Adottando un approccio sperimentale utilizzando i dati giornalieri dei casi positivi COVID-19 forniti dalla Protezione Civile, registrati in due province confinanti (Brescia e Verona) durante il periodo della prima ondata di diffusione del virus in Italia (tra il 24 febbraio 2020 e il 23 giugno 2020). Queste due province sono simili per diverse caratteristiche demografiche, geografiche e socio-economiche, come la quota di anziani sul totale della popolazione residente, il valore aggiunto pro capite, la densità e la popolazione residente; ma con la differenza di appartenere a due regioni diverse. La scelta di confrontare una provincia veneta con una lombarda è stata inoltre guidata dal fatto che livelli di diffusione dei casi positivi sono stati simili nel mese di febbraio 2020 e che in entrambe le regioni, quasi contemporaneamente, si sono sviluppati i primi focolai in Italia: Castiglione d’Adda e Codogno in Lombardia; Vo’ Euganeo in Veneto. Il governatore della Regione Veneto nella giornata del 8 marzo 2020 ha annunciato un piano che prevedeva un utilizzo diffuso dei tamponi per il tracciamento della diffusione del virus insieme all’attivazione di una piattaforma digitale di bio-sorveglianza per poter analizzare in tempo reale la grande mole di informazioni proveniente dai test. Nella vicina regione Lombardia questa politica non è stata adottata. Tra l’8 marzo e il 23 giugno infatti i tamponi ogni mille abitanti effettuati nella regione Veneto sono passati da 3 a 80, mentre nella regione Lombardia, nello stesso arco temporale, sono aumentati solamente da 2 a 58. Abbiamo quindi confrontato la diffusione della pandemia tra le province di Brescia e Verona, prima e dopo l’annuncio di questa politica da parte del governatore del Veneto (8 marzo). In particolare abbiamo implementato un’analisi event study dove la variabile dipendente utilizzata è il numero giornaliero di positivi al COVID-19 per 10.000 abitanti e come variabili indipendenti una dummy per ogni giorno, escludendo quella del giorno prima dell’evento, moltiplicata per una dummy che invece indica la provincia trattata, che è quella veneta. Quanto emerge da questa prima analisi empirica è che la diffusione dei tamponi combinata con un’analisi efficace dei risultati dei test sembra essere stata uno strumento utile che ha contribuito significativamente alla lotta contro la diffusione della pandemia.
Tamponi e big-data, quali effetti sulla diffusione del COVID-19?
Massimiliano Ferraresi
Primo
;Giuseppe MigaliSecondo
;Leonzio RizzoPenultimo
;Riccardo SecomandiUltimo
2021
Abstract
Adottando un approccio sperimentale utilizzando i dati giornalieri dei casi positivi COVID-19 forniti dalla Protezione Civile, registrati in due province confinanti (Brescia e Verona) durante il periodo della prima ondata di diffusione del virus in Italia (tra il 24 febbraio 2020 e il 23 giugno 2020). Queste due province sono simili per diverse caratteristiche demografiche, geografiche e socio-economiche, come la quota di anziani sul totale della popolazione residente, il valore aggiunto pro capite, la densità e la popolazione residente; ma con la differenza di appartenere a due regioni diverse. La scelta di confrontare una provincia veneta con una lombarda è stata inoltre guidata dal fatto che livelli di diffusione dei casi positivi sono stati simili nel mese di febbraio 2020 e che in entrambe le regioni, quasi contemporaneamente, si sono sviluppati i primi focolai in Italia: Castiglione d’Adda e Codogno in Lombardia; Vo’ Euganeo in Veneto. Il governatore della Regione Veneto nella giornata del 8 marzo 2020 ha annunciato un piano che prevedeva un utilizzo diffuso dei tamponi per il tracciamento della diffusione del virus insieme all’attivazione di una piattaforma digitale di bio-sorveglianza per poter analizzare in tempo reale la grande mole di informazioni proveniente dai test. Nella vicina regione Lombardia questa politica non è stata adottata. Tra l’8 marzo e il 23 giugno infatti i tamponi ogni mille abitanti effettuati nella regione Veneto sono passati da 3 a 80, mentre nella regione Lombardia, nello stesso arco temporale, sono aumentati solamente da 2 a 58. Abbiamo quindi confrontato la diffusione della pandemia tra le province di Brescia e Verona, prima e dopo l’annuncio di questa politica da parte del governatore del Veneto (8 marzo). In particolare abbiamo implementato un’analisi event study dove la variabile dipendente utilizzata è il numero giornaliero di positivi al COVID-19 per 10.000 abitanti e come variabili indipendenti una dummy per ogni giorno, escludendo quella del giorno prima dell’evento, moltiplicata per una dummy che invece indica la provincia trattata, che è quella veneta. Quanto emerge da questa prima analisi empirica è che la diffusione dei tamponi combinata con un’analisi efficace dei risultati dei test sembra essere stata uno strumento utile che ha contribuito significativamente alla lotta contro la diffusione della pandemia.File | Dimensione | Formato | |
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