I biomateriali sono tutti quei materiali che devono entrare in contatto e quindi interagire con fluidi o sistemi biologici. Questi possono essere anche materiali "comuni", cioè non espressamente progettati come biomateriali, ma devono presentare una particolare proprietà: quella di essere accettati dall'organismo e cioè di essere biocompatibili; questo requisito è fondamentale per la loro specifica utilizzazione. Lo scopo finale della scienza e della tecnologia dei biomateriali è quello di progettare impianti che si comportino o funzionino allo stesso modo degli organi o dei tessuti che essi devono sostituire, senza danneggiare gli altri tessuti o gli altri organi, e senza avere alcun effetto negativo sulle condizioni psicologiche del paziente. La scienza dei Biomateriali è quindi una disciplina che studia le interazioni che avvengono fra il materiale e il tessuto in modo da fornire indicazioni o regole perchè il materiale venga accettato dall'organismo; questo permette la possibilità di progettare nuovi materaili o modificare soltanto quelli già esistenti in modo che possano diventare biocompatibiliti. Ne consegue quindi che la Scienza dei Biomateriali non può avere altro che una natura multidisciplinare, in quanto si avvale delle competenze e delle leggi che regolano la Scienza dei Materiali, la Chimica, l'Ingegneria, la Biologia e la Medicina. Tutte queste discipline devono interagire fra di loro per portare all'obiettivo finale che consiste nel miglioramento della salute e della qualità della vita dell'uomo. Purtropo un materiale universalmente biocompatibile non esiste, per cui dobbiamo cercare il biomateriale più adatto per risolvere il problema specifico. Quando infatti si paragonano le caratteristiche delle protesi artificiali con quelle delle parti di organi naturali da sostituire, si giunge alla conclusione che è necessario arrivare a un compromesso valuatando molti parametri e fattori non solo scientifici, ma anche economici ed etici. Moltissimi materiali sono oggi utilizzati come biomateriali e, considerando la loro natura chimica, li possimao suddividere nelle seguenti classi: -polimeri, che rappresentano il 45% di tutti i biomateriali impiegati. Possono essere utilizzati come solidi, le cosiddette plastiche, o come liquidi oppure come gel o liquidi semi-solidi; -metalli, che rappresentano il 30% dei materiali impiegati e sono utilizzati principalmente in ortopedia, in impianti dentari, in componenti di altri impianti. I principali metalli utilizzati sono acciai, leghe di Co e leghe di Ti; -compositi, che rappresentano il 15% dei biomateriali. Sono sostanze costituite da una fase continua, detta matrice, che può essere organica, metallica o ceramica e da un fase dispersa rinforzante che può essere a fibre o particelle; -ceramici, che rappresentano il 5% dei biomateriali e sono vetri, ossidi di alluminio, ossidi di zirconio, fosfati di calcio. Sono maggiormente impiegati negli impianti ortopedici o negli impianti dentari. Molti di questi sopra menzionati sono materali "comuni" che sono stati valutati e hanno ottenuto una validazione di biocompatibilità per il loro utilizzo in campo medico, per cui possono essere definiti come biomateriali. Esiste tuttavia già in commercio una ragguardevole scelta di nuovi materiali, espressamente progettati per essere utilizzati come biomateriale, nati quindi dagli studi e dalle esperienze dei ricercatori. Essi rappresentano attualmente solo il 5% del mercato dei biomateriali, ma è il settore per il quale si può prevedere una rapida e costante espansione, nonostante l'atteggiamento conservatore e protezionistico dell'industria. I nuovi materiali nascono generalmente da una modifica dei materiali "comuni" attraverso l'inserimento di molecole biologiche o composti chimici adeguati che determinano e attribuiscono al materiale una biocompatibilità mirata all'uso specifico per il quale saranno impiegati. Ci si riferisce per esempio ai biomateriali ottenuti per immobilizzazione di eparina o di altre molecole non trombogeniche sulla superficie di substrati polimerici, a quelli ottenuti per deposizione di idrossiapatite sulla superficie di metalli per aumentare l'osteocompatibilità, come anche quelli ottenuti introducendo opportune funzioni chimiche o l'aggraffaggio di intere catene polimeriche sulla superficie di diversi materiali, per emulare le funzioni di alcune molecole biologiche.
