Il progetto di restauro architettonico e rifunzionalizzazione della Rocca Rangoni, predisposto in accordo con l’Amministrazione Comunale di Spilamberto, prefigura la realizzazione all’interno dell’edificio del nuovo Museo dell’Aceto Balsamico Tradizionale. La trasformazione della Rocca in abitazione gentilizia fortificata operata tra il XV ed il XVII secolo costituisce uno straordinario documento storico e figurativo, testimone delle mutazioni di gusto, oltre che di dinamiche sociali e politiche. La moderna riflessione sul restauro concepisce il monumento nel suo divenire storico e nel suo continuo adattamento alle mutate esigenze. In tale direzione appare chiaro come la rimozione di aggiunte costituisca un’eccezione e non certo la regola, com’era dato assistere in momenti storici anche molto vicini ai nostri. Altrettanto importante è la questione della reintegrazione delle mancanze che, nel rispetto del principio dell’autenticità, è stata prevista solo in presenza di dati certi ed incontrovertibili. Lo stato di conservazione della rocca, segnatamente la caduta degli intonaci delle facciate esterne e della corte, ha, per molti aspetti, messo maggiormente in evidenza la sua stratigrafia rivelando aspetti sconosciuti dell’apparecchiatura muraria e delle fasi costruttive. Elementi, questi, certamente importanti sul piano documentario che, tuttavia, entrano in conflitto con l’istanza estetica, la quale richiederebbe con forza la reintegrazione degli intonaci, vale a dire la possibilità di riconnettere figurativamente gli elementi decorativi relativi alla fase più tarda, peraltro di grande raffinatezza esecutiva. In generale il recupero della fase decorativa del XVII secolo costituirà un sicuro accrescimento sul piano culturale, ancora più significativo se solo si pensi ai criteri d’intervento seguiti nel passato in casi analoghi, laddove più che recuperare forme architettoniche, si sono recuperati ‘tipi edilizi’, con ampi cedimenti ai criteri analogici. La trasformazione stessa delle strutture difensive della rocca in ‘palazzo’ costituisce un elemento di singolarità dell’opera che deve essere rigorosamente conservato, al pari delle sue parti più antiche. L’intero intervento, nelle sue molteplici sfaccettature (architettoniche, strutturali, distributive, decorative, impiantistiche, ecc.) riferisce a principî disciplinari oggi largamente acquisiti: il minimo intervento, la distinguibilità, la potenziale reversibilità, la compatibilità chimico-fisica. Operativamente si è provveduto alla: 1. Individuazione, per aree tematiche, delle problematiche conservative, precisando le linee guida che dovranno essere seguite dal progetto preliminare; 2. Individuazione delle vocazioni d’uso dei varî ambienti sulla base di parametri storici, figurativi e materico-strutturali; 3. Verifica del quadro funzionale indicato nel progetto di fattibilità fatto elaborare dall’Amministrazione Comunale, sulla base delle indicazioni operative di cui al precedente punto 1 e 2; 4. Determinazione finale delle destinazioni d’uso dei varî ambienti, parametrandoli con gli esiti del lavoro dell’intero gruppo di ricerca; 5. Individuazione dei percorsi orizzontali e verticali in base alle considerazioni finali di cui al punto 4; 6. Verifica del quadro attuativo indicato nel progetto di fattibilità fatto elaborare dall’Amministrazione Comunale, sulla base delle considerazioni dei precedenti punti 1 e 4. 7. Individuazione dei lotti d’intervento secondo una sequenza logico/conservativa ed in relazione alle reali possibilità di finanziamento.
Proposta integrata per il progetto del nuovo Museo dell’Aceto balsamico tradizionale di Spilamberto nella Rocca dei Rangoni: Gli aspetti del restauro architettonico e della rifunzionalizzazione.
DALLA NEGRA, Riccardo;ZUPPIROLI, Marco
2008
Abstract
Il progetto di restauro architettonico e rifunzionalizzazione della Rocca Rangoni, predisposto in accordo con l’Amministrazione Comunale di Spilamberto, prefigura la realizzazione all’interno dell’edificio del nuovo Museo dell’Aceto Balsamico Tradizionale. La trasformazione della Rocca in abitazione gentilizia fortificata operata tra il XV ed il XVII secolo costituisce uno straordinario documento storico e figurativo, testimone delle mutazioni di gusto, oltre che di dinamiche sociali e politiche. La moderna riflessione sul restauro concepisce il monumento nel suo divenire storico e nel suo continuo adattamento alle mutate esigenze. In tale direzione appare chiaro come la rimozione di aggiunte costituisca un’eccezione e non certo la regola, com’era dato assistere in momenti storici anche molto vicini ai nostri. Altrettanto importante è la questione della reintegrazione delle mancanze che, nel rispetto del principio dell’autenticità, è stata prevista solo in presenza di dati certi ed incontrovertibili. Lo stato di conservazione della rocca, segnatamente la caduta degli intonaci delle facciate esterne e della corte, ha, per molti aspetti, messo maggiormente in evidenza la sua stratigrafia rivelando aspetti sconosciuti dell’apparecchiatura muraria e delle fasi costruttive. Elementi, questi, certamente importanti sul piano documentario che, tuttavia, entrano in conflitto con l’istanza estetica, la quale richiederebbe con forza la reintegrazione degli intonaci, vale a dire la possibilità di riconnettere figurativamente gli elementi decorativi relativi alla fase più tarda, peraltro di grande raffinatezza esecutiva. In generale il recupero della fase decorativa del XVII secolo costituirà un sicuro accrescimento sul piano culturale, ancora più significativo se solo si pensi ai criteri d’intervento seguiti nel passato in casi analoghi, laddove più che recuperare forme architettoniche, si sono recuperati ‘tipi edilizi’, con ampi cedimenti ai criteri analogici. La trasformazione stessa delle strutture difensive della rocca in ‘palazzo’ costituisce un elemento di singolarità dell’opera che deve essere rigorosamente conservato, al pari delle sue parti più antiche. L’intero intervento, nelle sue molteplici sfaccettature (architettoniche, strutturali, distributive, decorative, impiantistiche, ecc.) riferisce a principî disciplinari oggi largamente acquisiti: il minimo intervento, la distinguibilità, la potenziale reversibilità, la compatibilità chimico-fisica. Operativamente si è provveduto alla: 1. Individuazione, per aree tematiche, delle problematiche conservative, precisando le linee guida che dovranno essere seguite dal progetto preliminare; 2. Individuazione delle vocazioni d’uso dei varî ambienti sulla base di parametri storici, figurativi e materico-strutturali; 3. Verifica del quadro funzionale indicato nel progetto di fattibilità fatto elaborare dall’Amministrazione Comunale, sulla base delle indicazioni operative di cui al precedente punto 1 e 2; 4. Determinazione finale delle destinazioni d’uso dei varî ambienti, parametrandoli con gli esiti del lavoro dell’intero gruppo di ricerca; 5. Individuazione dei percorsi orizzontali e verticali in base alle considerazioni finali di cui al punto 4; 6. Verifica del quadro attuativo indicato nel progetto di fattibilità fatto elaborare dall’Amministrazione Comunale, sulla base delle considerazioni dei precedenti punti 1 e 4. 7. Individuazione dei lotti d’intervento secondo una sequenza logico/conservativa ed in relazione alle reali possibilità di finanziamento.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.