Introduzione. L’interesse degli Psicologi Sociali per il tema del nemico ha avuto una fase di massimo incremento negli anni della guerra fredda (Smith et al., 1956; Kelman, 1965; Frank, 1967) quando si intensificò il rischio di una guerra nucleare, per poi riguardare il conflitto fra palestinesi ed israeliani (Heradveist, 1974; Kelman, 1979; Bar-Tal, 1988). Le ricerche realizzate in questo ambito costituiscono un esteso filone di studi sugli atteggiamenti e le immagini che persone comuni ed élites, hanno nei confronti di altri Paesi (Ravenna, in corso di stampa). Si tratta di immagini che si strutturano soprattutto nel corso di un conflitto o di una guerra, grazie a forme di propaganda che caratterizzano la controparte come intrinsecamente ostile, malvagia e desiderosa di esercitare il proprio dominio (White, 1949). Tale etichettamento è evidentemente finalizzato a convincere le popolazioni che i sacrifici loro richiesti sono necessari, ed a giustificare la bontà di eventuali azioni armate e/o di distruzione. Chi è personalmente coinvolto in una guerra ha in genere bisogno di queste forme di indottrinamento per ridurre le proprie resistenze all’idea che altri esseri umani possano essere danneggiati o uccisi. L’insieme di questi studi mostra, in sostanza, che l’immagine del nemico consiste in una teoria ingenua composta di concetti, credenze, atteggiamenti, valori, stereotipi, emozioni, motivazioni ed intenzioni così come di rappresentazioni iconiche, che influenzano le cognizioni e le linee di azione delle persone (Holt e Silverstein, 1989). L’intervento contro il regime dei Taliban, che ha fatto seguito all’attacco alle Twin Towers, ed il lungo periodo di preparazione della guerra preventiva contro il regime Iracheno sono eventi recenti che hanno profondamente coinvolto e scosso l’opinione pubblica mondiale. L’idea del nemico appare qui assai diversa da quella culturalmente sedimentata. Anche se può essere identificata in Bin Laden e in Saddam, si presenta però al contempo come notevolmente aspecifica, sfuggente ed imprevedibile, capace di attaccare ovunque ed in ogni momento tramite atti di terrorismo. Di qui il nostro interesse a studiare, contestualmente allo svolgersi di tali eventi, come una popolazione di giovani adulti (336 soggetti di entrambi i sessi) si rappresenta il nemico. Più in particolare ci siamo proposti i seguenti obiettivi: a) mettere a fuoco gli elementi che costituiscono il campo di riferimento comune dei soggetti considerati a proposito del nemico. Pur consapevoli che l’astrattezza del tema considerato indurrebbe a non affrontarlo tramite il paradigma delle rappresentazioni sociali, abbiamo tuttavia optato per questo approccio considerando la valenza emozionale degli eventi che hanno fatto da sfondo alla realizzazione dell’indagine. Abbiamo perciò assunto che il sistema di rappresentazioni concernente il nemico sia composto dai riferimenti spontaneamente evocati e dall’atteggiamento espresso a proposito di esso, dai criteri che i soggetti utilizzano per definire due tipologie di nemico (personale vs. nazionale), dalle emozioni associate a queste ultime e dalla minaccia percepita in rapporto al nemico nazionale; b) analizzare il modo in cui tale campo si articola in relazione alle posizioni dei soggetti in tema di pacifismo e di patriottismo, degli orientamenti valoriali e dell’ideologia politica condivisa. Metodo. Lo strumento per realizzare la ricerca è un questionario, composto da domande in formato aperto e chiuso, ed organizzato nelle seguenti sezioni: 1) La prima esplora le rappresentazioni del nemico chiedendo agli intervistati di produrre cinque associazioni libere alla parola stimolo “nemico”. Successivamente li si invita a valutare ogni risposta in rapporto al valore affettivo (positivo, neutro, negativo) che ha per loro. Seguono alcuni quesiti sulle esperienze connesse al “nemico personale”, e precisa-mente: il primo è inteso a verificare se è loro capitato, in passato e/o attualmente, di considerare qualcun altro come nemico. Tramite domanda aperta si sollecitano poi gli intervistati ad indicare che cosa significa dire che una persona è propria nemica. Li si invita a questo punto a scegliere in base ad una lista di nove, una o due persone a cui hanno pensato mentre rispondevano al quesito precedente, indicando inoltre con quale intensità hanno provato nei confronti di quella/e persona/e nove tipi di emozioni (misurate ognuna su una scala a 5 punti). Per quanto concerne il “nemico nazionale”, è stato verificato tramite domanda di tipo dicotomico, se secondo gli intervistati l’Italia ha attualmente dei nemici ed in caso affermativo, se si tratta di un nemico interno, esterno o di entrambi e di che tipo di nemico si tratta. Tramite un ulteriore domanda aperta si è poi chiesto di indicare che cosa significa dire che un gruppo o un paese è nemico dell’Italia, riportando inoltre l’intensità con cui i soggetti hanno sperimentato, pensando ai nemici citati, nove tipi di emozioni. 