Lo sfruttamento diffuso di energie rinnovabili permette non solo di rispettare impegni internazioni presi dall’Italia climatici, come il pacchetto dell’Unione Europea denominato 20-20-20; ma anche di ridurre la cronica dipendenza nazionale dai combustibili fossili per la produzione di energia termica ed elettrica. A molte fonti energetiche rinnovabili viene attribuito anche il beneficio di ridurre l’inquinamento e l’emissione assoluta di gas effetto serra (GHG). Tuttavia le due problematiche, per quanto possano essere correlate, sono profondamente differenti: l’anidride carbonica non è annoverata tra gli inquinanti comunemente analizzati, come ad esempio gli NOx, gli SOx e le polveri fini. Ma la combustione di molti combustibili rinnovabili come ad esempio pellet, legno verde, sfalci d’erba e potature, oppure oli vegetali, comporta l’emissione di notevoli quantità di particolato sottile: installare stufe a pellet o piccole caldaie a biomassa, anche se promuove lo sviluppo delle energie rinnovabili, provoca importanti problemi di inquinamento da polveri fini, specialmente in zone come la Pianura Padana, le cui condizioni orografiche notoriamente non permettono ai venti di “ricambiare” efficacemente l’aria inquinata. In termini di efficienza energetica degli edifici, una stufa o una caldaia a biomasse legnose può soddisfare i parametri prestazionali previsti nella specifica norma tecnica UNI 303-3 e, dal punto di vista dei fabbisogni energetici ed economici, apparire molto conveniente in virtù di un fattore di conversione in energia primaria convenzionalmente posto pari a 0,3 e di un costo relativamente basso del combustibile. Ove tuttavia tali condizioni hanno favorito la larga diffusione dei generatori termici a biomasse legnose, sono contestualmente insorti importanti problemi di inquinamento ambientale. Differente è il discorso per impianti centralizzati di grande potenza, eventualmente in assetto cogenerativo. Adottando una grande caldaia a biomassa, e magari abbinandogli un impianto di generazione elettrica basato su ciclo ORC da cui recuperare i reflui termici a fini civili (ad esempio per teleriscaldamento), rende economicamente e tecnicamente possibile l’utilizzo di filtri avanzati a maniche e/o elettrostatici e/o a ciclone per l’abbattimento delle polveri e degli altri inquinanti. Non va altresì trascurata l’importanza delle misure ambientali compensative per l’abbattimento degli inquinanti comunque emessi. Esempi di studi ambientali ed energetici sono in corso di svolgimento nella provincia Reggio Emilia per la conversione di vecchie aree industriali o la creazione di nuove aree produttive ecologicamente attrezzate. (APEA). Lo studio, del quale il presente lavoro è parte integrante, rappresenta un esempio tipico di analisi sulla sostenibilità di installazioni di grandi impianti cogenerativi a biomasse legnose nei territori di pianura e le misure idonee di tipo compensativo. In questa sede si traccia il quadro della normativa nazionale e locale inerente le centrali a biomassa, per poi identificare una metodologia di valutazione dei benefici e delle misure compensative, con particolare riferimento ad installazioni collocate in Pianura Padana. Nella consapevolezza di non poter fornire una risposta o una soluzione univoca, l’intento è quello di formulare semplici proposte supportate da argomentazioni tecnico-scientifiche il più possibile rigorose.
La problematica degli impianti a biomassa legnosa nella pianura padana, analisi e misure compensative
LAMBRUSCHI, ALEX;MUSCIO, Alberto;BIZZARRI, Giacomo
2011
Abstract
Lo sfruttamento diffuso di energie rinnovabili permette non solo di rispettare impegni internazioni presi dall’Italia climatici, come il pacchetto dell’Unione Europea denominato 20-20-20; ma anche di ridurre la cronica dipendenza nazionale dai combustibili fossili per la produzione di energia termica ed elettrica. A molte fonti energetiche rinnovabili viene attribuito anche il beneficio di ridurre l’inquinamento e l’emissione assoluta di gas effetto serra (GHG). Tuttavia le due problematiche, per quanto possano essere correlate, sono profondamente differenti: l’anidride carbonica non è annoverata tra gli inquinanti comunemente analizzati, come ad esempio gli NOx, gli SOx e le polveri fini. Ma la combustione di molti combustibili rinnovabili come ad esempio pellet, legno verde, sfalci d’erba e potature, oppure oli vegetali, comporta l’emissione di notevoli quantità di particolato sottile: installare stufe a pellet o piccole caldaie a biomassa, anche se promuove lo sviluppo delle energie rinnovabili, provoca importanti problemi di inquinamento da polveri fini, specialmente in zone come la Pianura Padana, le cui condizioni orografiche notoriamente non permettono ai venti di “ricambiare” efficacemente l’aria inquinata. In termini di efficienza energetica degli edifici, una stufa o una caldaia a biomasse legnose può soddisfare i parametri prestazionali previsti nella specifica norma tecnica UNI 303-3 e, dal punto di vista dei fabbisogni energetici ed economici, apparire molto conveniente in virtù di un fattore di conversione in energia primaria convenzionalmente posto pari a 0,3 e di un costo relativamente basso del combustibile. Ove tuttavia tali condizioni hanno favorito la larga diffusione dei generatori termici a biomasse legnose, sono contestualmente insorti importanti problemi di inquinamento ambientale. Differente è il discorso per impianti centralizzati di grande potenza, eventualmente in assetto cogenerativo. Adottando una grande caldaia a biomassa, e magari abbinandogli un impianto di generazione elettrica basato su ciclo ORC da cui recuperare i reflui termici a fini civili (ad esempio per teleriscaldamento), rende economicamente e tecnicamente possibile l’utilizzo di filtri avanzati a maniche e/o elettrostatici e/o a ciclone per l’abbattimento delle polveri e degli altri inquinanti. Non va altresì trascurata l’importanza delle misure ambientali compensative per l’abbattimento degli inquinanti comunque emessi. Esempi di studi ambientali ed energetici sono in corso di svolgimento nella provincia Reggio Emilia per la conversione di vecchie aree industriali o la creazione di nuove aree produttive ecologicamente attrezzate. (APEA). Lo studio, del quale il presente lavoro è parte integrante, rappresenta un esempio tipico di analisi sulla sostenibilità di installazioni di grandi impianti cogenerativi a biomasse legnose nei territori di pianura e le misure idonee di tipo compensativo. In questa sede si traccia il quadro della normativa nazionale e locale inerente le centrali a biomassa, per poi identificare una metodologia di valutazione dei benefici e delle misure compensative, con particolare riferimento ad installazioni collocate in Pianura Padana. Nella consapevolezza di non poter fornire una risposta o una soluzione univoca, l’intento è quello di formulare semplici proposte supportate da argomentazioni tecnico-scientifiche il più possibile rigorose.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.