Background: Dopo un infarto del miocardio (MI), il tessuto danneggiato del cuore deve essere riparato e sostituito da nuovo tessuto. Nella maggior parte dei pazienti con MI, i meccanismi di riparazione inducono profondi cambiamenti strutturali e funzionali. Queste modificazioni purtroppo non sono limitate esclusivamente alla zona infartuata, ma si estendono anche alle zone non compromesse spesso determinando cambiamenti disfunzionali. Nelle fasi iniziali dopo un MI, si verifica un assottigliamento ed una estensione della zona colpita, e una patologica ipertrofia dei cardiomiociti, con apoptosi e rimodellamento della matrice extracellulare (ECM) della zona cosi detta “remota” cioè non direttamente colpita dall’infarto. Questi ultimi processi possono estendersi nel tempo determinando alterazioni della complessa geometria del ventricolo sinistro (LV), mediante cambi di forma, massa, volume e funzione del LV (Nahrendorf et al; Eur Heart J. 2008). Sebbene alcuni di questi cambiamenti possono essere fisiologici e di natura adattativa, come risposta compensatoria a breve termine a causa della improvvisa perdita di funzione contrattile del cuore nell’area infartuata, nel lungo periodo possono causare scompenso cardiaco e morte cardiovascolare. I principali determinanti di un rimodellamento anomalo post-infarto comprendono il grado di estensione dell’infarto e le condizioni di carico del LV. Fino ad oggi numerosi sforzi sono stati fatti per ridurre l’estensione dell’infarto mediante una tempestiva riperfusione (con drastica diminuzione delle morti in fase acuta) e per ridurre farmacologicamente il carico di lavoro del LV. A fronte di una significativo calo delle morti, si verifica oggi un altrettanto drastico aumento di patologie cardiache post-MI a causa della mancanza di trattamenti efficaci per trattare a lungo termine i sopravvissuti ad un MI. Il frequente anomalo rimodellamento cardiaco post-MI è un complesso ed articolato processo mediato da cellule e fattori che solo ultimamente stanno emergendo come strategie alternative di trattamento (Nahrendorf et al; Circulation 2010). L’healing cardiaco post-MI può essere schematizzato in tre fasi: -Fase infiammatoria: reclutamento di monociti e neutrofili, mediatori chimici (complemento e chemokine ligand) e attivazione delle MMPs, per rimuovere cellule morte e degradare la matrice extracellulare (ECM). -Fase proliferativa: monociti/macrofagi producono citokine e fattori d crescita per reprimere la risposta infiammatoria e regolare la formazione del tessuto di granulazione. In questa fase angiogenesi e deposizione di nuova ECM da parte dei fibroblasti sono processi determinanti. -Fase di maturazione: rimodellamento della ECM, apoptosi cellulare e formazione di una cicatrice matura di collagene con apprezzabili proprietà elastiche. Un ottimale healing cardiaco necessita di una riposta infiammatoria bilanciata. La fase infiammatoria è necessaria, ma non deve essere né eccessiva né limitata (nel tempo o nell’intensità), così come le fasi proliferativa e di maturazione che se non ottimali determinano cicatrici fibrose e poco elastiche. I processi di healing cardiaco post-MI, a differenza di altri distretti, avvengono in un organo in continuo movimento. La lesione deve essere riparata in condizioni di stress meccanico dovuto ai cicli della contrazione cardiaca e alla pressione intraventricolare. In queste condizioni estreme si assiste alla formazione di nuove mini lesioni e/o alla estensione della lesione primaria con conseguente sfasamento ed accavallamento di nuovi processi di riparazione e grave sbilanciamento del timing della fase ripartiva. Questo porta ad un insufficiente processo ripartivo con sostituzione di tessuto cardiaco fibrotico scarsamente performante le funzioni e le performance cardiache divenendo ipocinetico/discinetico. A differenza della riparazione in altri distretti (cute, ossa, etc.) in cui la presenza di scaffold rigidi favorisce la riparazione, il cuore necessiterebbe di scaffold compiacenti che assecondino tutti i suoi movimenti senza danneggiarsi. La deposizione di strutture pseudo-rigide (polimeri, reti composte da fili da sutura) intorno al cuore in un modello ripartivo