In primo luogo vorrei spiegare le motivazioni alla base della volontà di tradurre in albanese il libro “Architettura e Modernità”, insieme a quelle che riguardano il concentrarsi, come accade in una traduzione, sulle relazioni fra il bagaglio concettuale di architetti o progettisti urbani e la realtà che questi concorrono a trasformare. In secondo luogo, vorrei mettere a fuoco il potenziale di questo libro, che non esito a definire ‘emancipante’ nella creazione di nuovi standard di comunicazione nel dibattito tra i professionisti e nell’uso dei concetti proposti, riflettendo, tuttavia, sul contesto albanese. In terzo luogo, vorrei portare all’attenzione alcune delle idee essenziali del libro, fra le quali, quella alla base dell’intera trattazione, tesa a definire la Modernità quale tentativo di trasformare le crisi in valore, quindi sforzo capace di aprire nuove direzioni di ricerca e produzione dell’architettura e della città. Siamo tuttavia consapevoli di un fatto critico, e cioè che le traduzioni in lingua albanese di opere riguardanti l’architettura e la città sono state poche fino ad oggi, e che forse, continueranno ad essere tali anche per molto tempo; è chiaro quindi che la necessità di sviluppare conoscenze più ampie nell’architettura orienta il professionista albanese verso la letteratura in lingua straniera. A questo punto una domanda sorge spontanea: una volta letto un libro in lingua straniera perché mettersi al lavoro per averne addirittura una versione in lingua albanese? La risposta, credo possa essere in questa osservazione: quando in una lingua non esiste una parola, è difficile che ne esistano anche i concetti ad essa legati; tanto meno esiste la possibilità di una comune comprensione del concetto legato a quella parola. Direi, quindi, che la necessità della parola e del concetto, è anche uno dei ruoli primari della lingua. Come sostiene Heidegger, è la parola ciò che ci racconta la natura di tutte le cose e che arriva da noi tramite la lingua, allorché rispettiamo la stessa natura della lingua (Heidegger, M. Costruire, abitare, pensare, 1951).

Messaggio di ottimismo per la ricerca in architettura e pianificazione

SOTIR DHAMO
2016

Abstract

In primo luogo vorrei spiegare le motivazioni alla base della volontà di tradurre in albanese il libro “Architettura e Modernità”, insieme a quelle che riguardano il concentrarsi, come accade in una traduzione, sulle relazioni fra il bagaglio concettuale di architetti o progettisti urbani e la realtà che questi concorrono a trasformare. In secondo luogo, vorrei mettere a fuoco il potenziale di questo libro, che non esito a definire ‘emancipante’ nella creazione di nuovi standard di comunicazione nel dibattito tra i professionisti e nell’uso dei concetti proposti, riflettendo, tuttavia, sul contesto albanese. In terzo luogo, vorrei portare all’attenzione alcune delle idee essenziali del libro, fra le quali, quella alla base dell’intera trattazione, tesa a definire la Modernità quale tentativo di trasformare le crisi in valore, quindi sforzo capace di aprire nuove direzioni di ricerca e produzione dell’architettura e della città. Siamo tuttavia consapevoli di un fatto critico, e cioè che le traduzioni in lingua albanese di opere riguardanti l’architettura e la città sono state poche fino ad oggi, e che forse, continueranno ad essere tali anche per molto tempo; è chiaro quindi che la necessità di sviluppare conoscenze più ampie nell’architettura orienta il professionista albanese verso la letteratura in lingua straniera. A questo punto una domanda sorge spontanea: una volta letto un libro in lingua straniera perché mettersi al lavoro per averne addirittura una versione in lingua albanese? La risposta, credo possa essere in questa osservazione: quando in una lingua non esiste una parola, è difficile che ne esistano anche i concetti ad essa legati; tanto meno esiste la possibilità di una comune comprensione del concetto legato a quella parola. Direi, quindi, che la necessità della parola e del concetto, è anche uno dei ruoli primari della lingua. Come sostiene Heidegger, è la parola ciò che ci racconta la natura di tutte le cose e che arriva da noi tramite la lingua, allorché rispettiamo la stessa natura della lingua (Heidegger, M. Costruire, abitare, pensare, 1951).
2016
Dhamo, Sotir
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11392/2412141
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