L’attenzione che la cultura architettonica ha recentemente rivolto verso l’architettura del Novecento, ha stimolato efficacemente la necessità di salvaguardare questo patrimonio, seppur appartenente a un recente passato; lo dimostrano le azioni sistematiche di tutela della produzione architettonica “moderna”, intraprese dalla Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l’architettura e l’arte contemporanee (PARC), dalle Soprintendenze, ma anche dalle Amministrazioni Comunali. Si pongono, pertanto, nuovi interrogativi metodologici e operativi nei confronti delle tecniche costruttive e dei materiali, di derivazione industriale, estranei alla tradizione costruttiva storica, tra cui i rivestimenti e i manufatti in pietra artificiale, o litocemento. L’uso in architettura della pietra artificiale con legante cementizio si diffuse sul finire dell’Ottocento, quando l’applicazione di stucchi e marmorini venne sostituita dall’impiego di un nuovo legante, il cemento, che pigmentato e adeguatamente lavorato consentiva la realizzazione di manufatti esteticamente simili alle pietre naturali. La produzione, seppur stimolata dalle innovazioni apportate dai nuovi materiali industriali, rimase prevalentemente di carattere artigianale, legata più alla produzione di “bottega” che non a quella industriale, anche per gli elementi seriali (sia lastre che elementi di ornato) prodotti a stampo. Alla luce di queste considerazioni, appare oggi indispensabile un recupero culturale e tecnico della produzione litocementizia. La necessaria conoscenza delle tecniche di realizzazione, di formatura e posa in opera risulta basilare per intraprendere un’adeguata conservazione, da attuarsi attraverso linee guida che defi niscano gli interventi di manutenzione e di restauro.
La pietra artificiale nell'architettura del "ventennio fascista". Conoscenza e sperimentazione per il restauro.
ROCCHI, Luca
2010
Abstract
L’attenzione che la cultura architettonica ha recentemente rivolto verso l’architettura del Novecento, ha stimolato efficacemente la necessità di salvaguardare questo patrimonio, seppur appartenente a un recente passato; lo dimostrano le azioni sistematiche di tutela della produzione architettonica “moderna”, intraprese dalla Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l’architettura e l’arte contemporanee (PARC), dalle Soprintendenze, ma anche dalle Amministrazioni Comunali. Si pongono, pertanto, nuovi interrogativi metodologici e operativi nei confronti delle tecniche costruttive e dei materiali, di derivazione industriale, estranei alla tradizione costruttiva storica, tra cui i rivestimenti e i manufatti in pietra artificiale, o litocemento. L’uso in architettura della pietra artificiale con legante cementizio si diffuse sul finire dell’Ottocento, quando l’applicazione di stucchi e marmorini venne sostituita dall’impiego di un nuovo legante, il cemento, che pigmentato e adeguatamente lavorato consentiva la realizzazione di manufatti esteticamente simili alle pietre naturali. La produzione, seppur stimolata dalle innovazioni apportate dai nuovi materiali industriali, rimase prevalentemente di carattere artigianale, legata più alla produzione di “bottega” che non a quella industriale, anche per gli elementi seriali (sia lastre che elementi di ornato) prodotti a stampo. Alla luce di queste considerazioni, appare oggi indispensabile un recupero culturale e tecnico della produzione litocementizia. La necessaria conoscenza delle tecniche di realizzazione, di formatura e posa in opera risulta basilare per intraprendere un’adeguata conservazione, da attuarsi attraverso linee guida che defi niscano gli interventi di manutenzione e di restauro.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.