2) La seconda sezione raccoglie informazioni sulle posizioni etico-valoriali, e ideologiche dei soggetti. Più in specifico, sono presentati cinque item che misurano differenti componenti del patriottismo (Bar-Tal, 2000) da valutare ognuno su una scala di accordo a 5 punti; sono poi proposti dodici valori (Schwartz, 1992), sei individualisti ed altrettanti collettivisti, da valutare ognuno in termini di importanza su una scala di intensità a 5 punti. E’ stato inoltre chiesto di indicare il proprio orientamento politico e religioso, ed infine, di collocarsi in rapporto ai poli di un continuum, compresi fra un conclamato pacifismo ed un esplicito interventismo. L’ultima parte del questionario raccoglie i dati anagrafici dei partecipanti: sesso, età, luogo di residenza, convivenza, occupazione. Risultati e conclusioni. Le prime analisi descrittive effettuate su un sottocampione di 152 soggetti evidenziano che la parola stimolo “nemico” evoca soprattutto riferimenti di tipo teorico- astratto riconducibili all’immaginario della guerra (arma, tortura, sangue, ecc), ma anche a qualità personali negative di cattiveria e crudeltà (aggressore, oppressore, perfido). I criteri che gli intervistati utilizzano per definire qualcuno come nemico personale o del proprio Paese, se concordano nell’indicare in entrambi i casi le “azioni ostili”, divergono invece a proposito delle “idee e valori divergenti”, che in linea con la letteratura sull’argomento, definiscono soprattutto il nemico nazionale (Holt, 1989). Mentre il nemico personale è identificato in persone con cui si hanno rapporti per lo più paritari (amici, conoscenti), quello del proprio Paese è visto più come interno che non esterno ed è identificato soprattutto nella mafia. I risultati complessivi di questa ricerca consentiranno di cogliere, sullo sfondo di eventi bellici coinvolgenti ed in riferimento ad un differente paradigma teorico rispetto a quello impiegato in studi precedenti, gli elementi che articolano la rappresentazione del nemico.

Le rappresentazioni sociali del nemico

RAVENNA, Marcella;RONCARATI, Alessandra;
2003

Abstract

Introduzione. L’interesse degli Psicologi Sociali per il tema del nemico ha avuto una fase di massimo incremento negli anni della guerra fredda (Smith et al., 1956; Kelman, 1965; Frank, 1967) quando si intensificò il rischio di una guerra nucleare, per poi riguardare il conflitto fra palestinesi ed israeliani (Heradveist, 1974; Kelman, 1979; Bar-Tal, 1988). Le ricerche realizzate in questo ambito costituiscono un esteso filone di studi sugli atteggiamenti e le immagini che persone comuni ed élites, hanno nei confronti di altri Paesi (Ravenna, in corso di stampa). Si tratta di immagini che si strutturano soprattutto nel corso di un conflitto o di una guerra, grazie a forme di propaganda che caratterizzano la controparte come intrinsecamente ostile, malvagia e desiderosa di esercitare il proprio dominio (White, 1949). Tale etichettamento è evidentemente finalizzato a convincere le popolazioni che i sacrifici loro richiesti sono necessari, ed a giustificare la bontà di eventuali azioni armate e/o di distruzione. Chi è personalmente coinvolto in una guerra ha in genere bisogno di queste forme di indottrinamento per ridurre le proprie resistenze all’idea che altri esseri umani possano essere danneggiati o uccisi. L’insieme di questi studi mostra, in sostanza, che l’immagine del nemico consiste in una teoria ingenua composta di concetti, credenze, atteggiamenti, valori, stereotipi, emozioni, motivazioni ed intenzioni così come di rappresentazioni iconiche, che influenzano le cognizioni e le linee di azione delle persone (Holt e Silverstein, 1989). L’intervento contro il regime dei Taliban, che ha fatto seguito all’attacco alle Twin Towers, ed il lungo periodo di preparazione della guerra preventiva contro il regime Iracheno sono eventi recenti che hanno profondamente coinvolto e scosso l’opinione pubblica mondiale. L’idea del nemico appare qui assai diversa da quella culturalmente sedimentata. Anche se può essere identificata in Bin Laden e in Saddam, si presenta però al contempo come notevolmente aspecifica, sfuggente ed imprevedibile, capace di attaccare ovunque ed in ogni momento tramite atti di terrorismo. Di qui il nostro interesse a studiare, contestualmente allo svolgersi di tali eventi, come una popolazione di giovani adulti (336 soggetti di entrambi i sessi) si rappresenta il nemico. Più in particolare ci siamo proposti i seguenti obiettivi: