L’esperienza ci dice che ci sono processi naturale irreversibili – che è come dire che il mondo attorno a noi (con noi compresi) sta invecchiando, sta cambiando giorno per giorno senza aver nessuna possibilità di tornare indietro. È una realtà che l’architetto conosce molto bene, forse dal primo momento che varca le porte da studente di una facoltà, e si imbatte negli esami del biennio in cui con rilievi e disegni è obbligato a tentare di comprendere prima cos’è lo spazio, poi cosa sono le forme nello spazio, e infine a rendersi conto di come stanno, di come vivono, matericamente tradotte, la loro stagione di vita. Forse possiamo condurre la realtà delle cose a “invecchiare bene”, come scriveva Kevin Lynch in Il tempo dello spazio, attraverso un progetto cosciente che renda valore alla diagnosi per determinare la terapia (con azioni reversibili) da dedicare a un malato cronico che ha tutto il diritto di vivere più a lungo possibile con dignità. Esiste una sostenibilità dell’intervento realizzativo che deve cercare di mantenere nelle modalità più ampie possibili il capitale (ambientale, architettonico, culturale) su cui si interviene. Esprimendo il valore di patrimonio, si cerca di individuarne la valenza di unicità e quindi di rendere ogni intervento richiesto reversibile, nel senso di meno contaminante, distruttivo, interpretante, disperdente, per consentire a chi verrà dopo di poter godere del medesimo bene e di poter tornare a intervenire reversibilmente con tecnologie progettuali e conservative ancora meno invasive e più tutelanti. In fondo è un principio progettuale progressivo, che non si limita nel tempo con una modalità predeterminata, ma detta le basi per una consapevolezza che agisce per gradi, per sperimentazioni verificate nel tempo, che si autoverifica, autocorregge, insomma cerca di migliorare progressivamente. Potrebbe venire in aiuto l’assioma dell’incompletezza di Jacques Deridda. La città, il territorio e il tessuto restano aperti perché solo un’interpretazione comportamentista e flessibile li rendono più adattabili al mutamento, ma si utilizzano, a compensazione, modelli descrittivi sempre più raffinati, strutturalmente integrati, dando finalmente valore ai caratteri rilevabili, agli elementi misurabili di un oggetto e di uno spazio, tenendo sempre sotto controllo quanto si è realizzato.

Assioma dell’incompletezza

BALZANI, Marcello
2012

Abstract

L’esperienza ci dice che ci sono processi naturale irreversibili – che è come dire che il mondo attorno a noi (con noi compresi) sta invecchiando, sta cambiando giorno per giorno senza aver nessuna possibilità di tornare indietro. È una realtà che l’architetto conosce molto bene, forse dal primo momento che varca le porte da studente di una facoltà, e si imbatte negli esami del biennio in cui con rilievi e disegni è obbligato a tentare di comprendere prima cos’è lo spazio, poi cosa sono le forme nello spazio, e infine a rendersi conto di come stanno, di come vivono, matericamente tradotte, la loro stagione di vita. Forse possiamo condurre la realtà delle cose a “invecchiare bene”, come scriveva Kevin Lynch in Il tempo dello spazio, attraverso un progetto cosciente che renda valore alla diagnosi per determinare la terapia (con azioni reversibili) da dedicare a un malato cronico che ha tutto il diritto di vivere più a lungo possibile con dignità. Esiste una sostenibilità dell’intervento realizzativo che deve cercare di mantenere nelle modalità più ampie possibili il capitale (ambientale, architettonico, culturale) su cui si interviene. Esprimendo il valore di patrimonio, si cerca di individuarne la valenza di unicità e quindi di rendere ogni intervento richiesto reversibile, nel senso di meno contaminante, distruttivo, interpretante, disperdente, per consentire a chi verrà dopo di poter godere del medesimo bene e di poter tornare a intervenire reversibilmente con tecnologie progettuali e conservative ancora meno invasive e più tutelanti. In fondo è un principio progettuale progressivo, che non si limita nel tempo con una modalità predeterminata, ma detta le basi per una consapevolezza che agisce per gradi, per sperimentazioni verificate nel tempo, che si autoverifica, autocorregge, insomma cerca di migliorare progressivamente. Potrebbe venire in aiuto l’assioma dell’incompletezza di Jacques Deridda. La città, il territorio e il tessuto restano aperti perché solo un’interpretazione comportamentista e flessibile li rendono più adattabili al mutamento, ma si utilizzano, a compensazione, modelli descrittivi sempre più raffinati, strutturalmente integrati, dando finalmente valore ai caratteri rilevabili, agli elementi misurabili di un oggetto e di uno spazio, tenendo sempre sotto controllo quanto si è realizzato.
2012
Balzani, Marcello
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