In Italia, al pari dei tassi europei emondiali, la principale causa di morte è rappresentata dalle malattie del sistema cardiovascolare (40% delle morti), superiore anche alle patologie tumorali (31,9% delle morti totali): Nonostante l’eccellente diagnosi e terapia post infarto del miocardio (MI), i major adverse cardiac events (MACE) e la progressione della lesione restano un punto critico anche in presenza di una efficace strategia riperfusiva (PCI) limitando la sopravvivenza a lungo termine. Il rimodellamento del ventricolo sinistro (LV) è la più comune causa di heart failure (HF) associata a prognosi negativa post-MI. L’espansione dell’area infartuata favorisce infatti dilatazione del LV, anomalo rimodellamento ed HF. Ottimizzare le fasi precoci di trattamento è un punto cruciale nel prevenire progressione, dilatazione e disfunzioni cardiache. Promuovere la guarigione del miocardio e ridurre l’espansione dell’infarto evita l’instaurarsi di una geometria alterata del ventricolo ed il progressivo rimodellamento. Ad oggi, pochissime terapie sono disponibili per migliorare la riparazione locale del cuore. Evidenze sperimentali in modelli murini suggeriscono che il fattore XIII della coagulazione (FXIII) gioca un ruolo chiave nella guarigione del miocardio e i suoi bassi livelli in circolo si associano a rottura cardiaca e morte post-infarto. Questi studi dimostrano l’importanza di idonei livelli di FXIII sulla sopravvivenza post-MI, sulla formazione di una cicatrice stabile, sullo spessore della cicatrice, sul contenimento dell’espansione dell’infarto e sulla dilatazione del LV. L’infarto determina una cicatrice fibrotica non contrattile e assottiglia ed espande l’area interessata. I livelli di FXIII sono bassi nel cuore di pazienti con rottura cardiaca, e riduzioni farmacologiche dei livelli di FXIII, come durante le terapie anticoagulanti, hanno impatto negativo sull’healing. Il nostro ed altri gruppi hanno dimostrato una fisiologica riduzione dei livelli di FXIII nella prima settimana post-MI. Questo è dovuto al ruolo del FXIII nell’angiogenesi, nella sintesi/deposizione di collagene e sull’attività delle MMPs come ampiamente dimostrato anche in altri modelli di riparazione tessutale (Zamboni & Gemmati, 2007). Inoltre, il nostro gruppo ha dimostrato che varianti geniche del FXIII, associate ad aumentata attività, riducono la mortalità cardiovascolare post-MI e l’incidenza di HF a un anno di follow-up. Abbiamo riportato dati simili in un altro modello di lesione (ulcere venose arti inferiori) in cui elevati livelli/attività di FXIII riducono l’estensione della lesione cutanea nella malattia cronica venosa. Lo scopo principale del progetto è valutare i livelli plasmatici di FXIII ogni 24 ore in pazienti durante i primi 6 giorni post-MI e correlarli con i classici parametri clinici e di laboratorio. In particolare, saranno confrontati livelli e cinetiche dei markers di lesione causati dall’infarto con i livelli di FXIII. Un follow-up a 30gg e ad un anno saranno eseguiti stratificando i pazienti per MACE. La curva di sopravvivenza sarà anche stratificata per livelli di FXIII e questo fornirà preziose informazioni prognostiche riconoscendo un livello soglia di FXIII al di sotto del quale si può prevedere una prognosi negativa considerando il paziente candidato a terapia sostitutiva con FXIII. Tutti i pazienti saranno genotipizzati per i principali polimorfismi del gene FXIII. Questo rivelerà relazioni tra genotipo, livelli di FXIII ed outcome clinico. Mentre la variante genica FXIII V34L è stata ampiamente studiata, poco si conosce sulle altre varianti e in particolare sulle combinazioni di queste nell’espressione del FXIII. Tali informazioni sono difficilmente ottenibili con studi di associazione in pazienti nei quali le combinazioni dei genotipi rari sono scarsamente rappresentate in omozigosi. Un altro punto cruciale del progetto sarà la caratterizzazione molecolare delle varianti del FXIII mediante espressione in vitro di molecole ricombinanti (r-FXIII) contenenti singole sostituzioni o loro combinazioni. Ci aspettiamo di chiarire la relazione tra genotipo del FXIII, livelli circolanti ed outcome clinico in pazienti con MI e di identificare gli effetti di specifiche sostituzioni aminoacidiche sull’espressione del FXIII. Questa informazione potrebbe suggerire un nuovo management clinico basato sulla farmacogenetica e nuove strategie terapeutiche, come la somministrazione di r-FXIII, volte a migliorare l’healing cardiaco in pazienti selezionati per alto rischio di prognosi negativa. Metodi: i pazienti saranno reclutati dall’unita coronarica (UTIC) dell’Università di Ferrara. All’arruolamento (t0) e ogni 24 ore per i 5 giorni successivi (t1-5) verrà eseguito un prelievo di sangue e il plasma rapidamente congelato. Un campione di controllo sarà prelevato al 30° giorno (t30) per avere i livelli basali di FXIII. I criteri d’inclusione saranno in accordo alla dettagliata descrizione precedentemente riportata (Gemmati et al; Mol Med, 2007). Lo studio è già stato approvato dal Comitato Etico. Il follow-up clinico, i test di valutazione dei livelli di FXIII dei pazienti arruolati e l’analisi statistica globale saranno eseguiti come già riportato (Gemmati et al; Mol Med, 2007). Follow-up: L’endpoint primario è la combinazione di morte cardiovascolare, reinfarto e heart failure (HF) a 30 giorni e ad un anno.