a) mettere a fuoco gli elementi che costituiscono il campo di riferimento comune dei soggetti considerati a proposito del nemico. Pur consapevoli che l’astrattezza del tema considerato indurrebbe a non affrontarlo tramite il paradigma delle rappresentazioni sociali, abbiamo tuttavia optato per questo approccio considerando la valenza emozionale degli eventi che hanno fatto da sfondo alla realizzazione dell’indagine. Abbiamo perciò assunto che il sistema di rappresentazioni concernente il nemico sia composto dai riferimenti spontaneamente evocati e dall’atteggiamento espresso a proposito di esso, dai criteri che i soggetti utilizzano per definire due tipologie di nemico (personale vs. nazionale), dalle emozioni associate a queste ultime e dalla minaccia percepita in rapporto al nemico nazionale; b) analizzare il modo in cui tale campo si articola in relazione alle posizioni dei soggetti in tema di pacifismo e di patriottismo, degli orientamenti valoriali e dell’ideologia politica condivisa. Metodo. Lo strumento per realizzare la ricerca è un questionario, composto da domande in formato aperto e chiuso, ed organizzato nelle seguenti sezioni: 1) La prima esplora le rappresentazioni del nemico chiedendo agli intervistati di produrre cinque associazioni libere alla parola stimolo “nemico”. Successivamente li si invita a valutare ogni risposta in rapporto al valore affettivo (positivo, neutro, negativo) che ha per loro. Seguono alcuni quesiti sulle esperienze connesse al “nemico personale”, e precisa-mente: il primo è inteso a verificare se è loro capitato, in passato e/o attualmente, di considerare qualcun altro come nemico. Tramite domanda aperta si sollecitano poi gli intervistati ad indicare che cosa significa dire che una persona è propria nemica. Li si invita a questo punto a scegliere in base ad una lista di nove, una o due persone a cui hanno pensato mentre rispondevano al quesito precedente, indicando inoltre con quale intensità hanno provato nei confronti di quella/e persona/e nove tipi di emozioni (misurate ognuna su una scala a 5 punti). Per quanto concerne il “nemico nazionale”, è stato verificato tramite domanda di tipo dicotomico, se secondo gli intervistati l’Italia ha attualmente dei nemici ed in caso affermativo, se si tratta di un nemico interno, esterno o di entrambi e di che tipo di nemico si tratta. Tramite un ulteriore domanda aperta si è poi chiesto di indicare che cosa significa dire che un gruppo o un paese è nemico dell’Italia, riportando inoltre l’intensità con cui i soggetti hanno sperimentato, pensando ai nemici citati, nove tipi di emozioni. 2) La seconda sezione raccoglie informazioni sulle posizioni etico-valoriali, e ideologiche dei soggetti. Più in specifico, sono presentati cinque item che misurano differenti componenti del patriottismo (Bar-Tal, 2000) da valutare ognuno su una scala di accordo a 5 punti; sono poi proposti dodici valori (Schwartz, 1992), sei individualisti ed altrettanti collettivisti, da valutare ognuno in termini di importanza su una scala di intensità a 5 punti. E’ stato inoltre chiesto di indicare il proprio orientamento politico e religioso, ed infine, di collocarsi in rapporto ai poli di un continuum, compresi fra un conclamato pacifismo ed un esplicito interventismo. L’ultima parte del questionario raccoglie i dati anagrafici dei partecipanti: sesso, età, luogo di residenza, convivenza, occupazione. Risultati e conclusioni. Le prime analisi descrittive effettuate su un sottocampione di 152 soggetti evidenziano che la parola stimolo “nemico” evoca soprattutto riferimenti di tipo teorico- astratto riconducibili all’immaginario della guerra (arma, tortura, sangue, ecc), ma anche a qualità personali negative di cattiveria e crudeltà (aggressore, oppressore, perfido). I criteri che gli intervistati utilizzano per definire qualcuno come nemico personale o del proprio Paese, se concordano nell’indicare in entrambi i casi le “azioni ostili”, divergono invece a proposito delle “idee e valori divergenti”, che in linea con la letteratura sull’argomento, definiscono soprattutto il nemico nazionale (Holt, 1989). Mentre il nemico personale è identificato in persone con cui si hanno rapporti per lo più paritari (amici, conoscenti), quello del proprio Paese è visto più come interno che non esterno ed è identificato soprattutto nella mafia. I risultati complessivi di questa ricerca consentiranno di cogliere, sullo sfondo di eventi bellici coinvolgenti ed in riferimento ad un differente paradigma teorico rispetto a quello impiegato in studi precedenti, gli elementi che articolano la rappresentazione del nemico.
2003
rappresentazioni sociali; nemico personale e nazionale
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