La forte dinamica di confronto e scambio, attiva nell’opera e nei rapporti interpersonali dei Preraffaelliti, si innerva nel culto della Brotherhood, condizione privilegiata di cross-fertilization, unicum relazionale dove è possibile comporre, pur nella chiara individuabilità di voci specifiche, una polifonia di comuni intenti e progetti consapevolmente coltivata. Il fare artistico della confraternita, costantemente vivificato da dinamiche di interscambio fra l’espressione verbale e visiva, produce mutamenti sostanziali nella morfologia dei codici impiegati, attivando processi di osmosi e fenomeni di ibridismo in stretta concatenazione. La doppia natura artistico-letteraria del movimento preraffaellita muove il critico a porsi interrogativi circa l’adozione di criteri metodologici duttili, adeguati a definire le singole forme d’arte nella loro specificità ed unitarietà e a stabilire congiuntamente precise tipologie di fenomeni interartistici, ove sia possibile inquadrare rapporti di filiazione o, più estesamente, di parentela fra i due codici. Nello sviluppo del poem on picture si rintraccia la metamorfosi del gusto vittoriano che, da forme di rappresentazione aderenti al reale sensibile, calate in un contesto fenomenico ben configurato, si lascia accattivare da maniere più sfumate, va addentrandosi sottilmente in atmosfere impalpabili e rarefatte distintive del turn of the century. È una ricerca di forme e segni che vede osmosi intensa fra la cultura anglosassone e francese, la prima profondamente influenzata dalla lezione pateriana e whistleriana sui fenomeni di rifrazione, in termini squisitamente estetici, di un mood, una suggestione, la seconda tutta pervasa dalle sperimentazioni su sinestesia e simbiosi ad opera dei simbolisti. La poesia iconica accoglie in maniera particolarmente intensa il progressivo estenuarsi e dissolversi della fibra di eticità di cui si era fino allora intessuta la sua scrittura; se nella produzione vittoriana, soprattutto nelle prove meno originali, essa poneva fra i suoi fondamenti creativi il progetto di una trascrizione verbale finalizzata all’illustrazione dell’opera figurativa, verso la metà del secolo l’artista si ritrae di fronte all’assegnazione di una corrispondenza univoca fra i due codici e produce eikones dove si registra una sfocatura del ritratto in versi rispetto al ritratto su tela. Fenomeni quali sdoppiamento, annebbiamento, imprecisione dell’allegoria e della personificazione mostrano l’incresparsi di una superficie poetica levigata sotto l’effetto delle oscillazioni di cui l’artista si sente investito nelle sue percezioni. Il configurarsi di un’estetica auto-significante dà dunque ragione di forme innovative di poema iconico, dove il tracciato mimetico di congiunzione fra realtà, picture e picture poesy si frastaglia sotto l’effetto di scomposizioni prismatiche degli stimoli. In un discorso di atipicità, visione assai diversa da quella sostenuta da Hönnighausen, si intende collocare «The Blue Closet» e «The Tune of Seven Towers» per le modalità con cui William Morris problematizza il genere, dando prova di essersi appropriato della tradizione e al contempo di sapervi infondere una potenza germinale di innovazione. Nella continua ridefinizione di ruoli dei due media, che sempre eludono l’assegnazione di un primato dell’uno sull’altro, sta la plurivocità del modulo preraffaellita, refrattario ad essere incapsulato in rigidi canoni espressivi. Nel caso di «The Blue Closet» e «The Tune of Seven Towers» si è di fronte a due casi rappresentativi di spinta centrifuga dalla densità all’effusione dei segni, dalla saturazione alla rarefazione, consacrata infine nell’evocazione del suono, forma espressiva dell’immateriale puro. Il continuo ridefinirsi del poema iconico fra non referenzialità e trasparenza, esemplarità e allusività, permette l’illuminazione, seppure intermittente, delle arti e la transcodificazione, continuamente ricodificabile, dei segni.