FXIII e infarto del miocardio: un nuovo marker prognostico? Farmacogenetica e terapia personalizzata. (FAR 2010)

GEMMATI, Donato
2010

Abstract

In Italia, al pari dei tassi europei emondiali, la principale causa di morte è rappresentata dalle malattie del sistema cardiovascolare (40% delle morti), superiore anche alle patologie tumorali (31,9% delle morti totali): Nonostante l’eccellente diagnosi e terapia post infarto del miocardio (MI), i major adverse cardiac events (MACE) e la progressione della lesione restano un punto critico anche in presenza di una efficace strategia riperfusiva (PCI) limitando la sopravvivenza a lungo termine. Il rimodellamento del ventricolo sinistro (LV) è la più comune causa di heart failure (HF) associata a prognosi negativa post-MI. L’espansione dell’area infartuata favorisce infatti dilatazione del LV, anomalo rimodellamento ed HF. Ottimizzare le fasi precoci di trattamento è un punto cruciale nel prevenire progressione, dilatazione e disfunzioni cardiache. Promuovere la guarigione del miocardio e ridurre l’espansione dell’infarto evita l’instaurarsi di una geometria alterata del ventricolo ed il progressivo rimodellamento. Ad oggi, pochissime terapie sono disponibili per migliorare la riparazione locale del cuore. Evidenze sperimentali in modelli murini suggeriscono che il fattore XIII della coagulazione (FXIII) gioca un ruolo chiave nella guarigione del miocardio e i suoi bassi livelli in circolo si associano a rottura cardiaca e morte post-infarto. Questi studi dimostrano l’importanza di idonei livelli di FXIII sulla sopravvivenza post-MI, sulla formazione di una cicatrice stabile, sullo spessore della cicatrice, sul contenimento dell’espansione dell’infarto e sulla dilatazione del LV. L’infarto determina una cicatrice fibrotica non contrattile e assottiglia ed espande l’area interessata. I livelli di FXIII sono bassi nel cuore di pazienti con rottura cardiaca, e riduzioni farmacologiche dei livelli di FXIII, come durante le terapie anticoagulanti, hanno impatto negativo sull’healing. Il nostro ed altri gruppi hanno dimostrato una fisiologica riduzione dei livelli di FXIII nella prima settimana post-MI. Questo è dovuto al ruolo del FXIII nell’angiogenesi, nella sintesi/deposizione di collagene e sull’attività delle MMPs come ampiamente dimostrato anche in altri modelli di riparazione tessutale (Zamboni & Gemmati, 2007). Inoltre, il nostro gruppo ha dimostrato che varianti geniche del FXIII, associate ad aumentata attività, riducono la mortalità cardiovascolare post-MI e l’incidenza di HF a un anno di follow-up. Abbiamo riportato dati simili in un altro modello di lesione (ulcere venose arti inferiori) in cui elevati livelli/attività di FXIII riducono l’estensione della lesione cutanea nella malattia cronica venosa. Lo scopo principale del progetto è valutare i livelli plasmatici di FXIII ogni 24 ore in pazienti durante i primi 6 giorni post-MI e correlarli con i classici parametri clinici e di laboratorio. In particolare, saranno confrontati livelli e cinetiche dei markers di lesione causati dall’infarto con i livelli di FXIII. Un follow-up a 30gg e ad un anno saranno eseguiti stratificando i pazienti per MACE. La curva di sopravvivenza sarà anche stratificata per livelli di FXIII e questo fornirà preziose informazioni prognostiche riconoscendo un livello soglia di FXIII al di sotto del quale si può prevedere una prognosi negativa considerando il paziente candidato a terapia sostitutiva con FXIII. Tutti i pazienti saranno genotipizzati per i principali polimorfismi del gene FXIII. Questo rivelerà relazioni tra genotipo, livelli di FXIII ed outcome clinico. Mentre la variante genica FXIII V34L è stata ampiamente studiata, poco si conosce sulle altre varianti e in particolare sulle combinazioni di queste nell’espressione del FXIII. Tali informazioni sono difficilmente ottenibili con studi di associazione in pazienti nei quali le combinazioni dei genotipi rari sono scarsamente rappresentate in omozigosi. Un altro punto cruciale del progetto sarà la caratterizzazione molecolare delle varianti del FXIII mediante espressione in vitro di molecole ricombinanti (r-FXIII) contenenti singole sostituzioni o loro combinazioni. Ci aspettiamo di chiarire la relazione tra genotipo del FXIII, livelli circolanti ed outcome clinico in pazienti con MI e di identificare gli effetti di specifiche sostituzioni aminoacidiche sull’espressione del FXIII. Questa informazione potrebbe suggerire un nuovo management clinico basato sulla farmacogenetica e nuove strategie terapeutiche, come la somministrazione di r-FXIII, volte a migliorare l’healing cardiaco in pazienti selezionati per alto rischio di prognosi negativa. Metodi: i pazienti saranno reclutati dall’unita coronarica (UTIC) dell’Università di Ferrara. All’arruolamento (t0) e ogni 24 ore per i 5 giorni successivi (t1-5) verrà eseguito un prelievo di sangue e il plasma rapidamente congelato. Un campione di controllo sarà prelevato al 30° giorno (t30) per avere i livelli basali di FXIII. I criteri d’inclusione saranno in accordo alla dettagliata descrizione precedentemente riportata (Gemmati et al; Mol Med, 2007). Lo studio è già stato approvato dal Comitato Etico. Il follow-up clinico, i test di valutazione dei livelli di FXIII dei pazienti arruolati e l’analisi statistica globale saranno eseguiti come già riportato (Gemmati et al; Mol Med, 2007). Follow-up: L’endpoint primario è la combinazione di morte cardiovascolare, reinfarto e heart failure (HF) a 30 giorni e ad un anno.
2010
Gemmati, Donato
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