Nonostante molte tipologie di animali condividano con gli umani il medesimo mondo fisico, è però assai raro che questi ultimi applichino loro le stesse considerazioni di equità che riser-vano generalmente ai loro simili. In proposito è stato dimostrato (Opotov, 1993) che le diver-se credenze condivise dagli umani nei confronti degli animali costituiscono elementi decisivi nell’elaborazione di orientamenti rivolti all’inclusione o all’esclusione dalla comunità morale. Un esempio di tali orientamenti è ad esempio rintracciabile nei due sistemi strutturati di cre-denze individuati in alcuni studi recenti (Battaglia, 1993; Ravenna et al. 1996; Ravenna et al. 1998): mentre quello che possiamo definire “inclusivo” si centra sulla “dignità dell’animale”, valorizza la responsabilità e la sensibilità umane nei confronti degli animali e riconosce l’affinità psicologica; quello “di esclusione” concettualizza invece questi ultimi come “oggetti d’uso”, come esseri inferiori (sui quali ad esempio è lecito svolgere sperimentazioni scientifi-che) che possono essere sfruttati a proprio vantaggio e la convivenza con i quali rappresenta più un onere che un piacere. La maggior condivisione del primo sistema di credenze non è tuttavia di per sè indicativa di atteggiamenti di inclusione rivolti a tutte le specie animali (Driscoll, 1992; Kellert, 1993; Plous, 1993; Opotov, 1990 e 1993) ma si ritiene riguardi in modo particolare quelle percepite come più prossimali. A partire da queste evidenze ci interessava verificare prima di tutto se tali orientamenti, una volta strutturati, risultino stabili nel tempo, ed in secondo luogo precisare le tipologie di ani-mali oggetto di inclusione o di esclusione. A tal fine abbiamo predisposto due studi: il primo indaga le credenze condivise nei confronti degli animali in soggetti di diversa età (132 prea-dolescenti e 204 loro genitori) ed i tipi di animali da essi percepiti come più vicini o distali; il secondo (oltre ad esplorare anch’esso quest’ultimo aspetto, tramite una diversa tecnica d’indagine) rivolto a una popolazione di giovani adulti (173 studenti universitari) analizza gli atteggiamenti di responsabilità personale nei confronti di vari tipi di animali in difficoltà, così come i giudizi di gravità a proposito di condotte crudeli intraprese da alcuni attori sociali. Questi studi sono stati realizzati tramite due questionari autosomministrati appositamente predisposti. Ai soggetti del primo è stato chiesto di valutare il grado di accordo nei confronti di 20 credenze relative agli animali (riconducibili a cinque dimensioni di significato) e suc-cessivamente di indicare, in ordine di intensità, 7 animali da cui si sentono maggiormente at-tratti e altrettanti da cui si sentono impauriti. Ai soggetti del secondo studio è stato invece chiesto di valutare il loro grado di vicinanza a 13 tipi di animali, di indicare quanto si sentono in dovere di intervenire in rapporto a tre ipotetici scenari di animali in difficoltà, quanto giu-dicano grave il comportamento di chi maltratta alcuni animali target ed in che modo essi rea-girebbero se ne fossero spettatori. Tali studi hanno impiegato gli stessi item per misurare la familiarità e l’orientamento affettivo verso gli animali, e le condotte di tutela eventualmente intraprese (utilizzati come variabili indipendenti). I risultati ottenuti, discussi in rapporto sia ai fenomeni di esclusione morale studiati da Opo-tov (1990, 1993) che agli studi sulla responsabilità (Zamperini, 1998), confermano che le concezioni “inclusive”, in linea con precedenti indagini (Ravenna et al. 1996), appaiono le più condivise. Il primo studio ha tuttavia evidenziato che mentre i preadolescenti enfatizzano maggiormente il legame di vicinanza e di interdipendenza fra umani e animali (ma colgono anche un nesso fra animali e psicopatologia, evidenziando perciò una certa ambivalenza), i lo-ro genitori aderiscono invece maggiormente ad una concezione negativo-strumentale che concettualizza l’animale come pericolo e oggetto d’uso. Pur riscontrandosi notevole omogeneità tra genitori e figli nell’indicazione dei tipi di animali che attraggono (prima il cane, poi il gatto per entrambi, seguito dal cavallo nel caso dei geni-tori e dai “piccoli domestici” fra i figli, seguiti a loro volta nel caso di entrambi dai mammife-ri terrestri) maggiori differenze fra i due gruppi si rilevano nel caso di quelli che impaurisco-no: se i ragazzi indicano in modo univoco mammiferi e “pesci feroci”, le paure dei loro geni-tori risultano maggiormente diversificate: prima di tutto sono citati i rettili, poi i mammiferi e i “pesci feroci” ed infine gli insetti. In quanto al grado di vicinanza nei confronti di 13 tipologie di animali, il secondo studio ha rilevato analogie e differenze rispetto al primo: il cane, il gatto e il delfino sono quelli ritenuti più vicini mentre i serpenti, ed un po’ inaspettatamente le galline, sono invece quelli conside-rati più distali. Il dovere di intervenire di fronte ad animali in difficoltà si diversifica notevolmente così come i giudizi di gravità in rapporto al tipo di animale target in linea con quanto rilevato a proposito della percezione di vicinanza/distanza.