post-MI animale ha fornito dati incoraggianti i cui risultati convergono nel dimostrare che la “costrizione” e circoscrizione della zona infartuata riduce significativamente espansione e rimodellamento anomalo del LV scongiurando l’instaurazione di condizioni di scompenso cardiaco (Mukherjee et al; Criculation 2011). Proposta del progetto: Il nostro gruppo recentemente ha dimostrato come i livelli circolanti di un fattore polimerizzante la Fibrina (FXIII) si riducono significativamente durante le prime giornate post-MI per raggiungere valori medi molto bassi (20-30% del normale) intorno alla 4°-5° giornata (Gemmati et al, Mol Medicine 2007). La riduzione dei livelli è associata significativamente a prognosi negativa post-MI in particolare a scompenso cardiaco. Altri gruppi hanno dimostrato che l’assenza di FXIII in topi KO -- / +- per il gene, porta a morte post-MI entro la 5° gg a causa della rottura del ventricolo sn., e che la reinfusione di FXIII nei topi KO elimina completamente questa severa complicanza (Nahrendorf et al; Circulation 2006). Il FXIII è recentemente considerato un fattore che influenza positivamente tutte le tre fasi di riparazione tessutale con spiccate capacità neo-angiogeniche, intersecando coagulazione, fibrinolisi, infiammazione e riparazione tessutale (Ichinose A; Int J Hematol 2012). La nostra proposta di ricerca si basa sull’ipotesi che una rete biologica con aumentate caratteristiche elastiche ed estensibili possa essere costituita dalla fibrina cross-linkata dal FXIII, e che questa rete si vada a posizionare spontaneamente intorno alla lesione cardiaca post-MI per la naturale affinità esistente tra strutture lese-Fibrina-FXIII presente in tutti i processi emostatici/coagulativi/riparativi che seguono l’instaurarsi di una lesione. -Nei laboratori del Centro Emostasi e Trombosi si allestiranno in vitro reti di fibrina cross-linkata a differenti concentrazioni di FXIII a tre livelli di concentrazione di Fibrinogeno (low, medium, high). Queste tre differenti concentrazioni di fibrinogeno sono state scelte per simulare le differenti condizioni che si presentano in vivo durante la riparazione tessutale a seconda che essa sia precoce o ritardata in presenza di differenti condizioni di infiammazione -Varianti geniche del FXIII, espresse in vitro in collaborazione con il Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare, note per possedere attività funzionali differenti, saranno utilizzate per ottenere reti di fibrina con potenziali differenze strutturali. -La composizione qualitativa della rete sarà analizzata dopo riduzione chimica ed analisi elettroforetica al Western Blotting. Questo rivelerà importanti informazioni sul timing di polimerizzazione e sul grado di legami covalenti eseguiti da parte del FXIII sulla maglia di Fibrina. Sono queste le variabili che influenzano elasticità ed estensibilità della maglia di fibrina (Li uet al, Science 2006). -In collaborazione con il Dipartimento di Fisica dell’Università di Ferrara e dell’Università di Messina si analizzeranno al microscopio elettronico (ME) la struttura tridimensionale della maglia di fibrina, e numerose proprietà fisiche (in particolare elasticità ed estensibilità) con differenti approcci sperimentali: microscopia a forza atomica (AFM) e sollecitazione meccanica (Univ. di Messina); calcolo del ritardo di risposta dopo sollecitazione con ultrasuoni (Univ. di Ferrara). Ricadute traslazionali: Alla luce delle numerose proprietà biologiche e fisiche favorenti la riparazione tessutale recentemente riconosciute al FXIII da parte di numerosi gruppi di ricerca indipendenti, proponiamo una accurata caratterizzazione di molecole ricombinanti di FXIII e successiva valutazione degli effetti biologici che esse possono esercitare sulla maglia di Fibrina. La successiva selezione di combinazioni geniche con potenziale ruolo pro-healing è la premessa essenziale per le successive fasi di ricerca traslazionale. Trattamenti personalizzati sulla base dei principi della farmacogenetica, restituirebbero risultati significativi nel campo della riparazione tessutale e nello specifico per contrastare ed interrompere efficacemente l’anomalo rimodellamento post-MI.
