A partire da Maastricht, in molte costituzioni nazionali sono state inserite le c.d. “clausole europee”, al duplice fine di dare maggiore legittimazione all’integrazione europea e di porre dei paletti a quest’ultima. Operativamente, ciò si traduce nel ricorso a speciali procedure – a volte identiche con quelle richieste per la revisione della costituzione – per la ratifica dei trattati europei. Pochi Stati membri prevedono il coinvolgimento popolare attraverso referendum consultivi. Vi è stata, tuttavia, una tendenza delle élites politiche a proporre referendum popolari al fine di ratificare il Trattato costituzionale del 2004, cui ha fatto seguito, dopo il “no” francese e olandese del 2005, un moto contrario. Le forze politiche o i movimenti minoritari “antieuropeisti”, invece, hanno lottato proprio per ottenere il referendum, a fini resistenziali. Nel caso della Germania, i ricorsi costituzionali diretti contro la ratifica dei trattati europei hanno giocato il ruolo di equivalenti funzionali del coinvolgimento popolare, al fine di canalizzare il dissenso popolare all’integrazione europea. In entrambe le ipotesi di referendum e contenziosi costituzionali, si è offerta e si offre agli Stati membri una potenziale leva per orientare le future negoziazioni in sede europea o per ottenere speciali concessioni. All’interno di questo quadro comparato, spicca la condizione dell’Italia, la quale continua ad affidarsi all’originaria formulazione dell’art. 11 Cost., ove l’UE non è neppure menzionata, e alla ratifica dei trattati europei mediante legge ordinaria.
Legalità senza legittimazione? Le "clausole europee" nelle costituzioni degli Stati membri dell'UE e l'eccezione italiana
guazzarotti
2019
Abstract
A partire da Maastricht, in molte costituzioni nazionali sono state inserite le c.d. “clausole europee”, al duplice fine di dare maggiore legittimazione all’integrazione europea e di porre dei paletti a quest’ultima. Operativamente, ciò si traduce nel ricorso a speciali procedure – a volte identiche con quelle richieste per la revisione della costituzione – per la ratifica dei trattati europei. Pochi Stati membri prevedono il coinvolgimento popolare attraverso referendum consultivi. Vi è stata, tuttavia, una tendenza delle élites politiche a proporre referendum popolari al fine di ratificare il Trattato costituzionale del 2004, cui ha fatto seguito, dopo il “no” francese e olandese del 2005, un moto contrario. Le forze politiche o i movimenti minoritari “antieuropeisti”, invece, hanno lottato proprio per ottenere il referendum, a fini resistenziali. Nel caso della Germania, i ricorsi costituzionali diretti contro la ratifica dei trattati europei hanno giocato il ruolo di equivalenti funzionali del coinvolgimento popolare, al fine di canalizzare il dissenso popolare all’integrazione europea. In entrambe le ipotesi di referendum e contenziosi costituzionali, si è offerta e si offre agli Stati membri una potenziale leva per orientare le future negoziazioni in sede europea o per ottenere speciali concessioni. All’interno di questo quadro comparato, spicca la condizione dell’Italia, la quale continua ad affidarsi all’originaria formulazione dell’art. 11 Cost., ove l’UE non è neppure menzionata, e alla ratifica dei trattati europei mediante legge ordinaria.File | Dimensione | Formato | |
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Legalità senza legittimazione Costituzionalismo_201903_715.pdf
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