Aspetti relativi all’inclusione-esclusione degli animali dalla comunità degli umani
RAVENNA, Marcella;RONCARATI, Alessandra
2002
Abstract
Nonostante molte tipologie di animali condividano con gli umani il medesimo mondo fisico, è però assai raro che questi ultimi applichino loro le stesse considerazioni di equità che riser-vano generalmente ai loro simili. In proposito è stato dimostrato (Opotov, 1993) che le diver-se credenze condivise dagli umani nei confronti degli animali costituiscono elementi decisivi nell’elaborazione di orientamenti rivolti all’inclusione o all’esclusione dalla comunità morale. Un esempio di tali orientamenti è ad esempio rintracciabile nei due sistemi strutturati di cre-denze individuati in alcuni studi recenti (Battaglia, 1993; Ravenna et al. 1996; Ravenna et al. 1998): mentre quello che possiamo definire “inclusivo” si centra sulla “dignità dell’animale”, valorizza la responsabilità e la sensibilità umane nei confronti degli animali e riconosce l’affinità psicologica; quello “di esclusione” concettualizza invece questi ultimi come “oggetti d’uso”, come esseri inferiori (sui quali ad esempio è lecito svolgere sperimentazioni scientifi-che) che possono essere sfruttati a proprio vantaggio e la convivenza con i quali rappresenta più un onere che un piacere. La maggior condivisione del primo sistema di credenze non è tuttavia di per sè indicativa di atteggiamenti di inclusione rivolti a tutte le specie animali (Driscoll, 1992; Kellert, 1993; Plous, 1993; Opotov, 1990 e 1993) ma si ritiene riguardi in modo particolare quelle percepite come più prossimali. A partire da queste evidenze ci interessava verificare prima di tutto se tali orientamenti, una volta strutturati, risultino stabili nel tempo, ed in secondo luogo precisare le tipologie di ani-mali oggetto di inclusione o di esclusione. A tal fine abbiamo predisposto due studi: il primo indaga le credenze condivise nei confronti degli animali in soggetti di diversa età (132 prea-dolescenti e 204 loro genitori) ed i tipi di animali da essi percepiti come più vicini o distali; il secondo (oltre ad esplorare anch’esso quest’ultimo aspetto, tramite una diversa tecnica d’indagine) rivolto a una popolazione di giovani adulti (173 studenti universitari) analizza gli atteggiamenti di responsabilità personale nei confronti di vari tipi di animali in difficoltà, così come i giudizi di gravità a proposito di condotte crudeli intraprese da alcuni attori sociali. Questi studi sono stati realizzati tramite due questionari autosomministrati appositamente predisposti. Ai soggetti del primo è stato chiesto di valutare il grado di accordo nei confronti di 20 credenze relative agli animali (riconducibili a cinque dimensioni di significato) e suc-cessivamente di indicare, in ordine di intensità, 7 animali da cui si sentono maggiormente at-tratti e altrettanti da cui si sentono impauriti. Ai soggetti del secondo studio è stato invece chiesto di valutare il loro grado di vicinanza a 13 tipi di animali, di indicare quanto si sentono in dovere di intervenire in rapporto a tre ipotetici scenari di animali in difficoltà, quanto giu-dicano grave il comportamento di chi maltratta alcuni animali target ed in che modo essi rea-girebbero se ne fossero spettatori. Tali studi hanno impiegato gli stessi item per misurare la familiarità e l’orientamento affettivo verso gli animali, e le condotte di tutela eventualmente intraprese (utilizzati come variabili indipendenti). I risultati ottenuti, discussi in rapporto sia ai fenomeni di esclusione morale studiati da Opo-tov (1990, 1993) che agli studi sulla responsabilità (Zamperini, 1998), confermano che le concezioni “inclusive”, in linea con precedenti indagini (Ravenna et al. 1996), appaiono le più condivise. Il primo studio ha tuttavia evidenziato che mentre i preadolescenti enfatizzano maggiormente il legame di vicinanza e di interdipendenza fra umani e animali (ma colgono anche un nesso fra animali e psicopatologia, evidenziando perciò una certa ambivalenza), i lo-ro genitori aderiscono invece maggiormente ad una concezione negativo-strumentale che concettualizza l’animale come pericolo e oggetto d’uso. Pur riscontrandosi notevole omogeneità tra genitori e figli nell’indicazione dei tipi di animali che attraggono (prima il cane, poi il gatto per entrambi, seguito dal cavallo nel caso dei geni-tori e dai “piccoli domestici” fra i figli, seguiti a loro volta nel caso di entrambi dai mammife-ri terrestri) maggiori differenze fra i due gruppi si rilevano nel caso di quelli che impaurisco-no: se i ragazzi indicano in modo univoco mammiferi e “pesci feroci”, le paure dei loro geni-tori risultano maggiormente diversificate: prima di tutto sono citati i rettili, poi i mammiferi e i “pesci feroci” ed infine gli insetti. In quanto al grado di vicinanza nei confronti di 13 tipologie di animali, il secondo studio ha rilevato analogie e differenze rispetto al primo: il cane, il gatto e il delfino sono quelli ritenuti più vicini mentre i serpenti, ed un po’ inaspettatamente le galline, sono invece quelli conside-rati più distali. Il dovere di intervenire di fronte ad animali in difficoltà si diversifica notevolmente così come i giudizi di gravità in rapporto al tipo di animale target in linea con quanto rilevato a proposito della percezione di vicinanza/distanza.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.