"Let the Games Begin!" La figura del gioco distopico nel cinema e nella letteratura fantascientifica

Several sci-fi dystopian novels depict communities of the future in which people spend most of their time fighting each other in mortal combats. Such competitions take sometimes the form of violent sports, like in Rollerball (1975) by Norman Jewison, or of cruel manhunts, like in La decima vittima (1965) by Elio Petri and Hunger Games (2012) by Gary Ross. Sponsored and encouraged by governments themselves, generally totalitarian and dictatorial in their organization, these challenges play an important role both as an outlet for the most violent instincts of individuals and as means of approval, in the wake of the tradition of fights among gladiators. Moreover, these combats do not necessarily need the presence of an audience to take place, like for instance in Battle Royale (2000) by Kinji Fukasaku, but most of the times they are shaped as shows recorded by multiple cameras, in accordance with the practice of reality shows, like in The Running Man (1987) by Paul Michael Glaser. This essay aims to survey the topic of the dystopian killing game in films and novels, starting from the short story The Seventh Victim (1953) by Robert Sheckley, that can be considered a prototype of this kind of fictional theme, till the Hunger Games saga, where the mortal combat motif melts with a satire on contemporary reality TV.

Alcune società del futuro descritte dalla fantascienza distopica sono dedite a una competizione mortale, che può assumere l’aspetto di uno sport estremamente violento, come in Rollerball (1975) di Norman Jewison, oppure di una crudele caccia all’uomo: è il caso di La decima vittima (1965) di Elio Petri e Hunger Games (2012) di Gary Ross. Promosse e incoraggiate dallo stato, che di solito è autoritario, tali sfide svolgono un ruolo importante sia come valvola di sfogo degli istinti violenti che come strumento di consenso, secondo il modello dei combattimenti gladiatori. Esse inoltre possono avere luogo senza la presenza di un pubblico – per esempio in Battle Royale (2000) di Kinji Fukasaku – ma più spesso prendono la forma di uno spettacolo ripreso da telecamere al pari di un reality show: è il caso di L’implacabile (The Running Man, 1987) di Paul Michael Glaser. Scopo del saggio è ripercorrere l’evoluzione del “motivo del gioco distopico” nel cinema e nella letteratura di fantascienza, dal racconto di Robert Sheckley La settima vittima (1953), prototipo di questo tipo di narrazione, alla saga di Hunger Games, in cui il tema della competizione mortale si combina con la satira della reality TV contemporanea.