Il saggio pone l’attuale questione ambientale nei termini di una crisi culturale e, di conseguenza, come sfida essenzialmente educativa: se la buona qualità dell’ambiente (inteso quale risultante della continua reciprocità della relazione con l’altro da sé e, quindi, in termini costitutivamente identitari) è un tutt’uno con la buona qualità della vita, diviene essa stessa una finalità educativa da perseguire. Una simile equazione pare addirittura intuitiva e unanimemente condivisa, tuttavia la situazione contingente, al riguardo, oltre che complessa si presenta paradossale: per quanto l’allarme ecologico sia diffuso e, di converso, per quanto l’orientamento alla sostenibilità ambientale venga continuamente proclamato, di fatto sono altre logiche di gestione ambientale ad essere agite: logiche arbitrarie, miopi, consumistiche ed individualistiche. Anche la risposta intitolata alla cosiddetta educazione ambientale non è priva di fallacie: incentrata più su contenuti-precetto specifici che non sulla co-costruzione di abiti mentali, attenta più ai risvolti didattici che non a quelli epistemologici e, non ultimo, prevalentemente – se non totalmente – identificabile con interventi rivolti alla popolazione scolastica (gli adulti di domani). Ciò di cui si avverte l’esigenza è un’attenzione più mirata alle prerogative degli adulti di oggi: coloro che oltre ad essere fruitori dell’ambiente, ne sono i principali facitori, in virtù del ruolo politico e decisionale che incarnano. Di qui, si snoda sia una riflessione sulle responsabilità della leadership adulta e sulla necessità di una “saggia riconversione” degli attuali trend di gestione ambientale, sia un richiamo all’educazione degli adulti come esercizio perenne di autodisciplina, che ogni soggetto ha il diritto/dovere di coltivare pensandosi componente di un sistema assai più ampio, nel tempo e nello spazio. Non mancano, in questo ambito, risoluzioni e raccomandazioni autorevoli – come ad esempio quelle maturate in sede UNESCO, qui presentate e commentate – ciononostante è solo nel progressivo e sistematico propagarsi di un clima culturale ove l’idea di sostenibilità sia capillarmente diffusa e “depositata” che è possibile ravvisare reali possibilità di trasformazione migliorativa. In tale ottica, il ruolo formativo (implicito, ma sempre presente ed agente) svolto da intellettuali e promotori culturali lato sensu – e dei più disparati settori ¬– emergerebbe in tutta la sua rilevanza laddove si dimostrasse vigile ed impegnato nella circolazione di idee e di posture esistenziali alternative al trend attuale, sorrette da un progetto antropologico che persegua obiettivi di qualità della vita sostanziali, inclusivi e lungimiranti, anziché effimeri e parziali. In vista di un’organizzazione sociale che, di là dal connotarsi come learning e/o knowledge society, non cessi di perseguire l’utopia di una comunità educante, ovvero non eluda l’interrogativo educativamente più pregnante: quale direzione di senso per l’apprendere e per il conoscere? La sfida e, dunque, l’impresa educativa che ne deriva è tutt’altro che settoriale, richiedendo all’adulto, a tutti gli adulti, una partecipazione supportata da conoscenza, atteggiamento critico e inquisitivo, capacità creativo-progettuale, e consapevolezza dell’ineliminabile rapporto tra bene individuale e bene collettivo.

L'adulto di fronte alla sfida ecologica: implicazioni educative

MARESCOTTI, Elena
2015

Abstract

Il saggio pone l’attuale questione ambientale nei termini di una crisi culturale e, di conseguenza, come sfida essenzialmente educativa: se la buona qualità dell’ambiente (inteso quale risultante della continua reciprocità della relazione con l’altro da sé e, quindi, in termini costitutivamente identitari) è un tutt’uno con la buona qualità della vita, diviene essa stessa una finalità educativa da perseguire. Una simile equazione pare addirittura intuitiva e unanimemente condivisa, tuttavia la situazione contingente, al riguardo, oltre che complessa si presenta paradossale: per quanto l’allarme ecologico sia diffuso e, di converso, per quanto l’orientamento alla sostenibilità ambientale venga continuamente proclamato, di fatto sono altre logiche di gestione ambientale ad essere agite: logiche arbitrarie, miopi, consumistiche ed individualistiche. Anche la risposta intitolata alla cosiddetta educazione ambientale non è priva di fallacie: incentrata più su contenuti-precetto specifici che non sulla co-costruzione di abiti mentali, attenta più ai risvolti didattici che non a quelli epistemologici e, non ultimo, prevalentemente – se non totalmente – identificabile con interventi rivolti alla popolazione scolastica (gli adulti di domani). Ciò di cui si avverte l’esigenza è un’attenzione più mirata alle prerogative degli adulti di oggi: coloro che oltre ad essere fruitori dell’ambiente, ne sono i principali facitori, in virtù del ruolo politico e decisionale che incarnano. Di qui, si snoda sia una riflessione sulle responsabilità della leadership adulta e sulla necessità di una “saggia riconversione” degli attuali trend di gestione ambientale, sia un richiamo all’educazione degli adulti come esercizio perenne di autodisciplina, che ogni soggetto ha il diritto/dovere di coltivare pensandosi componente di un sistema assai più ampio, nel tempo e nello spazio. Non mancano, in questo ambito, risoluzioni e raccomandazioni autorevoli – come ad esempio quelle maturate in sede UNESCO, qui presentate e commentate – ciononostante è solo nel progressivo e sistematico propagarsi di un clima culturale ove l’idea di sostenibilità sia capillarmente diffusa e “depositata” che è possibile ravvisare reali possibilità di trasformazione migliorativa. In tale ottica, il ruolo formativo (implicito, ma sempre presente ed agente) svolto da intellettuali e promotori culturali lato sensu – e dei più disparati settori ¬– emergerebbe in tutta la sua rilevanza laddove si dimostrasse vigile ed impegnato nella circolazione di idee e di posture esistenziali alternative al trend attuale, sorrette da un progetto antropologico che persegua obiettivi di qualità della vita sostanziali, inclusivi e lungimiranti, anziché effimeri e parziali. In vista di un’organizzazione sociale che, di là dal connotarsi come learning e/o knowledge society, non cessi di perseguire l’utopia di una comunità educante, ovvero non eluda l’interrogativo educativamente più pregnante: quale direzione di senso per l’apprendere e per il conoscere? La sfida e, dunque, l’impresa educativa che ne deriva è tutt’altro che settoriale, richiedendo all’adulto, a tutti gli adulti, una partecipazione supportata da conoscenza, atteggiamento critico e inquisitivo, capacità creativo-progettuale, e consapevolezza dell’ineliminabile rapporto tra bene individuale e bene collettivo.
2015
978-88-5753-114-4
educazione degli adulti, educazione ambientale, educazione ambientale degli adulti, crisi ecologica, sostenibilità ambientale
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