Il rapporto fra pace e giustizia è da sempre al centro del dibattito intorno all’esercizio dell’azione penale nelle situazioni conflittuali e post-conflittuali. Assicurare alla giustizia le persone che si sono macchiate di gravi crimini internazionali è generalmente considerato un passo cruciale per ristabilire e mantenere la pace: identificare e punire i responsabili delle atrocità commesse nel corso del conflitto è essenziale affinché le comunità locali possano affrontare il loro passato, favorendo la riconciliazione e permettendo alle fazioni opposte di gettare le basi per relazioni pacifiche durature. D’altra parte, la ricerca della giustizia potrebbe mettere a rischio processi di pace già fragili: per le persone coinvolte nella commissione di crimini internazionali, lo spettro dell’azione penale potrebbe essere un deterrente alla deposizione delle armi, mentre la prospettiva di un’amnistia potrebbe costituire l’impulso decisivo per condurre le parti al tavolo del negoziato. Il dibattito irrisolto sul rapporto fra pace e giustizia non è rimasto estraneo ai negoziati per l’adozione dello Statuto di Roma. Esso ha influenzato la formulazione – invero piuttosto ambigua - di alcune norme chiave dello Statuto, come quelle che regolano la referral e la deferral del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite alla Corte penale internazionale, quelle che definiscono le condizioni di ammissibilità dei casi dinnanzi alla Corte in base al principio di complementarità rispetto alle giurisdizioni nazionali, e quelle che disciplinano l’esercizio del potere discrezionale del Procuratore nella fase di avvio delle indagini. Lo scritto intende però dimostrare come la prassi applicativa di tali disposizioni statutarie abbia progressivamente sciolto molte di queste ambiguità, facendo emergere in modo più nitido il diverso ruolo che la Corte penale internazionale e il Consiglio di sicurezza sono chiamati a svolgere nei contesti conflittuali e post-conflittuali, nel rispetto delle loro diverse prerogative e della reciproca autonomia istituzionale.
Il rapporto fra pace e giustizia nella prassi applicativa dello Statuto di Roma
annoni
2021
Abstract
Il rapporto fra pace e giustizia è da sempre al centro del dibattito intorno all’esercizio dell’azione penale nelle situazioni conflittuali e post-conflittuali. Assicurare alla giustizia le persone che si sono macchiate di gravi crimini internazionali è generalmente considerato un passo cruciale per ristabilire e mantenere la pace: identificare e punire i responsabili delle atrocità commesse nel corso del conflitto è essenziale affinché le comunità locali possano affrontare il loro passato, favorendo la riconciliazione e permettendo alle fazioni opposte di gettare le basi per relazioni pacifiche durature. D’altra parte, la ricerca della giustizia potrebbe mettere a rischio processi di pace già fragili: per le persone coinvolte nella commissione di crimini internazionali, lo spettro dell’azione penale potrebbe essere un deterrente alla deposizione delle armi, mentre la prospettiva di un’amnistia potrebbe costituire l’impulso decisivo per condurre le parti al tavolo del negoziato. Il dibattito irrisolto sul rapporto fra pace e giustizia non è rimasto estraneo ai negoziati per l’adozione dello Statuto di Roma. Esso ha influenzato la formulazione – invero piuttosto ambigua - di alcune norme chiave dello Statuto, come quelle che regolano la referral e la deferral del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite alla Corte penale internazionale, quelle che definiscono le condizioni di ammissibilità dei casi dinnanzi alla Corte in base al principio di complementarità rispetto alle giurisdizioni nazionali, e quelle che disciplinano l’esercizio del potere discrezionale del Procuratore nella fase di avvio delle indagini. Lo scritto intende però dimostrare come la prassi applicativa di tali disposizioni statutarie abbia progressivamente sciolto molte di queste ambiguità, facendo emergere in modo più nitido il diverso ruolo che la Corte penale internazionale e il Consiglio di sicurezza sono chiamati a svolgere nei contesti conflittuali e post-conflittuali, nel rispetto delle loro diverse prerogative e della reciproca autonomia istituzionale.File | Dimensione | Formato | |
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