Il contesto universitario ha subito, nell’ultimo decennio, un profondo mutamento sia nel suo assetto istituzionale, sia negli strumenti per la gestione. Tali modifiche hanno caratterizzato con tempi diversi molti dei Paesi europei e non (in particolare Gran Bretagna, USA, Australia, Germania). Tra questi anche il sistema universitario italiano ha richiesto l’introduzione di provvedimenti volti alla razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse, e si è spinto in maniera sempre più forte verso l’innovazione dei modelli e dei comportamenti gestionali, soprattutto in funzione del raggiungimento dell’efficacia e dell’efficienza dell’Università (Cinquini, 2002; Fethke, 2005). In parte, ciò è dovuto al mutamento del quadro normativo di riferimento, che ha riproposto il binomio autonomia e responsabilità nell’ottica della migliore gestione delle risorse: la l. 168/89 conferisce l’autonomia statutaria agli atenei, la l. 537/93 istituisce i Nuclei di Valutazione delle Università, il D.M. Murst 22/02/1996 istituisce l’osservatorio nazionale per la valutazione del sistema universitario, il D.M. 146/2004 definisce un nuovo modello di valutazione del sistema universitario sul quale ritagliare nuovi criteri per il finanziamento delle Università (Catalano, 2004; CNVSU, 2004; Cuccurullo, 2005). Le recenti misure restrittive delle leggi finanziarie 2003 e 2004 contribuiscono ad inserire il sistema universitario nel generale processo di riforma delle pubbliche amministrazioni e pongono l’accento sia sull’esigenza di concretizzare il principio di accountability verso i numerosi stakeholders che insistono sulle Università sia sulla necessità di implementare un controllo strategico (Kotler, Murphy, 1981) e un’efficace sistema di programmazione e controllo. Nonostante tali considerazioni, la progettazione di sistemi di programmazione nelle Università è stata finora sottovalutata per la scarsa attenzione agli aspetti manageriali e per la presenza di vincoli esterni (Marelli, Miolo Vitali, 2000; Cinquini, Miolo Vitali, 2000). Gli studi di Ongaro e Rodolfi (1998) su alcune esperienze di introduzione del controllo di gestione in Italia (Università di Bologna, Firenze, Milano, Trento, Bocconi e Politecnico) e di Arnaboldi e Azzone (2004) riguardante un processo di benchmarking mostrano come l’ambito della programmazione e del controllo direzionale risulti ancora inesplorato per le amministrazioni, oppure solo parzialmente affrontato. Cugini e Pilonato (2005) constatano che, al di là del dibattito sulla valutazione delle performance della didattica e della ricerca, la definizione di misure rappresentative delle combinazioni economico-produttive nelle Università, a fini direzionali, rimane limitata ad alcuni prodotti o servizi, sia per la difficoltà di determinare oggetti di costo univoci laddove le intersezioni tra i servizi siano difficili da distinguere concettualmente ed operativamente, sia per la secolare rispondenza delle università ad organi di governo sovraordinati (Ministero) e quindi alle esigenze burocratiche proprie del controllo finanziario formale. Il presente paper, dopo un’analisi della letteratura italiana ed internazionale riferita alle riforme nelle Università e alle teorie sul controllo direzionale (Amigoni, 1979; Bergamin, 1991) e sul disegno dei sistemi di controllo (Ouchi, 1981; Zimmerman, 1997), presenta un’analisi del percorso di introduzione di strumenti di controllo direzionale a supporto delle decisioni, sulla base di un’analisi dei processi amministrativi di ateneo (Thompson, 1989) e di una revisione degli stessi (Davenport, 1993). Utilizzando un approccio metodologico di tipo deduttivo-induttivo (Ferraris Franceschi, 1978) tipico degli studi economico-aziendali, il lavoro attraverso una prospettiva empirica analizza i processi della ricerca e della didattica, ed affronta l’esperienza in corso dell’ateneo ferrarese di costruzione di un sistema di controllo direzionale per il monitoraggio dei risultati di economicità. L’utilizzo di un approccio empirico descrittivo (Airoldi, Brunetti, Coda, 1989) consente di far emergere quei