L'articolo prende a spunto una decisione della Corte costituzionale (293/2010) in tema di espropriazioni per affrontare il tema della tutela dei diritti c.d. "multilivello" e dei rapporti tra sistema CEDU e ordinamento nazionale. La vicenda concreta mette in luce un intreccio di rapporti fra soggetti diversi, sia a livello interno che a livello CEDU, di difficile coordinamento. Le note condanne dell'Italia causate dalla prassi delle c.d. "espropriazioni indirette" (ossia della c.d. "occupazione acquisitiva" o "accessione invertita", per cui anche in caso di illegittimità della procedura espropriativa l'opera pubblica già realizzata sul fondo privato passava alla mano pubblica, dietro un risarcimento fissato a valori non di mercato) avevano indotto il governo a inserire nel d.lgs. 327/2001 (T.U. sulle espropriazioni) un istituto giuridico di nuovo conio (la c.d. "acquisizione sanante") che innovava completamente alla precedente legislazione, senza che di una simile riforma legislativa vi fosse traccia nei principi e criteri direttivi della legge delega. L'innovazione era frutto dell'elaborazione del Consiglio di Stato, cui il Governo aveva fatto redigere lo schema di decreto. E lo stesso Consiglio di Stato, per anni, si era rifiutato di rilevare l'eccesso di delega (quale vizio di incostituzionalità del d.lgs.) ma anche la non conformità alla CEDU. Nonostante la stessa Corte EDU avesse più volte chiaramente rilevato (sia pure in obiter dictum) che tale istituto non garantiva (al pari dell'istituto giuriprudenziale dell'occupazione acquisitiva) la certezza del diritto e dunque violava anch'esso il diritto di proprietà, il Consiglio di Stato (e alcuni TAR) preferiva appoggiarsi sul giudizio dato dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, competente a valutare l'esecuzione data dagli Stati alle sentenze di condanna della Corte EDU. Il giudizio di tale Comitato, invero, non era stato di piena assoluzione, tanto che le sue risoluzioni sul punto erano solo interinali. In ogni caso, la dottrina aveva rilevato più punti di contrasto tra la normativa del T.U. e il "diritto vivente" della CEDU. Giunta la questione alla Corte costituzionale, sia per contrasto con la CEDU che per eccesso di delega, il giudice costituzionale preferiva dichiarare l'incostituzionalità per il solo eccesso di delega, non senza rilevare come le disposizioni impugnate si rivelassero contrastanti anche con la giuripsrudenza CEDU. Spunti di riflessione sono dati dall'alterazione che la CEDU e le condanne della Corte EDU stimola nei confronti degli organi costituzionali interni (il potere del Governo di adottare norme di legge subordinato ai vincoli parlamentari; l'opportunismo del Governo e dello stesso Consiglio di Stato nello sfruttare vincoli internazionali intesi come più fa comodo per introdurre istituti lesivi dei diritti individuali, pure apparentemente ispirati all'esigenza opposta) ma anche dai rapporti tra giurisprudenza CEDU e orientamenti del Comitato dei ministri, posto che il secondo è in condizione di "interpretare" le decisioni di condanna della prima e di influenzare gli organi statuali in modo non conforme all'effettiva portata delle sentenze della Corte EDU. A tale problema tenta, fra l'altro, di porre rimedio il XIV Protocollo addizionale alla CEDU, di cui pure si dà cenno nel testo. L'articolo si conclude evidenziando come il nostro Paese non abbia affrontato alla radice la questione delle espropriazioni illegittime, togliendo o limitando il potere della p.a. di ricorrere all'occupazione d'urgenza del fondo privato per cinque anni in assenza di definitivo provvedimento espropriativo.
ESPROPRIAZIONI ILLEGITTIME E TUTELA MULTILIVELLO DELLA PROPRIETÀ: PROSPETTIVE COSTITUZIONALI
GUAZZAROTTI, Andrea
2011
Abstract
L'articolo prende a spunto una decisione della Corte costituzionale (293/2010) in tema di espropriazioni per affrontare il tema della tutela dei diritti c.d. "multilivello" e dei rapporti tra sistema CEDU e ordinamento nazionale. La vicenda concreta mette in luce un intreccio di rapporti fra soggetti diversi, sia a livello interno che a livello CEDU, di difficile coordinamento. Le note condanne dell'Italia causate dalla prassi delle c.d. "espropriazioni indirette" (ossia della c.d. "occupazione acquisitiva" o "accessione invertita", per cui anche in caso di illegittimità della procedura espropriativa l'opera pubblica già realizzata sul fondo privato passava alla mano pubblica, dietro un risarcimento fissato a valori non di mercato) avevano indotto il governo a inserire nel d.lgs. 327/2001 (T.U. sulle espropriazioni) un istituto giuridico di nuovo conio (la c.d. "acquisizione sanante") che innovava completamente alla precedente legislazione, senza che di una simile riforma legislativa vi fosse traccia nei principi e criteri direttivi della legge delega. L'innovazione era frutto dell'elaborazione del Consiglio di Stato, cui il Governo aveva fatto redigere lo schema di decreto. E lo stesso Consiglio di Stato, per anni, si era rifiutato di rilevare l'eccesso di delega (quale vizio di incostituzionalità del d.lgs.) ma anche la non conformità alla CEDU. Nonostante la stessa Corte EDU avesse più volte chiaramente rilevato (sia pure in obiter dictum) che tale istituto non garantiva (al pari dell'istituto giuriprudenziale dell'occupazione acquisitiva) la certezza del diritto e dunque violava anch'esso il diritto di proprietà, il Consiglio di Stato (e alcuni TAR) preferiva appoggiarsi sul giudizio dato dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, competente a valutare l'esecuzione data dagli Stati alle sentenze di condanna della Corte EDU. Il giudizio di tale Comitato, invero, non era stato di piena assoluzione, tanto che le sue risoluzioni sul punto erano solo interinali. In ogni caso, la dottrina aveva rilevato più punti di contrasto tra la normativa del T.U. e il "diritto vivente" della CEDU. Giunta la questione alla Corte costituzionale, sia per contrasto con la CEDU che per eccesso di delega, il giudice costituzionale preferiva dichiarare l'incostituzionalità per il solo eccesso di delega, non senza rilevare come le disposizioni impugnate si rivelassero contrastanti anche con la giuripsrudenza CEDU. Spunti di riflessione sono dati dall'alterazione che la CEDU e le condanne della Corte EDU stimola nei confronti degli organi costituzionali interni (il potere del Governo di adottare norme di legge subordinato ai vincoli parlamentari; l'opportunismo del Governo e dello stesso Consiglio di Stato nello sfruttare vincoli internazionali intesi come più fa comodo per introdurre istituti lesivi dei diritti individuali, pure apparentemente ispirati all'esigenza opposta) ma anche dai rapporti tra giurisprudenza CEDU e orientamenti del Comitato dei ministri, posto che il secondo è in condizione di "interpretare" le decisioni di condanna della prima e di influenzare gli organi statuali in modo non conforme all'effettiva portata delle sentenze della Corte EDU. A tale problema tenta, fra l'altro, di porre rimedio il XIV Protocollo addizionale alla CEDU, di cui pure si dà cenno nel testo. L'articolo si conclude evidenziando come il nostro Paese non abbia affrontato alla radice la questione delle espropriazioni illegittime, togliendo o limitando il potere della p.a. di ricorrere all'occupazione d'urgenza del fondo privato per cinque anni in assenza di definitivo provvedimento espropriativo.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.