La giurisprudenza comunitaria che precedette l’emanazione del primo regolamento sulle DOP e le IGP individuava il requisito fondamentale della tutela dei segni geografici nell’esistenza di un nesso qualità-territorio, e nella capacità del nome di individuare quel nesso. Il testo dei regolamenti comunitari ha sostanzialmente mantenuto tale pre-requisito ai fini della sola registrazione delle DOP, introducendo per le IGP la possibilità che a queste ultime non corrispondano necessariamente specificità reali connesse all’origine geografica, ma solo una particolare reputazione dell’alimento. Contemporaneamente, la Corte di giustizia CE ha rivisto la propria posizione, evidenziando che la ratio del permanere della tutela (una volta ottenuto il riconoscimento della DOP o della IGP) – fatto che giustifica ai sensi dell’art. 30 Tratt. CE anche tutte le limitazioni al mercato interno che ne derivano – è costituita, per entrambi i tipi di segno distintivo indifferentemente, dal fatto di garantire all’imprenditore una fonte di clientela, dalla loro capacità di costituire uno strumento di reddito, che ne fa ad ogni effetto una tipologia di diritti di “proprietà industriale e commerciale”. Questa lettura trova riscontro in una lettura attenta delle norme del primo regolamento, nelle novità (pur quantitativamente non sempre vistose) introdotte con il reg. n. 510/2006, nella evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia (dalla sentenza Exportur fino alle più recenti Grana Padano e Prosciutto di Parma); ed è probabilmente anche la più coerente con il Trattato CE, con gli obiettivi perseguiti dalla comunitarizzazione della tutela di DOP e IGP, e con la base giuridica dei regolamenti in materia.

I requisiti della tutela

BORGHI, Paolo
2009

Abstract

La giurisprudenza comunitaria che precedette l’emanazione del primo regolamento sulle DOP e le IGP individuava il requisito fondamentale della tutela dei segni geografici nell’esistenza di un nesso qualità-territorio, e nella capacità del nome di individuare quel nesso. Il testo dei regolamenti comunitari ha sostanzialmente mantenuto tale pre-requisito ai fini della sola registrazione delle DOP, introducendo per le IGP la possibilità che a queste ultime non corrispondano necessariamente specificità reali connesse all’origine geografica, ma solo una particolare reputazione dell’alimento. Contemporaneamente, la Corte di giustizia CE ha rivisto la propria posizione, evidenziando che la ratio del permanere della tutela (una volta ottenuto il riconoscimento della DOP o della IGP) – fatto che giustifica ai sensi dell’art. 30 Tratt. CE anche tutte le limitazioni al mercato interno che ne derivano – è costituita, per entrambi i tipi di segno distintivo indifferentemente, dal fatto di garantire all’imprenditore una fonte di clientela, dalla loro capacità di costituire uno strumento di reddito, che ne fa ad ogni effetto una tipologia di diritti di “proprietà industriale e commerciale”. Questa lettura trova riscontro in una lettura attenta delle norme del primo regolamento, nelle novità (pur quantitativamente non sempre vistose) introdotte con il reg. n. 510/2006, nella evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia (dalla sentenza Exportur fino alle più recenti Grana Padano e Prosciutto di Parma); ed è probabilmente anche la più coerente con il Trattato CE, con gli obiettivi perseguiti dalla comunitarizzazione della tutela di DOP e IGP, e con la base giuridica dei regolamenti in materia.
2009
9788814146114
DOP; IGP; disciplinare di produzione; registrazione; requisiti; qualità; territorio; proprietà industriale; proprietà commerciale; segni distintivi; Trattato CE; restrizioni quantitative all’esportazione; misure di effetto equivalente
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