L'articolo avanza l'inedita ipotesi di considerare gli effetti della giurisprudenza CEDU sui giudici nazionali in termini "culturali" anziché meramente normativi. L'approccio alla casistica della Corte di Strasburgo, infatti, implica per i giudici nazionali l'acquisizione di strumenti tipici del common law, quali la capacità di valutare la forza del precedente giudiziario e la possibilità di operare dei "distinguishing", al fine di sottrarre il caso in giudizio al vincolo della decisione di Strasburgo (vincolo riconosciuto dalla Corte costituzionale nelle sentt. nn. 348 e 349 del 2007). La natura delle decisioni di Strasburgo si distingue da quella della nostra Corte costituzionale (ma anche delle supreme giurisdizioni comuni) per essere sempre incentrata sul caso materiale. La comparazione degli elementi fattuali, oltre che normativi, dei casi in decisione con quelli decisi a Strasburgo comporta attente analisi assieme con un approccio ai precedenti differente da quello normalmente praticato dai giudici italiani. Nella cultura media dei giudici italiani, infatti, il precedente viene spesso confuso con la c.d. "massima", ove la connessione tra elementi fattuali e normativi del caso è normalmente assente. La giurisprudenza di Strasburgo non è raccolta in un "massimario ufficiale" e non si lascia comprendere attraverso la mera sintesi per massime. Sotto un altro profilo, la giurisprudenza CEDU, proprio per i suoi riferimenti al caso, offre ai giudici comuni interni dei test di giudizio a volte più pregnanti ed efficaci di quelli offerti dalla Corte costituzionale. Pronunciandosi sulla astratta legittimità costituzionale delle leggi, quest'ultima non riesce sempre a guidare in modo efficace l'applicazione giudiziaria della legge conformemente a Costituzione. Le sentenze interpretative di rigetto, infatti, lasciano ai giudici comuni l'onere di sviluppare una prassi costituzionalmente conforme, senza possibilità di controllo ulteriore e di sanzione costituzionale in caso di mancata osservanza dell'interpretazione suggerita dalla Corte cost. Il mancato rispetto di un precedente CEDU, invece, comporta il rischio per giudice comune di essere espressamente smentito in un successivo giudizio a Strasburgo, con annessa condanna del proprio Stato per violazione della CEDU. Il che contribuisce a rendere maggiormente effettiva la tutela dei diritti.

Precedente CEDU e mutamenti culturali nella prassi giurisprudenziale italiana

GUAZZAROTTI, Andrea
2011

Abstract

L'articolo avanza l'inedita ipotesi di considerare gli effetti della giurisprudenza CEDU sui giudici nazionali in termini "culturali" anziché meramente normativi. L'approccio alla casistica della Corte di Strasburgo, infatti, implica per i giudici nazionali l'acquisizione di strumenti tipici del common law, quali la capacità di valutare la forza del precedente giudiziario e la possibilità di operare dei "distinguishing", al fine di sottrarre il caso in giudizio al vincolo della decisione di Strasburgo (vincolo riconosciuto dalla Corte costituzionale nelle sentt. nn. 348 e 349 del 2007). La natura delle decisioni di Strasburgo si distingue da quella della nostra Corte costituzionale (ma anche delle supreme giurisdizioni comuni) per essere sempre incentrata sul caso materiale. La comparazione degli elementi fattuali, oltre che normativi, dei casi in decisione con quelli decisi a Strasburgo comporta attente analisi assieme con un approccio ai precedenti differente da quello normalmente praticato dai giudici italiani. Nella cultura media dei giudici italiani, infatti, il precedente viene spesso confuso con la c.d. "massima", ove la connessione tra elementi fattuali e normativi del caso è normalmente assente. La giurisprudenza di Strasburgo non è raccolta in un "massimario ufficiale" e non si lascia comprendere attraverso la mera sintesi per massime. Sotto un altro profilo, la giurisprudenza CEDU, proprio per i suoi riferimenti al caso, offre ai giudici comuni interni dei test di giudizio a volte più pregnanti ed efficaci di quelli offerti dalla Corte costituzionale. Pronunciandosi sulla astratta legittimità costituzionale delle leggi, quest'ultima non riesce sempre a guidare in modo efficace l'applicazione giudiziaria della legge conformemente a Costituzione. Le sentenze interpretative di rigetto, infatti, lasciano ai giudici comuni l'onere di sviluppare una prassi costituzionalmente conforme, senza possibilità di controllo ulteriore e di sanzione costituzionale in caso di mancata osservanza dell'interpretazione suggerita dalla Corte cost. Il mancato rispetto di un precedente CEDU, invece, comporta il rischio per giudice comune di essere espressamente smentito in un successivo giudizio a Strasburgo, con annessa condanna del proprio Stato per violazione della CEDU. Il che contribuisce a rendere maggiormente effettiva la tutela dei diritti.
2011
Guazzarotti, Andrea
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