Negli ultimi decenni nelle aree di pianura, prossime ad importanti corsi d’acqua, si sono sviluppate in Italia attività antropiche (spesso industriali) a forte impatto ambientale, lasciando una pesante eredità in termini di inquinamento dei suoli e delle acque sotterranee, oltre che dell’aria e delle acque di superficie. Mentre è relativamente semplice monitorare la qualità di queste ultime, molto più difficile e quindi costoso risulta controllare lo stato di degrado dei suoli e delle acque sotterranee. Il sottosuolo, nei terreni alluvionali, può essere caratterizzato da un’estrema variazione della composizione mineralogica, del contenuto di sostanza organica (torbe) della permeabilità e dei caratteri strutturali - tessiturali dei sedimenti presenti, variazioni che influenzano la capacità di scambio fra suolo e sostanze inquinanti. Strategie di raccolta di campioni rappresentativi delle eterogeneità del sottosuolo, della distribuzione dell’inquinamento e quindi del degrado, per quanto attentamente programmate, rischiano purtroppo di non riuscire a descrivere il sistema. Dati puntuali, benché di elevata precisione, non riescono a definire l’esatta geometria della distribuzione degli inquinanti nel sottosuolo, e i progettisti sono costretti ad ampliare l’area d’intervento per non lasciarsi sfuggire volumi significativi di contaminanti, criterio cautelativo che comporta un inutile aggravio dei costi oltre che un notevole impatto sugli ecosistemi presenti. Ideale è quindi disporre di tecniche che, a costi contenuti, permettano di delimitare le aree contaminate fornendo un’informazione proporzionale all’entità della contaminazione ed alla sua migrazione in profondità (immagine 3D). Queste tecniche rientrano tra quelle che la Geofisica Applicata negli ultimi anni sta sviluppando per lo studio dello stato ambientale del sottosuolo, trasferendo le conoscenze acquisite per il reperimento di georisorse (principalmente il petrolio, i minerali metallici, le risorse idriche sotterranee) all’analisi dei siti inquinati.

TECNOLOGIE NON INVASIVE PER LA DEFINIZIONE DELLE CONTAMINAZIONI in Corso Siti contaminati: strategie e valutazione degli impatti

ABU-ZEID, Nasser;SANTARATO, Giovanni;VACCARO, Carmela
2001

Abstract

Negli ultimi decenni nelle aree di pianura, prossime ad importanti corsi d’acqua, si sono sviluppate in Italia attività antropiche (spesso industriali) a forte impatto ambientale, lasciando una pesante eredità in termini di inquinamento dei suoli e delle acque sotterranee, oltre che dell’aria e delle acque di superficie. Mentre è relativamente semplice monitorare la qualità di queste ultime, molto più difficile e quindi costoso risulta controllare lo stato di degrado dei suoli e delle acque sotterranee. Il sottosuolo, nei terreni alluvionali, può essere caratterizzato da un’estrema variazione della composizione mineralogica, del contenuto di sostanza organica (torbe) della permeabilità e dei caratteri strutturali - tessiturali dei sedimenti presenti, variazioni che influenzano la capacità di scambio fra suolo e sostanze inquinanti. Strategie di raccolta di campioni rappresentativi delle eterogeneità del sottosuolo, della distribuzione dell’inquinamento e quindi del degrado, per quanto attentamente programmate, rischiano purtroppo di non riuscire a descrivere il sistema. Dati puntuali, benché di elevata precisione, non riescono a definire l’esatta geometria della distribuzione degli inquinanti nel sottosuolo, e i progettisti sono costretti ad ampliare l’area d’intervento per non lasciarsi sfuggire volumi significativi di contaminanti, criterio cautelativo che comporta un inutile aggravio dei costi oltre che un notevole impatto sugli ecosistemi presenti. Ideale è quindi disporre di tecniche che, a costi contenuti, permettano di delimitare le aree contaminate fornendo un’informazione proporzionale all’entità della contaminazione ed alla sua migrazione in profondità (immagine 3D). Queste tecniche rientrano tra quelle che la Geofisica Applicata negli ultimi anni sta sviluppando per lo studio dello stato ambientale del sottosuolo, trasferendo le conoscenze acquisite per il reperimento di georisorse (principalmente il petrolio, i minerali metallici, le risorse idriche sotterranee) all’analisi dei siti inquinati.
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