Le Soledades, lungi dal ridursi a un mero catalogo di loci o di stilemi eroici, andrebbero piuttosto interpretate sia come un rovesciamento parodico dell’epos tradizionale sia, simultaneamente, come un tentativo d’instillare nuova linfa in forme ormai stantie. Non si insisterà mai abbastanza sul fatto che, tra le principali caratteristiche della poesía nueva, vada annoverato in primo luogo l’uso ironico della mitologia; e appunto quest’impiego leggero dei miti è, in parte, anche la chiave dell’epillio. Ora, se nel Polifemo i protagonisti sono ancora gli autentici personaggi delle Metamorfosi, nelle Soledades Góngora opta piuttosto per talune creature gianiche che, se da un lato si presentano ancora come figure contemporanee (un nobile, un ricco mercante, un pescatore ecc.), dall’altro, in questa proiezione utopica e ucronica, assumono in filigrana delle sembianze mitiche. Insomma, bisogna comprendere che le Soledades ricorrono costantemente al camuffamento mitologico proprio per riuscire a fabbricare una sorta di epillio moderno: la curiosa scommessa gongorina di attualizzazione dell’epillio si regge infatti sulla fitta rete di maschere e di storie, perlopiù riprese dal repertorio ovidiano, con cui vengono avvolti e trasformati non solo il duca di Béjar e il peregrino, ma persino i personaggi minori del poema. Per mettere a fuoco l’operazione gongorina con il prisma dell’epillio si è deciso di affiancare alcuni dei passi delle Soledades al carme 64 di Catullo, il famoso Epitalamio di Tetide e Peleo che – soprattutto per quel che riguarda la sezione centrale, dedicata al lamento di Arianna – godette di una notevole fortuna durante il Barocco. Nessun testo classico può essere additato con pieno diritto come un modello forte o centrale delle Soledades, perché in ogni punto del poema la trama delle fonti si rivela arzigogolata e complessa all’inverosimile, essendo concepita in modo che sempre a ciascuna auctoritas evocata ne facciano eco altre differenti, in un abbacinante gioco di riflessi e rimandi incrociati. Eppure, malgrado questa consapevolezza che potrebbe, se non proprio scoraggiare, almeno invitare a un’estrema prudenza i cercatori di fonti nascoste, a noi pare che proprio il carme 64, assieme a tutti gli altri versi antichi e moderni, da Ovidio a Arguijo, cui inevitabilmente doveva essere associato nella memoria gongorina, abbia esercitato un’influenza non di molto inferiore rispetto alle reminiscenze omeriche o alla riscoperta di Claudiano, affiorando sin dalle prime battute della silva de los campos.
Le “Soledades” e il carme 64 di Catullo: una prima esplorazione
TANGANELLI, Paolo
2016
Abstract
Le Soledades, lungi dal ridursi a un mero catalogo di loci o di stilemi eroici, andrebbero piuttosto interpretate sia come un rovesciamento parodico dell’epos tradizionale sia, simultaneamente, come un tentativo d’instillare nuova linfa in forme ormai stantie. Non si insisterà mai abbastanza sul fatto che, tra le principali caratteristiche della poesía nueva, vada annoverato in primo luogo l’uso ironico della mitologia; e appunto quest’impiego leggero dei miti è, in parte, anche la chiave dell’epillio. Ora, se nel Polifemo i protagonisti sono ancora gli autentici personaggi delle Metamorfosi, nelle Soledades Góngora opta piuttosto per talune creature gianiche che, se da un lato si presentano ancora come figure contemporanee (un nobile, un ricco mercante, un pescatore ecc.), dall’altro, in questa proiezione utopica e ucronica, assumono in filigrana delle sembianze mitiche. Insomma, bisogna comprendere che le Soledades ricorrono costantemente al camuffamento mitologico proprio per riuscire a fabbricare una sorta di epillio moderno: la curiosa scommessa gongorina di attualizzazione dell’epillio si regge infatti sulla fitta rete di maschere e di storie, perlopiù riprese dal repertorio ovidiano, con cui vengono avvolti e trasformati non solo il duca di Béjar e il peregrino, ma persino i personaggi minori del poema. Per mettere a fuoco l’operazione gongorina con il prisma dell’epillio si è deciso di affiancare alcuni dei passi delle Soledades al carme 64 di Catullo, il famoso Epitalamio di Tetide e Peleo che – soprattutto per quel che riguarda la sezione centrale, dedicata al lamento di Arianna – godette di una notevole fortuna durante il Barocco. Nessun testo classico può essere additato con pieno diritto come un modello forte o centrale delle Soledades, perché in ogni punto del poema la trama delle fonti si rivela arzigogolata e complessa all’inverosimile, essendo concepita in modo che sempre a ciascuna auctoritas evocata ne facciano eco altre differenti, in un abbacinante gioco di riflessi e rimandi incrociati. Eppure, malgrado questa consapevolezza che potrebbe, se non proprio scoraggiare, almeno invitare a un’estrema prudenza i cercatori di fonti nascoste, a noi pare che proprio il carme 64, assieme a tutti gli altri versi antichi e moderni, da Ovidio a Arguijo, cui inevitabilmente doveva essere associato nella memoria gongorina, abbia esercitato un’influenza non di molto inferiore rispetto alle reminiscenze omeriche o alla riscoperta di Claudiano, affiorando sin dalle prime battute della silva de los campos.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.