimal techno in testa (§3.2).4 Nell’ultima sezione (§4) vengono tratte le conclusioni.
Ripetizioni antimnemoniche e variazioni hauntologiche nell'ultimo The Caretaker
Dario Del Fante
Co-primo
2023
Abstract
È noto come il modulo della ripetizione, differentemente da quanto accade per lafacoltà linguistica propriamente detta, sia una proprietà strutturale fondante e di -stintiva della musica (cfr. Kivy 1993: 327-329; Margulis 2013). Nelle lingue naturali,salvo casi di insorgenza di DSL o altre condizioni patologiche, la ripetizione parrebbeinfatti essere associata alla disambiguazione o alla corretta segmentazione degli ele-menti costitutivi di uno o più enunciati ritenuti contestualmente salienti (Margulis 2013). In altri termini, nel linguaggio umano non esisterebbero equivalenti funzio-nali della bipartizione musicale fra ripetizione ‘musematica’ (che coinvolge singolecellule melodiche portanti, come il call and response o il formato-riff) e ripetizione‘discorsiva’ (che coinvolge unità sintagmatiche più complesse quali, ad esempio, lehead jazzistiche o il soggetto delle fughe), distinzione originariamente introdotta inMiddleton (1983: 238).Nel corso del XX secolo, con l’avvento di nuove correnti musicali la cui ricercasperimentale si fondava su un affrancamento più o meno netto dal classico modellotonale occidentale, l’utilizzo estensivo della ripetizione o, al contrario, la sua assenzaprogrammatica sono incorsi in processi di risignificazione che oltrepassano i limitidella mera funzione strutturale.2 Il presente contributo si propone di estendere ildibattito critico ad un territorio liminale tra musica colta e popolare, tra plunder-phonics3 e radici sintetiche: nello specifico, intende sondare possibilità e limitazionidi un ampliamento dell’approccio generativo di Lerdahl/Jackendoff (1983) all’ultimafase dell’opera di The Caretaker e, in particolare, al ruolo concettuale assunto da ri-petizione e variazione nell’esalogia Everywhere at the End of Time (2016-2019, d’orain avanti EATEOT).L’articolo è suddiviso come di seguito. La seconda sezione (§2) discute l’appa-rato filosofico-concettuale che ispira il progetto di The Caretaker, con particolareriferimento alla connessione con i cosiddetti scritti "hauntologici" di Mark Fisher(1968-2017). La terza sezione, muovendo da un’esposizione essenziale dei parametridescrittivi della Generative Theory of Tonal Music (d’ora in avanti GTTM), si focalizzasulla problematizzazione di preesistenti proposte di estensione dell’approccio gene-rativo standard ai numerosi elementi sovrastrutturali, post-tonali nell’accezione diBaroni (2010), che caratterizzano le composizioni di The Caretaker (§3.1): come ar-gomentato, ad assumere una valenza particolare sono gli stessi moduli di ripetizionee variazione che, lontani dal ricoprire le funzioni tipicamente assegnate nel sistematonale, si avvicinano piuttosto ai parametri estetico-stilistici stipulati da alcune fra le più importanti scuole di sperimentazione elettronica sorte fra anni ’80 e ’90, glitch eminimal techno in testa (§3.2).4 Nell’ultima sezione (§4) vengono tratte le conclusioni.File | Dimensione | Formato | |
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