Il colore non esiste. Così esordiva Jorrit Tornquist nel suo intervento a un recente convegno avente per oggetto il tema del colore sviluppato nelle sue molteplici declinazioni. Affermazione vera dal punto di vista percettivo, in collegamento alla fisiologia dell’occhio umano. Il colore è infatti luce, nella disciplina della fisica e associato ai fenomeni di ottica; il colore è una sensazione, dal punto di vista della percezione visiva. Il colore è un’informazione, nel linguaggio storico, iconografico, psicologico, ed è codice in svariati ambiti della vita quotidiana. Ma il colore è anche materia, è pigmento; “il colore è materia e come tale è portatore dei segni del passato” è un’altra plausibile definizione, altrettanto vera delle precedenti. Quando ci si trova ad affrontare “il progetto del colore esistente”, ovvero ad affrontare le sorti di un’architettura storica in tutte le sue stratificazioni, la prima azione che si dovrebbe compiere è chiedersi il perché. La domanda è naturalmente evocativa di una necessità prima metodologica che operativa, per un tema saliente e cruciale come è quello del colore, ormai abusato, esaltato, criticato, analizzato e sviscerato, e per il quale tanti sono stati i tentativi di “gestione metodologica” credibile. E i Piani del colore che molte città hanno adottato, con più o meno successo, ne sono solo un esempio, nati per la necessità da parte delle amministrazioni di disporre di strumenti per controllare tutti quegli interventi scaturiti da iniziative private e responsabili della trasformazione delle quinte urbane.
Colore, materia, immagine, identità. Progettare il passato dei centri storici
MAIETTI, Federica
In corso di stampa
Abstract
Il colore non esiste. Così esordiva Jorrit Tornquist nel suo intervento a un recente convegno avente per oggetto il tema del colore sviluppato nelle sue molteplici declinazioni. Affermazione vera dal punto di vista percettivo, in collegamento alla fisiologia dell’occhio umano. Il colore è infatti luce, nella disciplina della fisica e associato ai fenomeni di ottica; il colore è una sensazione, dal punto di vista della percezione visiva. Il colore è un’informazione, nel linguaggio storico, iconografico, psicologico, ed è codice in svariati ambiti della vita quotidiana. Ma il colore è anche materia, è pigmento; “il colore è materia e come tale è portatore dei segni del passato” è un’altra plausibile definizione, altrettanto vera delle precedenti. Quando ci si trova ad affrontare “il progetto del colore esistente”, ovvero ad affrontare le sorti di un’architettura storica in tutte le sue stratificazioni, la prima azione che si dovrebbe compiere è chiedersi il perché. La domanda è naturalmente evocativa di una necessità prima metodologica che operativa, per un tema saliente e cruciale come è quello del colore, ormai abusato, esaltato, criticato, analizzato e sviscerato, e per il quale tanti sono stati i tentativi di “gestione metodologica” credibile. E i Piani del colore che molte città hanno adottato, con più o meno successo, ne sono solo un esempio, nati per la necessità da parte delle amministrazioni di disporre di strumenti per controllare tutti quegli interventi scaturiti da iniziative private e responsabili della trasformazione delle quinte urbane.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.