Biomateriali
ZUCCHI, Fabrizio
1996
Abstract
I biomateriali sono tutti quei materiali che devono entrare in contatto e quindi interagire con fluidi o sistemi biologici. Questi possono essere anche materiali "comuni", cioè non espressamente progettati come biomateriali, ma devono presentare una particolare proprietà: quella di essere accettati dall'organismo e cioè di essere biocompatibili; questo requisito è fondamentale per la loro specifica utilizzazione. Lo scopo finale della scienza e della tecnologia dei biomateriali è quello di progettare impianti che si comportino o funzionino allo stesso modo degli organi o dei tessuti che essi devono sostituire, senza danneggiare gli altri tessuti o gli altri organi, e senza avere alcun effetto negativo sulle condizioni psicologiche del paziente. La scienza dei Biomateriali è quindi una disciplina che studia le interazioni che avvengono fra il materiale e il tessuto in modo da fornire indicazioni o regole perchè il materiale venga accettato dall'organismo; questo permette la possibilità di progettare nuovi materaili o modificare soltanto quelli già esistenti in modo che possano diventare biocompatibiliti. Ne consegue quindi che la Scienza dei Biomateriali non può avere altro che una natura multidisciplinare, in quanto si avvale delle competenze e delle leggi che regolano la Scienza dei Materiali, la Chimica, l'Ingegneria, la Biologia e la Medicina. Tutte queste discipline devono interagire fra di loro per portare all'obiettivo finale che consiste nel miglioramento della salute e della qualità della vita dell'uomo. Purtropo un materiale universalmente biocompatibile non esiste, per cui dobbiamo cercare il biomateriale più adatto per risolvere il problema specifico. Quando infatti si paragonano le caratteristiche delle protesi artificiali con quelle delle parti di organi naturali da sostituire, si giunge alla conclusione che è necessario arrivare a un compromesso valuatando molti parametri e fattori non solo scientifici, ma anche economici ed etici. Moltissimi materiali sono oggi utilizzati come biomateriali e, considerando la loro natura chimica, li possimao suddividere nelle seguenti classi: -polimeri, che rappresentano il 45% di tutti i biomateriali impiegati. Possono essere utilizzati come solidi, le cosiddette plastiche, o come liquidi oppure come gel o liquidi semi-solidi; -metalli, che rappresentano il 30% dei materiali impiegati e sono utilizzati principalmente in ortopedia, in impianti dentari, in componenti di altri impianti. I principali metalli utilizzati sono acciai, leghe di Co e leghe di Ti; -compositi, che rappresentano il 15% dei biomateriali. Sono sostanze costituite da una fase continua, detta matrice, che può essere organica, metallica o ceramica e da un fase dispersa rinforzante che può essere a fibre o particelle; -ceramici, che rappresentano il 5% dei biomateriali e sono vetri, ossidi di alluminio, ossidi di zirconio, fosfati di calcio. Sono maggiormente impiegati negli impianti ortopedici o negli impianti dentari. Molti di questi sopra menzionati sono materali "comuni" che sono stati valutati e hanno ottenuto una validazione di biocompatibilità per il loro utilizzo in campo medico, per cui possono essere definiti come biomateriali. Esiste tuttavia già in commercio una ragguardevole scelta di nuovi materiali, espressamente progettati per essere utilizzati come biomateriale, nati quindi dagli studi e dalle esperienze dei ricercatori. Essi rappresentano attualmente solo il 5% del mercato dei biomateriali, ma è il settore per il quale si può prevedere una rapida e costante espansione, nonostante l'atteggiamento conservatore e protezionistico dell'industria. I nuovi materiali nascono generalmente da una modifica dei materiali "comuni" attraverso l'inserimento di molecole biologiche o composti chimici adeguati che determinano e attribuiscono al materiale una biocompatibilità mirata all'uso specifico per il quale saranno impiegati. Ci si riferisce per esempio ai biomateriali ottenuti per immobilizzazione di eparina o di altre molecole non trombogeniche sulla superficie di substrati polimerici, a quelli ottenuti per deposizione di idrossiapatite sulla superficie di metalli per aumentare l'osteocompatibilità, come anche quelli ottenuti introducendo opportune funzioni chimiche o l'aggraffaggio di intere catene polimeriche sulla superficie di diversi materiali, per emulare le funzioni di alcune molecole biologiche.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.