fabbisogni informativi di sistema che sono maggiormente legati alle performance economiche, in particolare: a) l’importanza di leggere e sistematizzare analiticamente la variabile “complessità” (Strassoldo, 2001), b) la necessità di coinvolgere ed orientare al cambiamento le risorse umane (Deem, 2004, Grant, Shields, 2002). Riferendoci al sistema universitario di ateneo, la variabile “complessità” è da interpretare sia verso l’esterno, con riferimento alla dinamicità dell’ambiente di riferimento, sia verso l’interno, con riferimento al numero e alla diversificazione delle aree di risultato e alle loro complementarietà tecnico-politiche. L’approccio utilizzato porta naturalmente a concentrare l’attenzione sulla complessità interna, quindi sulla necessità di tener conto nel corso dell’analisi dei seguenti fattori: - l’inscindibilità tra ricerca e didattica, - la struttura organizzativa di tipo funzionale (ripartizioni amministrative), - la frammentarietà, peraltro in evoluzione, del modello di governance, in cui gli attori principali (il Rettore, il Consiglio di Amministrazione, il Senato Accademico, etc.) condividono un potere diffuso ed intersecato con il personale docente e tecnico-amministrativo, - le differenti modalità di coordinamento (Mintzberg, 1988): mentre quelle dei professionisti all’interno dell’Università rispondono principalmente ad un modello di burocrazia professionale, le attività amministrative di supporto rispondono ad un modello di burocrazia meccanica che, nel corso degli anni, si è autonomizzato rispetto ai processi della ricerca e della didattica. Il lavoro, pertanto, discuterà il percorso di introduzione di un sistema di controllo direzionale nell’Università, partendo dalla revisione dei processi amministrativi, per giungere all’individuazione di indicatori per la misurazione della performance che consentiranno di orientare al cambiamento l’organizzazione coinvolta.

“Il controllo direzionale dell’Università: l’analisi dei processi per la misurazione e il monitoraggio dell’economicità"

VAGNONI, Emidia;MARAN, Laura
2006

Abstract

Il contesto universitario ha subito, nell’ultimo decennio, un profondo mutamento sia nel suo assetto istituzionale, sia negli strumenti per la gestione. Tali modifiche hanno caratterizzato con tempi diversi molti dei Paesi europei e non (in particolare Gran Bretagna, USA, Australia, Germania). Tra questi anche il sistema universitario italiano ha richiesto l’introduzione di provvedimenti volti alla razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse, e si è spinto in maniera sempre più forte verso l’innovazione dei modelli e dei comportamenti gestionali, soprattutto in funzione del raggiungimento dell’efficacia e dell’efficienza dell’Università (Cinquini, 2002; Fethke, 2005). In parte, ciò è dovuto al mutamento del quadro normativo di riferimento, che ha riproposto il binomio autonomia e responsabilità nell’ottica della migliore gestione delle risorse: la l. 168/89 conferisce l’autonomia statutaria agli atenei, la l. 537/93 istituisce i Nuclei di Valutazione delle Università, il D.M. Murst 22/02/1996 istituisce l’osservatorio nazionale per la valutazione del sistema universitario, il D.M. 146/2004 definisce un nuovo modello di valutazione del sistema universitario sul quale ritagliare nuovi criteri per il finanziamento delle Università (Catalano, 2004; CNVSU, 2004; Cuccurullo, 2005). Le recenti misure restrittive delle leggi finanziarie 2003 e 2004 contribuiscono ad inserire il sistema universitario nel generale processo di riforma delle pubbliche amministrazioni e pongono l’accento sia sull’esigenza di concretizzare il principio di accountability verso i numerosi stakeholders che insistono sulle Università sia sulla necessità di implementare un controllo strategico (Kotler, Murphy, 1981) e un’efficace sistema di programmazione e controllo. Nonostante tali considerazioni, la progettazione di sistemi di programmazione nelle Università è stata finora sottovalutata per la scarsa attenzione agli aspetti manageriali e per la presenza di vincoli esterni (Marelli, Miolo Vitali, 2000; Cinquini, Miolo