Una "rete" per proteggere il cuore. (FAR 2013)
GEMMATI, Donato;SERINO, Maria Luisa;GAUDIO, Rosa Maria;MARI, Rosella;ZERI, Giulia;ORIOLI, Elisa;TALARICO, Anna
2013
Abstract
Background: Dopo un infarto del miocardio (MI), il tessuto danneggiato del cuore deve essere riparato e sostituito da nuovo tessuto. Nella maggior parte dei pazienti con MI, i meccanismi di riparazione inducono profondi cambiamenti strutturali e funzionali. Queste modificazioni purtroppo non sono limitate esclusivamente alla zona infartuata, ma si estendono anche alle zone non compromesse spesso determinando cambiamenti disfunzionali. Nelle fasi iniziali dopo un MI, si verifica un assottigliamento ed una estensione della zona colpita, e una patologica ipertrofia dei cardiomiociti, con apoptosi e rimodellamento della matrice extracellulare (ECM) della zona cosi detta “remota” cioè non direttamente colpita dall’infarto. Questi ultimi processi possono estendersi nel tempo determinando alterazioni della complessa geometria del ventricolo sinistro (LV), mediante cambi di forma, massa, volume e funzione del LV (Nahrendorf et al; Eur Heart J. 2008). Sebbene alcuni di questi cambiamenti possono essere fisiologici e di natura adattativa, come risposta compensatoria a breve termine a causa della improvvisa perdita di funzione contrattile del cuore nell’area infartuata, nel lungo periodo possono causare scompenso cardiaco e morte cardiovascolare. I principali determinanti di un rimodellamento anomalo post-infarto comprendono il grado di estensione dell’infarto e le condizioni di carico del LV. Fino ad oggi numerosi sforzi sono stati fatti per ridurre l’estensione dell’infarto mediante una tempestiva riperfusione (con drastica diminuzione delle morti in fase acuta) e per ridurre farmacologicamente il carico di lavoro del LV. A fronte di una significativo calo delle morti, si verifica oggi un altrettanto drastico aumento di patologie cardiache post-MI a causa della mancanza di trattamenti efficaci per trattare a lungo termine i sopravvissuti ad un MI. Il frequente anomalo rimodellamento cardiaco post-MI è un complesso ed articolato processo mediato da cellule e fattori che solo ultimamente stanno emergendo come strategie alternative di trattamento (Nahrendorf et al; Circulation 2010). L’healing cardiaco post-MI può essere schematizzato in tre fasi: -Fase infiammatoria: reclutamento di monociti e neutrofili, mediatori chimici (complemento e chemokine ligand) e attivazione delle MMPs, per rimuovere cellule morte e degradare la matrice extracellulare (ECM). -Fase proliferativa: monociti/macrofagi producono citokine e fattori d crescita per reprimere la risposta infiammatoria e regolare la formazione del tessuto di granulazione. In questa fase angiogenesi e deposizione di nuova ECM da parte dei fibroblasti sono processi determinanti. -Fase di maturazione: rimodellamento della ECM, apoptosi cellulare e formazione di una cicatrice matura di collagene con apprezzabili proprietà elastiche. Un ottimale healing cardiaco necessita di una riposta infiammatoria bilanciata. La fase infiammatoria è necessaria, ma non deve essere né eccessiva né limitata (nel tempo o nell’intensità), così come le fasi proliferativa e di maturazione che se non ottimali determinano cicatrici fibrose e poco elastiche. I processi di healing cardiaco post-MI, a differenza di altri distretti, avvengono in un organo in continuo movimento. La lesione deve essere riparata in condizioni di stress meccanico dovuto ai cicli della contrazione cardiaca e alla pressione intraventricolare. In queste condizioni estreme si assiste alla formazione di nuove mini lesioni e/o alla estensione della lesione primaria con conseguente sfasamento ed accavallamento di nuovi processi di riparazione e grave sbilanciamento del timing della fase ripartiva. Questo porta ad un insufficiente processo ripartivo con sostituzione di tessuto cardiaco fibrotico scarsamente performante le funzioni e le performance cardiache divenendo ipocinetico/discinetico. A differenza della riparazione in altri distretti (cute, ossa, etc.) in cui la presenza di scaffold rigidi favorisce la riparazione, il cuore necessiterebbe di scaffold compiacenti che assecondino tutti i suoi movimenti senza danneggiarsi. La deposizione di strutture pseudo-rigide (polimeri, reti composte