L'articolo affronta il tema generale dell'applicazione diretta della costituzione da parte del giudice comune, prendendo spunto dal recente dibattito sull'interpretazione dell'art. 2059 c.c. da parte dei giudici (specie inferiori). Tale giurisprudenza tende a riconoscere il risarcimento dei danni non patrimoniali in presenza di violazioni di presunti "diritti costituzionali inviolabili", con un tendenziale aggiramento del limite del c.c. (necessità di espressa previsione di legge per tale risarcimento) e "iperinterpretazione" della Costituzione. Le recenti critiche mosse anche dalla dottrina costituzionalistica a tale attivismo giudiziario vengono tuttavia ridimensionate, con particolare riguardo all'atteggiamento ambivalente della Corte costituzionale. Essa ha, in passato, parlato di una "tutela minima" dei diritti inviolabili cui sarebbe necessariamente ancorato il risarcimento dei danni anche non patrimoniali, e ciò anche prescindere da esplicita o contraria statuizione del legislatore ordinario. Tale orientamento della Corte ha avuto modo di manifestarsi anche in altri ambiti (e anche in riferimento ai c.d. diritti sociali). La sua "matrice" è quella dell'art. 36 cost. (giusta retribuzione al lavoratore) e dell'interpretazione che ne è stata data sin dall'origine sia dai giudici comuni che dalla Corte cost. Si tratta, però, di una falsa prospettiva, posto che la tutela minima dei diritti costituzionali inviolabili viene utilizzata altrove con ben diversa intensità e spesso per coprire altre motivazioni della giurisprudenza costituzionale, socialmente e politicamente più problematiche.
Diritti inviolabili e creatività giurisprudenziale: una risposta a Elisabetta Lamarque
GUAZZAROTTI, Andrea
2009
Abstract
L'articolo affronta il tema generale dell'applicazione diretta della costituzione da parte del giudice comune, prendendo spunto dal recente dibattito sull'interpretazione dell'art. 2059 c.c. da parte dei giudici (specie inferiori). Tale giurisprudenza tende a riconoscere il risarcimento dei danni non patrimoniali in presenza di violazioni di presunti "diritti costituzionali inviolabili", con un tendenziale aggiramento del limite del c.c. (necessità di espressa previsione di legge per tale risarcimento) e "iperinterpretazione" della Costituzione. Le recenti critiche mosse anche dalla dottrina costituzionalistica a tale attivismo giudiziario vengono tuttavia ridimensionate, con particolare riguardo all'atteggiamento ambivalente della Corte costituzionale. Essa ha, in passato, parlato di una "tutela minima" dei diritti inviolabili cui sarebbe necessariamente ancorato il risarcimento dei danni anche non patrimoniali, e ciò anche prescindere da esplicita o contraria statuizione del legislatore ordinario. Tale orientamento della Corte ha avuto modo di manifestarsi anche in altri ambiti (e anche in riferimento ai c.d. diritti sociali). La sua "matrice" è quella dell'art. 36 cost. (giusta retribuzione al lavoratore) e dell'interpretazione che ne è stata data sin dall'origine sia dai giudici comuni che dalla Corte cost. Si tratta, però, di una falsa prospettiva, posto che la tutela minima dei diritti costituzionali inviolabili viene utilizzata altrove con ben diversa intensità e spesso per coprire altre motivazioni della giurisprudenza costituzionale, socialmente e politicamente più problematiche.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.