Nell’ambito proprio della conservazione del patrimonio architettonico, l'importanza della conoscenza delle tecniche costruttive, quali espressione della cultura materiale di un determinato areale in un preciso momento storico, è un dato ampiamente acquisito. Tuttavia, se è condivisa la necessità di documentare, di studiare e di preservare tecniche costruttive e le maestranze di cui sono espressione, dal punto di vista del procedere criticamente conservativo, invece, si apre una serie di quesiti su come questo bagaglio immateriale di conoscenze debba contribuire a far dialogare nel cantiere di restauro le istanze della conservazione con i tecnicismi propri del consolidamento, nel rispetto dell'autentica unicità dell’apparato strutturale. Del resto, il costruito storico, piuttosto che registrare conflitti ed antinomie tra architetti e maestranze, ha rappresentato il luogo dell'attività sinergica tra magister e fabbricatori, in cui si è reifica la sintesi tra l’originale cultura tecnica e l’abilità manuale, coscienti che in architettura «l’autobiografia è comunque mediata dalle maestranze» (P. FANCELLI, 2005). Pertanto, la ricerca ha inteso indagare i termini di questo dibattito, impiantando un’attenta analisi della fabbrica ducale di Solopaca, consistita in una complessa e puntuale lettura materica dell'organismo architettonico, documentando i molteplici aspetti della residenza nobiliare tra i quali si è individuato negli orizzontamenti in travi lignee con incartate l’espressione distintiva della cultura materiale dell’areale di Solopaca. Tali impalcati si distinguono per la semplice orditura composta di travi in castagno lavorati ad ascia, a sezione circolare, disposti alternando la cima e la base dei fusti, in relazione al lato minore del vano, sui quali è adagiato un assito di chiancarelle, le cui guance inferiori, lavorate in piano, costituiscono il supporto per l’apparato decorativo costituito dalle incartate. In conclusione, a fronte del semplice apparecchio dei palchi (G. Carena, 1850) e dell’unicità dell’impianto decorativo, l’intervento proposto, criticamente svolto a vantaggio della specifica funzionalità, non ha inteso dissimulare in alcun modo il passaggio del tempo,ma piuttosto tutelare esaltando e dichiarando l’autenticità dell’episodio esaminato.
La conservazione degli impalcati lignei nel palazzo ducale Ceva-Grimaldi in Solopaca: un’esperienza in corpore vili tra consolidamento critico e reintegrazione dell’immagine.
MONTUORI, Manlio;
2009
Abstract
Nell’ambito proprio della conservazione del patrimonio architettonico, l'importanza della conoscenza delle tecniche costruttive, quali espressione della cultura materiale di un determinato areale in un preciso momento storico, è un dato ampiamente acquisito. Tuttavia, se è condivisa la necessità di documentare, di studiare e di preservare tecniche costruttive e le maestranze di cui sono espressione, dal punto di vista del procedere criticamente conservativo, invece, si apre una serie di quesiti su come questo bagaglio immateriale di conoscenze debba contribuire a far dialogare nel cantiere di restauro le istanze della conservazione con i tecnicismi propri del consolidamento, nel rispetto dell'autentica unicità dell’apparato strutturale. Del resto, il costruito storico, piuttosto che registrare conflitti ed antinomie tra architetti e maestranze, ha rappresentato il luogo dell'attività sinergica tra magister e fabbricatori, in cui si è reifica la sintesi tra l’originale cultura tecnica e l’abilità manuale, coscienti che in architettura «l’autobiografia è comunque mediata dalle maestranze» (P. FANCELLI, 2005). Pertanto, la ricerca ha inteso indagare i termini di questo dibattito, impiantando un’attenta analisi della fabbrica ducale di Solopaca, consistita in una complessa e puntuale lettura materica dell'organismo architettonico, documentando i molteplici aspetti della residenza nobiliare tra i quali si è individuato negli orizzontamenti in travi lignee con incartate l’espressione distintiva della cultura materiale dell’areale di Solopaca. Tali impalcati si distinguono per la semplice orditura composta di travi in castagno lavorati ad ascia, a sezione circolare, disposti alternando la cima e la base dei fusti, in relazione al lato minore del vano, sui quali è adagiato un assito di chiancarelle, le cui guance inferiori, lavorate in piano, costituiscono il supporto per l’apparato decorativo costituito dalle incartate. In conclusione, a fronte del semplice apparecchio dei palchi (G. Carena, 1850) e dell’unicità dell’impianto decorativo, l’intervento proposto, criticamente svolto a vantaggio della specifica funzionalità, non ha inteso dissimulare in alcun modo il passaggio del tempo,ma piuttosto tutelare esaltando e dichiarando l’autenticità dell’episodio esaminato.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.