La chiesa del Gesù di Ferrara ha avuto alterne fortune critiche. Fin dai primi decenni del XVII secolo, pochi anni dopo la sua consacrazione avvenuta nel 1599, le cronache storiche ci hanno offerto molte descrizioni della fabbrica, tuttavia frammentarie e di difficile interpretazione, anche in ragione delle continue trasformazioni succedutesi fino al XIX secolo. Nel Novecento, la pur ampia critica sull’architettura gesuitica ha dimostrato scarso interesse verso il caso ferrarese fino al contributo redatto da James Ackerman nel 1992 che, nel definire la chiesa cupa come la penitenza stessa, ha di fatto consegnato l’edificio all’oblio. Il tentativo di sovvertire questo destino passa dall’indagine sistematica sulle fonti edite ed inedite e nella lettura incrociata tra questi dati e la principale fonte diretta, la fabbrica, con l’obiettivo di ricostruirne filologicamente e interpretarne criticamente il processo storico, secondo i tradizionali temi della lettura storico-critica. L’indifferibile esigenza di indagare ad una distanza ravvicinata il fenomeno architettonico e la concretezza della sua materia trova una significativa corrispondenza in un adagio ricorrente nei carteggi dei padri gesuiti, impiegato per esprimere la richiesta o l’ordine, a seconda di chi scrive, di effettuare un sopralluogo sul sito, di lavorare in faccia al luogo in cui si sta compiendo un fatto edilizio, per porre la necessaria attenzione alle problematiche concrete della costruzione: in faciem loci.
In faciem loci. La chiesa dei Gesuiti a Ferrara tra storia e realtà costruttiva
Veronica Balboni
2020
Abstract
La chiesa del Gesù di Ferrara ha avuto alterne fortune critiche. Fin dai primi decenni del XVII secolo, pochi anni dopo la sua consacrazione avvenuta nel 1599, le cronache storiche ci hanno offerto molte descrizioni della fabbrica, tuttavia frammentarie e di difficile interpretazione, anche in ragione delle continue trasformazioni succedutesi fino al XIX secolo. Nel Novecento, la pur ampia critica sull’architettura gesuitica ha dimostrato scarso interesse verso il caso ferrarese fino al contributo redatto da James Ackerman nel 1992 che, nel definire la chiesa cupa come la penitenza stessa, ha di fatto consegnato l’edificio all’oblio. Il tentativo di sovvertire questo destino passa dall’indagine sistematica sulle fonti edite ed inedite e nella lettura incrociata tra questi dati e la principale fonte diretta, la fabbrica, con l’obiettivo di ricostruirne filologicamente e interpretarne criticamente il processo storico, secondo i tradizionali temi della lettura storico-critica. L’indifferibile esigenza di indagare ad una distanza ravvicinata il fenomeno architettonico e la concretezza della sua materia trova una significativa corrispondenza in un adagio ricorrente nei carteggi dei padri gesuiti, impiegato per esprimere la richiesta o l’ordine, a seconda di chi scrive, di effettuare un sopralluogo sul sito, di lavorare in faccia al luogo in cui si sta compiendo un fatto edilizio, per porre la necessaria attenzione alle problematiche concrete della costruzione: in faciem loci.File | Dimensione | Formato | |
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