Vitali, 2000). Gli studi di Ongaro e Rodolfi (1998) su alcune esperienze di introduzione del controllo di gestione in Italia (Università di Bologna, Firenze, Milano, Trento, Bocconi e Politecnico) e di Arnaboldi e Azzone (2004) riguardante un processo di benchmarking mostrano come l’ambito della programmazione e del controllo direzionale risulti ancora inesplorato per le amministrazioni, oppure solo parzialmente affrontato. Cugini e Pilonato (2005) constatano che, al di là del dibattito sulla valutazione delle performance della didattica e della ricerca, la definizione di misure rappresentative delle combinazioni economico-produttive nelle Università, a fini direzionali, rimane limitata ad alcuni prodotti o servizi, sia per la difficoltà di determinare oggetti di costo univoci laddove le intersezioni tra i servizi siano difficili da distinguere concettualmente ed operativamente, sia per la secolare rispondenza delle università ad organi di governo sovraordinati (Ministero) e quindi alle esigenze burocratiche proprie del controllo finanziario formale. Il presente paper, dopo un’analisi della letteratura italiana ed internazionale riferita alle riforme nelle Università e alle teorie sul controllo direzionale (Amigoni, 1979; Bergamin, 1991) e sul disegno dei sistemi di controllo (Ouchi, 1981; Zimmerman, 1997), presenta un’analisi del percorso di introduzione di strumenti di controllo direzionale a supporto delle decisioni, sulla base di un’analisi dei processi amministrativi di ateneo (Thompson, 1989) e di una revisione degli stessi (Davenport, 1993). Utilizzando un approccio metodologico di tipo deduttivo-induttivo (Ferraris Franceschi, 1978) tipico degli studi economico-aziendali, il lavoro attraverso una prospettiva empirica analizza i processi della ricerca e della didattica, ed affronta l’esperienza in corso dell’ateneo ferrarese di costruzione di un sistema di controllo direzionale per il monitoraggio dei risultati di economicità. L’utilizzo di un approccio empirico descrittivo (Airoldi, Brunetti, Coda, 1989) consente di far emergere quei fabbisogni informativi di sistema che sono maggiormente legati alle performance economiche, in particolare: a) l’importanza di leggere e sistematizzare analiticamente la variabile “complessità” (Strassoldo, 2001), b) la necessità di coinvolgere ed orientare al cambiamento le risorse umane (Deem, 2004, Grant, Shields, 2002). Riferendoci al sistema universitario di ateneo, la variabile “complessità” è da interpretare sia verso l’esterno, con riferimento alla dinamicità dell’ambiente di riferimento, sia verso l’interno, con riferimento al numero e alla diversificazione delle aree di risultato e alle loro complementarietà tecnico-politiche. L’approccio utilizzato porta naturalmente a concentrare l’attenzione sulla complessità interna, quindi sulla necessità di tener conto nel corso dell’analisi dei seguenti fattori: - l’inscindibilità tra ricerca e didattica, - la struttura organizzativa di tipo funzionale (ripartizioni amministrative), - la frammentarietà, peraltro in evoluzione, del modello di governance, in cui gli attori principali (il Rettore, il Consiglio di Amministrazione, il Senato Accademico, etc.) condividono un potere diffuso ed intersecato con il personale docente e tecnico-amministrativo, - le differenti modalità di coordinamento (Mintzberg, 1988): mentre quelle dei professionisti all’interno dell’Università rispondono principalmente ad un modello di burocrazia professionale, le attività amministrative di supporto rispondono ad un modello di burocrazia meccanica che, nel corso degli anni, si è autonomizzato rispetto ai processi della ricerca e della didattica. Il lavoro, pertanto, discuterà il percorso di introduzione di un sistema di controllo direzionale nell’Università, partendo dalla revisione dei processi amministrativi, per giungere all’individuazione di indicatori per la misurazione della performance che consentiranno di orientare al cambiamento l’organizzazione coinvolta.
2006
controllo direzionale; università; processi; economicità
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