Il contributo affronta la questione dell'abrogabilità totale della legge elettorale n. 270/2005, secondo l'impostazione dei due quesiti referendari proposti nel 2011 dal comitato promotore (Morrone). Sebbene la questione tecnicamente più spinosa sia quella della c.d. "reviviscenza" della previgente legge elettorale, il contributo cerca di evitare tale questione nei suoi termini più generali, per focalizzarsi sui paradossi dell'attuale giurisprudenza costituzionale sull'ammissibilità del referendum. Quest'ultima impone, infatti, ai promotori dei referendum in materia elettorale una spiccata manipolatività dei quesiti, con il vincolo di muoversi all'interno di principi e meccanismi di fondo intangibili (onde evitare referendum "creativi"). Il paradosso è che, nel caso di una legge come la n. 270/2005, dalle caratteristiche assai poco democratiche e in odore di incostituzionalità, non possa che essere ritoccata al suo interno (invero discutibilmente, come fu tentato con i quesiti "Guzzetta-Segni" nel 2008), ma mai rigettata in toto. Il corpo elettorale non potrebbe dunque compiere l'atto più lineare cui l'istituto referendario sembra chiamarlo: "disvolere" ciò che la politica ha deciso. Se si ritiene che il mero disvolere non sia, nel caso dei sistemi elettorali, atto giuridicamente significativo, potrebbe ribattersi che il Parlamento resta libero di adottare qualsiasi legge che non ricalchi gli stessi meccanismi di quella abrogata, con un giudizio affine a quanto l'Ufficio centrale per il Referendum è chiamato a compiere al fine di valutare la c.d. "abrogazione sufficiente", ossia la caratteristica che una riforma parlamentare deve avere per poter bloccare la procedura referendaria attraverso modifiche non di facciata della legge oggetto del quesito.
Un quadro obbrobrioso che si può solo ritoccare ma mai staccare dal muro
GUAZZAROTTI, Andrea
2012
Abstract
Il contributo affronta la questione dell'abrogabilità totale della legge elettorale n. 270/2005, secondo l'impostazione dei due quesiti referendari proposti nel 2011 dal comitato promotore (Morrone). Sebbene la questione tecnicamente più spinosa sia quella della c.d. "reviviscenza" della previgente legge elettorale, il contributo cerca di evitare tale questione nei suoi termini più generali, per focalizzarsi sui paradossi dell'attuale giurisprudenza costituzionale sull'ammissibilità del referendum. Quest'ultima impone, infatti, ai promotori dei referendum in materia elettorale una spiccata manipolatività dei quesiti, con il vincolo di muoversi all'interno di principi e meccanismi di fondo intangibili (onde evitare referendum "creativi"). Il paradosso è che, nel caso di una legge come la n. 270/2005, dalle caratteristiche assai poco democratiche e in odore di incostituzionalità, non possa che essere ritoccata al suo interno (invero discutibilmente, come fu tentato con i quesiti "Guzzetta-Segni" nel 2008), ma mai rigettata in toto. Il corpo elettorale non potrebbe dunque compiere l'atto più lineare cui l'istituto referendario sembra chiamarlo: "disvolere" ciò che la politica ha deciso. Se si ritiene che il mero disvolere non sia, nel caso dei sistemi elettorali, atto giuridicamente significativo, potrebbe ribattersi che il Parlamento resta libero di adottare qualsiasi legge che non ricalchi gli stessi meccanismi di quella abrogata, con un giudizio affine a quanto l'Ufficio centrale per il Referendum è chiamato a compiere al fine di valutare la c.d. "abrogazione sufficiente", ossia la caratteristica che una riforma parlamentare deve avere per poter bloccare la procedura referendaria attraverso modifiche non di facciata della legge oggetto del quesito.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.