La scarsa attenzione critica rivolta a William Michael Rossetti fino ad alcuni anni fa è una prova inconfutabile del modesto interesse suscitato dalla sua figura e dalla sua opera. Non si può invocare l’ignoranza circa i suoi scritti, a motivazione della negligenza: che egli fosse uno scrittore, ed anche prolifico, è stato sempre riconosciuto. Piuttosto si può argomentare che la sua produzione letteraria sia di limitato valore artistico, ma certamente non si può omettere che fino a pochi anni fa accostare Dante Gabriel oppure Christina Rossetti all’altro fratello equivaleva, ricorrendo ad una metafora dall’afflato vittoriano, a paragonare due luci vivide ed intense ad una opaca e velata. Tuttavia, più recentemente la fisionomia dimessa di William Michael si è tramutata in una presenza nitida e finanche distinta. William Rossetti’s Art Criticism: The Search for Truth in Victorian Art (1998) di Julie L’Enfant e William and Lucy. The Other Rossettis (2003) di Angela Thirlwell hanno dimostrato che vi è un altro Rossetti, oltre ai due più noti e al loro pur noto padre. E finalmente Gianni Oliva ha indagato le relazioni anglo-italiane alle quali William Michael si dedicò per tutta la sua vita, mosso dalla volontà di identificare i caratteri distintivi di due identità culturali e di compiere mediazioni quando in esse individuava dissonanze e forti iati.Per le proprie figurazioni dell’Italia William Michael non utilizzò la scrittura creativa, diversamente dal fratello e dalla sorella, bensì la scrittura epistolare, autobiografica e critica. I contributi critici recenti delineano dunque un ritratto stratificato, mostrando come la metodicità e l’assennatezza del suo stile di vita abbiano distolto l’attenzione dalla profondità dei suoi interessi. Gli scritti nei quali Rossetti parla dell’Italia consentono di valutare la portata del suo contributo intellettuale. È nella capacità di generare un dialogo fra la cultura italiana e britannica che si manifesta la specificità del suo pensiero. I saggi pubblicati da William Michael fra gli anni Sessanta dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento riguardano l’arte figurativa di vari paesi in diversi contesti storici; all’interno dell’ampia messe critica i suoi giudizi sui pittori medievali e rinascimentali italiani saranno esaminati per comprendere come e perché i dati biografici e gli aspetti iconografici sui quali si sofferma sottendano una duplice finalità: mentre esprime la propria visione di storico dell’arte, egli presenta alla Gran Bretagna un quadro della storia culturale dell’Italia, evidenziandone gli aspetti eccellenti, i momenti esemplari, le figure illustri ed anche i caratteri mediocri e deteriori. Italia di pittori, la si potrebbe definire, per introdurre l’ipotesi secondo la quale l’esperienza figurativa dal Duecento al Settecento offre a Rossetti la possibilità di articolare la propria figurazione della cultura italiana, muovendosi in un campo d’indagine esteso e assumendo una prospettiva privilegiata grazie alla sua doppia identità culturale. L’indagine si soffermerà a considerare la sua formazione e ad individuare gli storici dell’arte di riferimento non tanto per valutare quale rilevanza le sue recensioni abbiano avuto nella storia della critica, quanto per indagare come, riattraversando la storia della pittura italiana, egli costruisca un’intelaiatura sulla quale poggia la sua visione dell’italianità.
Critica d'arte e memoria culturale nell'Italia di W. M. Rossetti
SPINOZZI, Paola
2010
Abstract
La scarsa attenzione critica rivolta a William Michael Rossetti fino ad alcuni anni fa è una prova inconfutabile del modesto interesse suscitato dalla sua figura e dalla sua opera. Non si può invocare l’ignoranza circa i suoi scritti, a motivazione della negligenza: che egli fosse uno scrittore, ed anche prolifico, è stato sempre riconosciuto. Piuttosto si può argomentare che la sua produzione letteraria sia di limitato valore artistico, ma certamente non si può omettere che fino a pochi anni fa accostare Dante Gabriel oppure Christina Rossetti all’altro fratello equivaleva, ricorrendo ad una metafora dall’afflato vittoriano, a paragonare due luci vivide ed intense ad una opaca e velata. Tuttavia, più recentemente la fisionomia dimessa di William Michael si è tramutata in una presenza nitida e finanche distinta. William Rossetti’s Art Criticism: The Search for Truth in Victorian Art (1998) di Julie L’Enfant e William and Lucy. The Other Rossettis (2003) di Angela Thirlwell hanno dimostrato che vi è un altro Rossetti, oltre ai due più noti e al loro pur noto padre. E finalmente Gianni Oliva ha indagato le relazioni anglo-italiane alle quali William Michael si dedicò per tutta la sua vita, mosso dalla volontà di identificare i caratteri distintivi di due identità culturali e di compiere mediazioni quando in esse individuava dissonanze e forti iati.Per le proprie figurazioni dell’Italia William Michael non utilizzò la scrittura creativa, diversamente dal fratello e dalla sorella, bensì la scrittura epistolare, autobiografica e critica. I contributi critici recenti delineano dunque un ritratto stratificato, mostrando come la metodicità e l’assennatezza del suo stile di vita abbiano distolto l’attenzione dalla profondità dei suoi interessi. Gli scritti nei quali Rossetti parla dell’Italia consentono di valutare la portata del suo contributo intellettuale. È nella capacità di generare un dialogo fra la cultura italiana e britannica che si manifesta la specificità del suo pensiero. I saggi pubblicati da William Michael fra gli anni Sessanta dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento riguardano l’arte figurativa di vari paesi in diversi contesti storici; all’interno dell’ampia messe critica i suoi giudizi sui pittori medievali e rinascimentali italiani saranno esaminati per comprendere come e perché i dati biografici e gli aspetti iconografici sui quali si sofferma sottendano una duplice finalità: mentre esprime la propria visione di storico dell’arte, egli presenta alla Gran Bretagna un quadro della storia culturale dell’Italia, evidenziandone gli aspetti eccellenti, i momenti esemplari, le figure illustri ed anche i caratteri mediocri e deteriori. Italia di pittori, la si potrebbe definire, per introdurre l’ipotesi secondo la quale l’esperienza figurativa dal Duecento al Settecento offre a Rossetti la possibilità di articolare la propria figurazione della cultura italiana, muovendosi in un campo d’indagine esteso e assumendo una prospettiva privilegiata grazie alla sua doppia identità culturale. L’indagine si soffermerà a considerare la sua formazione e ad individuare gli storici dell’arte di riferimento non tanto per valutare quale rilevanza le sue recensioni abbiano avuto nella storia della critica, quanto per indagare come, riattraversando la storia della pittura italiana, egli costruisca un’intelaiatura sulla quale poggia la sua visione dell’italianità.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.