Metamorfosi interartistiche nei poemi iconici di William Morris

SPINOZZI, Paola
1997

Abstract

La forte dinamica di confronto e scambio, attiva nell’opera e nei rapporti interpersonali dei Preraffaelliti, si innerva nel culto della Brotherhood, condizione privilegiata di cross-fertilization, unicum relazionale dove è possibile comporre, pur nella chiara individuabilità di voci specifiche, una polifonia di comuni intenti e progetti consapevolmente coltivata. Il fare artistico della confraternita, costantemente vivificato da dinamiche di interscambio fra l’espressione verbale e visiva, produce mutamenti sostanziali nella morfologia dei codici impiegati, attivando processi di osmosi e fenomeni di ibridismo in stretta concatenazione. La doppia natura artistico-letteraria del movimento preraffaellita muove il critico a porsi interrogativi circa l’adozione di criteri metodologici duttili, adeguati a definire le singole forme d’arte nella loro specificità ed unitarietà e a stabilire congiuntamente precise tipologie di fenomeni interartistici, ove sia possibile inquadrare rapporti di filiazione o, più estesamente, di parentela fra i due codici. Nello sviluppo del poem on picture si rintraccia la metamorfosi del gusto vittoriano che, da forme di rappresentazione aderenti al reale sensibile, calate in un contesto fenomenico ben configurato, si lascia accattivare da maniere più sfumate, va addentrandosi sottilmente in atmosfere impalpabili e rarefatte distintive del turn of the century. È una ricerca di forme e segni che vede osmosi intensa fra la cultura anglosassone e francese, la prima profondamente influenzata dalla lezione pateriana e whistleriana sui fenomeni di rifrazione, in termini squisitamente estetici, di un mood, una suggestione, la seconda tutta pervasa dalle sperimentazioni su sinestesia e simbiosi ad opera dei simbolisti. La poesia iconica accoglie in maniera particolarmente intensa il progressivo estenuarsi e dissolversi della fibra di eticità di cui si era fino allora intessuta la sua scrittura; se nella produzione vittoriana, soprattutto nelle prove meno originali, essa poneva fra i suoi fondamenti creativi il progetto di una trascrizione verbale finalizzata all’illustrazione dell’opera figurativa, verso la metà del secolo l’artista si ritrae di fronte all’assegnazione di una corrispondenza univoca fra i due codici e produce eikones dove si registra una sfocatura del ritratto in versi rispetto al ritratto su tela. Fenomeni quali sdoppiamento, annebbiamento, imprecisione dell’allegoria e della personificazione mostrano l’incresparsi di una superficie poetica levigata sotto l’effetto delle oscillazioni di cui l’artista si sente investito nelle sue percezioni. Il configurarsi di un’estetica auto-significante dà dunque ragione di forme innovative di poema iconico, dove il tracciato mimetico di congiunzione fra realtà, picture e picture poesy si frastaglia sotto l’effetto di scomposizioni prismatiche degli stimoli. In un discorso di atipicità, visione assai diversa da quella sostenuta da Hönnighausen, si intende collocare «The Blue Closet» e «The Tune of Seven Towers» per le modalità con cui William Morris problematizza il genere, dando prova di essersi appropriato della tradizione e al contempo di sapervi infondere una potenza germinale di innovazione. Nella continua ridefinizione di ruoli dei due media, che sempre eludono l’assegnazione di un primato dell’uno sull’altro, sta la plurivocità del modulo preraffaellita, refrattario ad essere incapsulato in rigidi canoni espressivi. Nel caso di «The Blue Closet» e «The Tune of Seven Towers» si è di fronte a due casi rappresentativi di spinta centrifuga dalla densità all’effusione dei segni, dalla saturazione alla rarefazione, consacrata infine nell’evocazione del suono, forma espressiva dell’immateriale puro. Il continuo ridefinirsi del poema iconico fra non referenzialità e trasparenza, esemplarità e allusività, permette l’illuminazione, seppure intermittente, delle arti e la transcodificazione, continuamente ricodificabile, dei segni.
1997
Spinozzi, Paola
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11392/1209478
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