Dopo le nuove varietà vegetali, marchi di origine e indicazioni geografiche dei prodotti ali- mentari – trattati nel capitolo 5 – questo capitolo avrà come filo conduttore i beni immateriali collegati alla produzione alimentare industriale. La possibilità di brevettare nuovi alimenti, nuove ricette, nuovi metodi di lavorazione, e via enume- rando, ha riflessi contabili e fiscali precisi con ricadute importanti anche su regimi premiali per la ricerca e l’innovazione, come vedremo nel corso del capitolo. C’è anche la possibilità di accedere a finanziamenti (pubblici, europei soprattutto) per lo sviluppo di intangibili. Più strutturale è il tema della gestione fiscale dei valori iscritti in bilancio come beni immateriali, con le relative possibilità di deduzione fiscale accelerata da coordinare con la regola del previo passaggio a conto economico dei costi. Si tratta di un tema generale, interessante in tutti i settori d’impresa, cui saranno dedicati alcuni paragrafi del capitolo. Il contributo si sofferma poi sulla significativa attività di ricerca e innovazione industriale che caratterizza il settore alimentare. Appare molto interessante in questo contesto la disposizione fiscale dell’art. 108, comma 3 Tuir, che può essere letta nella prospettiva di cogliere gli output dell’innovazione, senza dupli- care deduzioni e al tempo stesso preservando costi fiscalmente riconosciuti non ancora “spesi” sul piano del reddito imponibile. Per comprendere appieno il significato della disposizione fiscale occorre fare una digressione sul concetto di immobilizzazione in corso, che ha un ruolo significativo per il tema trattato. Di regola, la ricerca innovativa nella maggior parte dei settori d’impresa, compreso quello alimentare, è trattata però dal lato degli input, nell’aggregato spese di ricerca e sviluppo, più che da quello degli output. Insomma, i costi spesso non vengono isolati come tali e capitalizzati, ma trattati insieme agli altri costi di periodo; e confluiscono in una voce complessiva che non porta a identificare la capacità innovativa delle imprese, al di là di quanto possa fare la semplice evidenziazione delle spese di R&S. Le interrelazioni fra diritto industriale, tributario e contabile, possono in questo senso migliorare l’informativa di bilancio su investimenti duraturi, talvolta veri e propri fattori industriali distintivi, valorizzando ed esprimendo al meglio l’innovazione e i beni immateriali delle imprese del settore.

Beni immateriali e innovazione nell’industria alimentare

francesco crovato
2021

Abstract

Dopo le nuove varietà vegetali, marchi di origine e indicazioni geografiche dei prodotti ali- mentari – trattati nel capitolo 5 – questo capitolo avrà come filo conduttore i beni immateriali collegati alla produzione alimentare industriale. La possibilità di brevettare nuovi alimenti, nuove ricette, nuovi metodi di lavorazione, e via enume- rando, ha riflessi contabili e fiscali precisi con ricadute importanti anche su regimi premiali per la ricerca e l’innovazione, come vedremo nel corso del capitolo. C’è anche la possibilità di accedere a finanziamenti (pubblici, europei soprattutto) per lo sviluppo di intangibili. Più strutturale è il tema della gestione fiscale dei valori iscritti in bilancio come beni immateriali, con le relative possibilità di deduzione fiscale accelerata da coordinare con la regola del previo passaggio a conto economico dei costi. Si tratta di un tema generale, interessante in tutti i settori d’impresa, cui saranno dedicati alcuni paragrafi del capitolo. Il contributo si sofferma poi sulla significativa attività di ricerca e innovazione industriale che caratterizza il settore alimentare. Appare molto interessante in questo contesto la disposizione fiscale dell’art. 108, comma 3 Tuir, che può essere letta nella prospettiva di cogliere gli output dell’innovazione, senza dupli- care deduzioni e al tempo stesso preservando costi fiscalmente riconosciuti non ancora “spesi” sul piano del reddito imponibile. Per comprendere appieno il significato della disposizione fiscale occorre fare una digressione sul concetto di immobilizzazione in corso, che ha un ruolo significativo per il tema trattato. Di regola, la ricerca innovativa nella maggior parte dei settori d’impresa, compreso quello alimentare, è trattata però dal lato degli input, nell’aggregato spese di ricerca e sviluppo, più che da quello degli output. Insomma, i costi spesso non vengono isolati come tali e capitalizzati, ma trattati insieme agli altri costi di periodo; e confluiscono in una voce complessiva che non porta a identificare la capacità innovativa delle imprese, al di là di quanto possa fare la semplice evidenziazione delle spese di R&S. Le interrelazioni fra diritto industriale, tributario e contabile, possono in questo senso migliorare l’informativa di bilancio su investimenti duraturi, talvolta veri e propri fattori industriali distintivi, valorizzando ed esprimendo al meglio l’innovazione e i beni immateriali delle imprese del settore.
2021
9788891649966
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