Il filosofo Martin Heidegger ha, tra gli altri, il merito di aver ricondotto il concetto di “abitare” alla sua origine fenomenologico-esistenziale. In tale prospettiva, l’abitare diventa il presupposto di ogni possibile processo di antropizzazione del territorio, al di fuori del quale non si da possibilità di comprendere tanto il soggetto quanto i suoi oggetti, compresi i relativi strumenti di mediazione, se non nella loro formulazione “metafisica”, e quindi pregiudiziale, di “enti” preordinati e collocati all'interno di un “inemendabile” sistema di differenze, che sfugge al controllo ed alla comprensione dell’essere umano. In tal prospettiva, ogni lucida riflessione che intenda ritornare responsabilmente e poeticamente “all'origine dell’abitare”, deve confrontarsi con il processo edilizio, nel suo farsi incerto e tentativo, operante per prove ed errori. Solo così sussiste la concreta possibilità di addivenire a formulazioni condivisibili, di natura convenzionale, capaci di istituire la realtà sociale e pertanto, in virtù di questo potere, sempre suscettibili di verifica e confutazione storica. Il processo tipologico, e la sua continua trasgressione, definiscono pertanto quella ciclicità della teoria, non più distinguibile dalla prassi, in cui fare e saper fare si co-appartengono, su cui si deve rifondare lo specifico sapere che definiamo “abitazione”. La riflessione sul tema, nei suoi caratteri generali così come nelle sue stringenti implicazione contemporanee relativamente al progetto architettonico e urbano, è contenuta nel testo in oggetto.

Abitazione

nicola marzot
2013

Abstract

Il filosofo Martin Heidegger ha, tra gli altri, il merito di aver ricondotto il concetto di “abitare” alla sua origine fenomenologico-esistenziale. In tale prospettiva, l’abitare diventa il presupposto di ogni possibile processo di antropizzazione del territorio, al di fuori del quale non si da possibilità di comprendere tanto il soggetto quanto i suoi oggetti, compresi i relativi strumenti di mediazione, se non nella loro formulazione “metafisica”, e quindi pregiudiziale, di “enti” preordinati e collocati all'interno di un “inemendabile” sistema di differenze, che sfugge al controllo ed alla comprensione dell’essere umano. In tal prospettiva, ogni lucida riflessione che intenda ritornare responsabilmente e poeticamente “all'origine dell’abitare”, deve confrontarsi con il processo edilizio, nel suo farsi incerto e tentativo, operante per prove ed errori. Solo così sussiste la concreta possibilità di addivenire a formulazioni condivisibili, di natura convenzionale, capaci di istituire la realtà sociale e pertanto, in virtù di questo potere, sempre suscettibili di verifica e confutazione storica. Il processo tipologico, e la sua continua trasgressione, definiscono pertanto quella ciclicità della teoria, non più distinguibile dalla prassi, in cui fare e saper fare si co-appartengono, su cui si deve rifondare lo specifico sapere che definiamo “abitazione”. La riflessione sul tema, nei suoi caratteri generali così come nelle sue stringenti implicazione contemporanee relativamente al progetto architettonico e urbano, è contenuta nel testo in oggetto.
2013
9788859800323
habitus, abitare, tipo edilizio, convenzione
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