La pandemia che colpisce duramente le relazioni e compromette il rapporto della soggettività con l’esteriorità, apre a riflessioni sul vivere e l’abitare le nostre case, realizzate con riferimento a modelli oggi inadeguati. Lo smart working ha rivelato come gli spazi delle abitazioni, in particolare di edilizia sociale, non consentono un uso contemporaneo vita-lavoro. La ricerca continua dell’efficientamento comporta una sorta di sterilizzazione rispetto al contesto, una mancanza di rapporto fra interno ed esterno, di quegli spazi soglia, presenti nel passato, che relazionavano l’abitato più intimo con l’alterità. A questi elementi si aggiunge un cambio di approccio alla conoscenza, che transita da un paradigma scientifico che procede per metodi di semplificazione (Le Corbusier: il principio del determinismo universale; Mies Van der Rhoe: il principio di disgiunzione; Aldo Rossi: quello di riduzione) ad uno più complesso adatto ad una società in metabolico mutamento. E’ insufficiente allora, la logica disgiuntiva cartesiana, che separa e decontestualizza, occorre invece concepire il progetto non solo come giustapposizione o somma delle parti, ma anche come sistema inclusivo, intriso di legami, diversità, trasversalità e adattamento. Il progetto dell’abitazione sociale, realizzato dagli anni ‘60 ai ’90, necessita di una rilettura attraverso l’utilizzo di nuovi strumenti adatti alla complessità, che come agenti catalitici, innescano reazioni, attivano processi di risignificazione, favorendo una “sovrascrittura sintagmatica” ecosistemica, per una nuova identità sociale e architettonica. Strumenti che nella loro identità costitutiva, contribuiscono al cambiamento e alla co-produzione delle condizioni di reciprocità con l’esistente, in cui l’architettura assume una dimensione evolutiva. Ne risulta una nuova forma de-sterilizzata e mutata, non solo esito di un atto creativo ma risultato adattivo di un intreccio processuale multi-relazionale che l’ha originata e conformata.
De-sterilizzare il patrimonio edilizio sociale residenziale
alessandro gaiani
Primo
2022
Abstract
La pandemia che colpisce duramente le relazioni e compromette il rapporto della soggettività con l’esteriorità, apre a riflessioni sul vivere e l’abitare le nostre case, realizzate con riferimento a modelli oggi inadeguati. Lo smart working ha rivelato come gli spazi delle abitazioni, in particolare di edilizia sociale, non consentono un uso contemporaneo vita-lavoro. La ricerca continua dell’efficientamento comporta una sorta di sterilizzazione rispetto al contesto, una mancanza di rapporto fra interno ed esterno, di quegli spazi soglia, presenti nel passato, che relazionavano l’abitato più intimo con l’alterità. A questi elementi si aggiunge un cambio di approccio alla conoscenza, che transita da un paradigma scientifico che procede per metodi di semplificazione (Le Corbusier: il principio del determinismo universale; Mies Van der Rhoe: il principio di disgiunzione; Aldo Rossi: quello di riduzione) ad uno più complesso adatto ad una società in metabolico mutamento. E’ insufficiente allora, la logica disgiuntiva cartesiana, che separa e decontestualizza, occorre invece concepire il progetto non solo come giustapposizione o somma delle parti, ma anche come sistema inclusivo, intriso di legami, diversità, trasversalità e adattamento. Il progetto dell’abitazione sociale, realizzato dagli anni ‘60 ai ’90, necessita di una rilettura attraverso l’utilizzo di nuovi strumenti adatti alla complessità, che come agenti catalitici, innescano reazioni, attivano processi di risignificazione, favorendo una “sovrascrittura sintagmatica” ecosistemica, per una nuova identità sociale e architettonica. Strumenti che nella loro identità costitutiva, contribuiscono al cambiamento e alla co-produzione delle condizioni di reciprocità con l’esistente, in cui l’architettura assume una dimensione evolutiva. Ne risulta una nuova forma de-sterilizzata e mutata, non solo esito di un atto creativo ma risultato adattivo di un intreccio processuale multi-relazionale che l’ha originata e conformata.File | Dimensione | Formato | |
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