Tutto parte dal fatto che nell’economia moderna una valorizzazione in dogana delle merci è impraticabile per esigenze di speditezza dei traffici internazionali. Pertanto l’imponibile, in materia doganale, è pari al prezzo in fattura. Come regola generale, la presenza di un marchio sui prodotti lascia impregiudicata la base imponibile doganale. Ad esempio, se il marchio fosse di proprietà dello stesso importatore, questo sarebbe irrilevante ai fini doganali: i diritti si applicherebbero sul corrispettivo fatturato dal fornitore estero. Su questa premessa generale il valore in dogana resta lo stesso anche quando l’importatore acquirente non è il titolare del marchio e paga la royalty ad un soggetto diverso. Questa determinazione è però circondata da alcune cautele legislative come quella che cerca di contrastare la trasformazione surrettizia del prezzo della merce in corrispettivo per un servizio immateriale (royalty appunto), come tale non soggetto a trasporto e quindi a dazi doganali. La chiave di lettura sistematica di una disposizione di cautela fiscale La disposizione doganale sulle royalties serve quindi solo ad evitare che la qualificazione come royalty di parte del corrispettivo permetta di diminuire l’imponibile doganale, facendo apparire una parte del prezzo delle merci come dovuta ad altro titolo, non assoggettato per sua natura a diritti doganali. Lo stesso fornitore e l’importatore potrebbero ad esempio accordarsi sulla divisione del prezzo in una parte relativa alla cessione dei beni e in un’altra veicolata su una royalty creata per l’occasione, vuoi per l’uso di marchi commerciali esposti sulle merci, vuoi per il diritto di utilizzazione di formule e brevetti contenuti al loro interno.
Royalties, prezzi delle merci, dazi doganali: la chiave di lettura di una disposizione di cautela fiscale
CROVATO, Francesco
2016
Abstract
Tutto parte dal fatto che nell’economia moderna una valorizzazione in dogana delle merci è impraticabile per esigenze di speditezza dei traffici internazionali. Pertanto l’imponibile, in materia doganale, è pari al prezzo in fattura. Come regola generale, la presenza di un marchio sui prodotti lascia impregiudicata la base imponibile doganale. Ad esempio, se il marchio fosse di proprietà dello stesso importatore, questo sarebbe irrilevante ai fini doganali: i diritti si applicherebbero sul corrispettivo fatturato dal fornitore estero. Su questa premessa generale il valore in dogana resta lo stesso anche quando l’importatore acquirente non è il titolare del marchio e paga la royalty ad un soggetto diverso. Questa determinazione è però circondata da alcune cautele legislative come quella che cerca di contrastare la trasformazione surrettizia del prezzo della merce in corrispettivo per un servizio immateriale (royalty appunto), come tale non soggetto a trasporto e quindi a dazi doganali. La chiave di lettura sistematica di una disposizione di cautela fiscale La disposizione doganale sulle royalties serve quindi solo ad evitare che la qualificazione come royalty di parte del corrispettivo permetta di diminuire l’imponibile doganale, facendo apparire una parte del prezzo delle merci come dovuta ad altro titolo, non assoggettato per sua natura a diritti doganali. Lo stesso fornitore e l’importatore potrebbero ad esempio accordarsi sulla divisione del prezzo in una parte relativa alla cessione dei beni e in un’altra veicolata su una royalty creata per l’occasione, vuoi per l’uso di marchi commerciali esposti sulle merci, vuoi per il diritto di utilizzazione di formule e brevetti contenuti al loro interno.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.