da fili da sutura) intorno al cuore in un modello ripartivo post-MI animale ha fornito dati incoraggianti i cui risultati convergono nel dimostrare che la “costrizione” e circoscrizione della zona infartuata riduce significativamente espansione e rimodellamento anomalo del LV scongiurando l’instaurazione di condizioni di scompenso cardiaco (Mukherjee et al; Criculation 2011). Proposta del progetto: Il nostro gruppo recentemente ha dimostrato come i livelli circolanti di un fattore polimerizzante la Fibrina (FXIII) si riducono significativamente durante le prime giornate post-MI per raggiungere valori medi molto bassi (20-30% del normale) intorno alla 4°-5° giornata (Gemmati et al, Mol Medicine 2007). La riduzione dei livelli è associata significativamente a prognosi negativa post-MI in particolare a scompenso cardiaco. Altri gruppi hanno dimostrato che l’assenza di FXIII in topi KO -- / +- per il gene, porta a morte post-MI entro la 5° gg a causa della rottura del ventricolo sn., e che la reinfusione di FXIII nei topi KO elimina completamente questa severa complicanza (Nahrendorf et al; Circulation 2006). Il FXIII è recentemente considerato un fattore che influenza positivamente tutte le tre fasi di riparazione tessutale con spiccate capacità neo-angiogeniche, intersecando coagulazione, fibrinolisi, infiammazione e riparazione tessutale (Ichinose A; Int J Hematol 2012). La nostra proposta di ricerca si basa sull’ipotesi che una rete biologica con aumentate caratteristiche elastiche ed estensibili possa essere costituita dalla fibrina cross-linkata dal FXIII, e che questa rete si vada a posizionare spontaneamente intorno alla lesione cardiaca post-MI per la naturale affinità esistente tra strutture lese-Fibrina-FXIII presente in tutti i processi emostatici/coagulativi/riparativi che seguono l’instaurarsi di una lesione. -Nei laboratori del Centro Emostasi e Trombosi si allestiranno in vitro reti di fibrina cross-linkata a differenti concentrazioni di FXIII a tre livelli di concentrazione di Fibrinogeno (low, medium, high). Queste tre differenti concentrazioni di fibrinogeno sono state scelte per simulare le differenti condizioni che si presentano in vivo durante la riparazione tessutale a seconda che essa sia precoce o ritardata in presenza di differenti condizioni di infiammazione -Varianti geniche del FXIII, espresse in vitro in collaborazione con il Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare, note per possedere attività funzionali differenti, saranno utilizzate per ottenere reti di fibrina con potenziali differenze strutturali. -La composizione qualitativa della rete sarà analizzata dopo riduzione chimica ed analisi elettroforetica al Western Blotting. Questo rivelerà importanti informazioni sul timing di polimerizzazione e sul grado di legami covalenti eseguiti da parte del FXIII sulla maglia di Fibrina. Sono queste le variabili che influenzano elasticità ed estensibilità della maglia di fibrina (Li uet al, Science 2006). -In collaborazione con il Dipartimento di Fisica dell’Università di Ferrara e dell’Università di Messina si analizzeranno al microscopio elettronico (ME) la struttura tridimensionale della maglia di fibrina, e numerose proprietà fisiche (in particolare elasticità ed estensibilità) con differenti approcci sperimentali: microscopia a forza atomica (AFM) e sollecitazione meccanica (Univ. di Messina); calcolo del ritardo di risposta dopo sollecitazione con ultrasuoni (Univ. di Ferrara). Ricadute traslazionali: Alla luce delle numerose proprietà biologiche e fisiche favorenti la riparazione tessutale recentemente riconosciute al FXIII da parte di numerosi gruppi di ricerca indipendenti, proponiamo una accurata caratterizzazione di molecole ricombinanti di FXIII e successiva valutazione degli effetti biologici che esse possono esercitare sulla maglia di Fibrina. La successiva selezione di combinazioni geniche con potenziale ruolo pro-healing è la premessa essenziale per le successive fasi di ricerca traslazionale. Trattamenti personalizzati sulla base dei principi della farmacogenetica, restituirebbero risultati significativi nel campo della riparazione tessutale e nello specifico per contrastare ed interrompere efficacemente l’anomalo rimodellamento post-MI.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.